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Haidi Giuliani 20 anni dopo: “Carlo per sempre ragazzo”

piazza Carlo Giuliani

È il ventennale del G8 di Genova. Il 20 luglio del 2001 la mano armata di un carabiniere uccideva Carlo Giuliani, unico a pagare con la vita, durante la protesta, la volontà di dire no a quel modello di sviluppo. Alessandro Principe ha raggiunto Haidi, la madre di Carlo, per un’intervista su quei giorni e sugli sviluppi, le cui propaggini giudiziarie sono arrivate fino a oggi.

Quali sentimenti prova ricordando il 20 luglio di 20 anni fa?

Quel giorno è pesante da ricordare. Quando succedono queste cose si fa fatica ad accettarle, si tende a rifiutare la realtà. Ricordo solo che quando ho cominciato a capire che il ragazzo steso a terra in piazza Alimonda era Carlo ho pensato “Non è vero”.
Ricordo la rabbia. Non me lo lasciavano vedere. Cominciava già il depistaggio, ma questo ancora non potevo saperlo. Non dovevo vedere che gli avevano sfondato la fronte così, prima dell’autopsia, non ci hanno lasciato entrare. Ci hanno permesso di vederlo solo il giorno dopo. Carlo era tutto fasciato.
Quando ho chiesto perché avesse la testa bendata mi hanno risposto che gli avevano pesato il cervello. Non so se c’è l’abitudine di pesare il cervello alle persone assassinate.
È stata la prima di molte prese in giro.

È stato possibile trovare un senso a quello che è successo?

Il senso è chiaro, è quello della repressione. È logico.
Quel movimento era pericoloso, teneva insieme persone molto diverse tra loro legate da ideali forti. Poi ci hanno detto che gli ideali e le ideologie non vanno bene. Hanno convinto un po’ di persone che bisogna continuare come se non fosse successo niente, come se la violenza fosse necessaria. Quel movimento andava fermato e ci sono riusciti benissimo. Come scrive Michele Vaccari nel suo libro Urla sempre, primavera quella è stata l’ultima rivoluzione e siamo riusciti a perderla in tre giorni. L’abbiamo persa perché è stata repressa con la violenza, ma anche perché c’è stata una dispersione, una diaspora, ognuno è andato per conto suo pur mantenendo gli stessi ideali. Chi 20 anni fa sosteneva la necessità di un pianeta più rispettato, meno aggredito, la necessità di fermare il riscaldamento globale ne è ancora convinto, ma evidentemente non abbastanza.

In questi giorni a Genova si ricordano il G8 e Carlo Giuliani. Quanti anni avrebbe oggi suo figlio?

Avrebbe 43 anni. Non riesco a immaginarlo quarantatreenne. Lo vedo sempre com’era allora. È una questione da mamma. Rimarrà sempre un ragazzo. Lo stesso che si è buttato contro una pistola a difesa di tutti, senza pensare al pericolo, senza calcolare che una pistola è ben più rapida e potente di un estintore vuoto lanciato da 4 metri di distanza.
L’estintore avrebbe voluto disarmare quella mano, ma chiaramente la pistola è stata molto più veloce.

Cosa le stanno lasciando questi giorni di ricordo, ragionamento, rievocazione e riflessione sui fatti del G8?

Da un lato il piacere e la gioia di incontrare tante persone che ho conosciuto girando il paese in questi 20 anni. Dall’altro molta rabbia. Qualche giorno fa, in una lettera, Il magistrato Elena Daloiso difendeva ancora le assurdità che ha scritto nell’archiviazione 17 anni fa.
Non solo le difendeva, ma si sorprendeva che noi le contestassimo. Peccato che abbiamo filmati, immagini, fotografie e testimoni a prova di quello che sosteniamo. Lei, invece, si basa su una testimonianza di un sedicente anarchico francese trovata su internet.
Daloiso continua a dire assurdità, confondendo addirittura Monai, il cosiddetto uomo della trave, con un carabiniere che si trovava a bordo della camionetta. Tutto ciò farebbe quasi ridere se non fosse scritto nero su bianco da un magistrato.

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    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

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    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Il drammaturgo Christopher Adams vince il Premio Annoni sfidando gli stereotipi della mascolinità

    Venison è il testo teatrale che si è aggiudicato il Premio Annoni per la Drammaturgia LGBTQ+ 2025 nella sezione in lingua inglese. Il suo autore, il drammaturgo angloamericano Christopher Adams, porta sulla scena una storia d'amore queer fra due giovani uomini, le cui vicissitudini professionali finiscono per scatenare dinamiche di competizione e predominio, tipiche di una mascolinità stereotipata. Il testo li consegna a una specie di resa dei conti nel cuore di una foresta, vicino a un capanno da caccia. Lo abbiamo intervistato mentre, a Londra, era appena uscito da un corso di tip tap. L'intervista di Ira Rubini.

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