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In Birmania l’ultimo grido di battaglia è il silenzio

Sono le 4 del pomeriggio a Yangon, Birmania. In una strada deserta della città, nascosti dalle serrande abbassate dei negozi e dalle finestre semichiuse delle case, uno scroscio di applausi rompe un silenzio iniziato sei ore prima, alle 10 del mattino del 10 dicembre 2021. Nella giornata mondiale dei diritti umani, in Birmania è stato dichiarato il Silent Strike, lo sciopero silenzioso, per continuare la lotta contro il colpo di stato militare e per chiedere indietro tutti quei diritti che la giunta militare ha portato via ai birmani, da un giorno all’altro.
L’applauso è scoppiato alla fine dello sciopero, per ringraziare tutti quelli che hanno partecipato. Non era la prima volta che gli attivisti per la democrazia in Birmania proclamavano questo tipo di protesta. E’ un modo per continuare la lotta senza rischiare ogni minuto di essere uccisi, arrestati, picchiati, violentati o torturati. Ma è anche un modo per ricordare che le città, senza i suoi cittadini, non sono niente. Lo slogan di questo sciopero, infatti, era: “Our City our Rules”, la nostra città, le nostre regole.
In Birmania la popolazione sta lottando con ogni mezzo per riprendere il controllo delle proprie città, che da più di 10 mesi sono diventate dei campi di battaglia. Camminare per strada significa rischiare di essere uccisi, andare al lavoro alla mattina potrebbe essere l’ultima cosa che una persona fa, così come non andarci. Anche la casa non è più uno spazio protetto, perché i militari potrebbero entrarci da un momento all’altro, perquisirla, arrestare chi vogliono, torturare gli uomini, violentare le donne. Ieri i militari sono entrati in un piccolo villaggio nel nord ovest del paese e hanno iniziato a sparare a chiunque incontrassero. Senza motivo. Hanno ucciso 11 persone. 5 di queste erano bambini. Hanno dato loro fuoco nel centro del villaggio. E’ solo l’ultimo degli atti compiuti dalla giunta. Le notizie dalla Birmania, quando arrivano, sono sempre ricoperte da una coperta nera e pesante che sa di crudeltà, di violenza e di morte. Quando arrivano, perché ad essere presi di mira sono anche e sopratutto i giornalisti, che con le loro parole e le loro fotografie lanciano al mondo latestimonianza di quello che succede. Secondo il rapporto appena pubblicato da Commitee to Protect Journalist, la Birmania è diventato in questi mesi il secondo paese peggiore al mondo per quanto riguarda la libertà dei giornalisti, subito dopo la Cina. Quest’anno sono almeno 26 i reporter dietro le sbarre. Ed è solo il numero a noinoto. Arrestando i giornalisti, la giunta cerca di nascondere agli occhi del mondo le sue atrocità, e priva i manifestanti di una voce che possa uscire dai confini nazionali. Ad oggi le persone uccise dal primo febbraio sono 1325. Quasi 11mila sono state arrestate. A cadenza regolare la comunità internazionale si dichiara scioccata, preoccupata o allarmata per la deriva che la situazione dei diritti umani nel paese sta prendendo, ma i Birmani rimangono sempre soli a lottare. E con lo sciopero silenzioso di oggi l’hanno ricordato al mondo ancora una volta: “Silence will be our loudest war cry”, il silenzio sarà il nostro grido di battaglia più forte.

Foto | Le strade di Yangon, in Birmania, deserte durante il Silent Strike

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    Martina Stefanoni
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    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

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    Lista stupri. Una delle ragazze minacciate: “L’educazione sessuo-affettiva serve ad arginare le violenze”

    L’educazione sessuale a scuola si farà solo con il consenso dei genitori degli studenti minorenni, sia alle medie sia alle superiori. Alla Camera ieri è arrivato il via libera agli emendamenti al ddl Valditara tra le proteste delle opposizioni. È stato respinto anche un emendamento che prevedeva di togliere il consenso dei genitori in caso il corso fosse organizzato dalle Asl, quindi non da associazioni ma dal servizio sanitario nazionale. Intanto, prosegue l’indagine della procura di Roma "lista degli stupri” comparsa nei giorni scorsi nei bagni del liceo romano Giulio Cesare. Al momento il reato ipotizzato è istigazione a delinquere finalizzata alla violenza sessuale. Andrea, una delle studentesse del Giulio Cesare il cui nome era presente nella lista, al microfono di Mattia Guastafierro, ci racconta qual è il clima a scuola: “Ci sono stati dei precedenti, sicuramente non così gravi: stati bruciati dei cartelloni contro la violenza sulle donne nel bagno dei maschi, sono state strappate delle petizioni messe in bacheca per sensibilizzare alla violenza di genere. Purtroppo ci sono persone che hanno avuto un'educazione familiare estremamente poco consapevole di certe cose e purtroppo questa è la prova che un argomento così terribile come lo stupro possa essere utilizzato con leggerezza e, anzi, scritto su un muro di un bagno”. Inoltre, Andrea riconosce l'importanza dell'educazione sesso-affettiva nelle scuole: "Noi passiamo tantissime ore all'interno delle mura scolastiche e quindi deve essere la scuola a insegnare ed arrivare dove la famiglia magari non riesce. C'è molta disinformazione su quello di cui si tratta nell’educazione sessuo-affettiva: serve per insegnare il consenso, per conoscere se stessi senza paure, senza timori e stigmi sociali, per accettare ogni parte di sé. Facendo questo percorso dentro la scuola inevitabilmente la violenza di genere, e le violenze in generale, vengono arginate proprio perché la violenza parte da un'insicurezza. Se noi insegniamo che va bene averle, che queste si possono gestire, come gestire le relazioni, i conflitti ed educare al consenso, io credo che queste cose non succederebbero più. La scuola se ne deve far carico".

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