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Il trionfo di Phoebe Waller Bridge

Esistono solo le mezze stagioni, si potrebbe dire ormai per la tv americana, ribaltando il luogo comune: a differenza di un tempo, le serie importanti ormai vanno in onda in qualsiasi periodo dell’anno (e non solo da settembre a maggio), hanno un numero ridotto di episodi, e se finiscono sulle piattaforme streaming si consumano in pochi giorni col binge watching. Certe tradizioni però restano, per esempio quella di inaugurare la nuova annata catodica con la cerimonia degli Emmy Award, gli Oscar della tv – e così facciamo anche noi, con questa rubrica dedicata alle serie.

 

La premiazione degli Emmy 2019, che si è svolta a Los Angeles la sera del 22 settembre, è stata piena di sorprese, anche al di là di quel che può sembrare dando solo un occhio veloce alla lista dei vincitori. Per esempio: Il trono di spade, alla sua stagione conclusiva, ha agguantato la statuetta più ambita, certo, quella per Miglior serie drammatica, e Peter Dinklage, l’interprete di Tyrion Lannister, è stato premiato come attore; ma bisogna considerare che la serie fantasty HBO, inarrestabile fenomeno pop, partiva con un numero record di nomination ed era data come stra-favorita, e – forse a causa delle tante polemiche relative all’ultima stagione – è stata invece sistematicamente snobbata, sia nelle categorie più tecniche – come la regia – sia in quelle per gli attori protagonisti, andate a Jodie Comer per Killing Eve e a Billy Porter per Pose. Quest’ultimo, in particolare, è un trionfo storico: Porter, celebre per il suo attivismo LGBTQ e per le sue straordinarie mise oltre ogni etichetta di gender, è il primo attore afroamericano dichiaratamente gay a vincere un Emmy.

 

Molte le dichiarazioni politiche dal palco: RuPaul, vincitore per il talent RuPaul’s Drag Race, ha incitato tutti a iscriversi ai registri elettorali e a precipitarsi alle urne l’anno prossimo; Michelle Williams, meritatamente premiata per il ruolo di Gwen Verdon nella miniserie Fosse/Verdon, ha puntato l’attenzione sul divario degli stipendi tra uomini e donne, a Hollywood come in qualsiasi ambito lavorativo; il giovane Jharrel Jerome, protagonista della straziante When They See Us di Ava DuVernay sul terribile caso di malagiustizia dei Central Park Five, ha dedicato la vittoria ai cinque afroamericani condannati nel 1989 per un delitto mai commesso, e oggi finalmente esonerati da ogni accusa.

 

Ma la dominatrice assoluta della serata è stata Phoebe Waller Bridge, l’attrice e sceneggiatrice britannica che si è portata a casa tre Emmy per la sua straordinaria serie Fleabag: miglior serie comedy, migior attrice e miglior sceneggiatrice (Fleabag ha vinto anche il premio alla regia nella categoria commedia). Considerando anche l’Emmy consegnato all’attrice protagonista di Killing Eve, serie sviluppata proprio da Waller Bridge, si è trattato di un gigantesco trionfo per Waller Bridge, per di più inatteso, perché Fleabag correva contro due produzioni fortissime come Veep e La fantastica signora Maisel. L’autrice inglese, quest’anno, è reduce anche da un tour nei teatri della piece da cui è tratta proprio Fleabag, andato tutto esaurito: un successo tale che anche le riprese di questo spettacolo verranno trasmesse in tv. Inoltre, è stata assoldata direttamente da James Bond, cioè dall’attore Daniel Craig, per scrivere il prossimo film di 007. Se quasi sempre i premi ufficiali finiscono per confermare i pronostici più prevedibili, è bello che ogni tanto sappiano ancora sparigliare le aspettative e premiare le opere migliori. Ed è sicuramente un ottimo auspicio per questa nuova stagione di serie tv.

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    Mario Banushi in scena a Triennale Teatro: "Come si impara a dire addio a chi amiamo?"

    Fra i più importanti artisti della scena contemporanea internazionale, il greco-albanese Mario Banushi rievoca i riti funebri balcanici per una riflessione sul concetto di perdita. Nel suo Goodbye, Lindita, in scena al FOG Festival di Triennale Teatro, una famiglia in un interno che riporta a tradizioni antiche piange la scomparsa di una persona cara. Ma a un certo punto la situazione si apre a una dimensione più surreale e astratta, che permette a pubblico e performer di addentrarsi in un sogno, dove tutto è possibile. Il lavoro ha debuttato nel 2023 al Teatro Nazionale di Grecia, ha rivelato il talento di Banushi al pubblico e alla critica internazionali e fa parte di una trilogia dal titolo Romance Familiare. L'intervista di Ira Rubini a Mario Banushi a Cult.

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