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Il mezzo milione di vaccinazioni al giorno non siano solo propaganda

vaccini covid

Erano molto attesi i dati sui vaccini effettuati ieri, perché il 29 aprile era il giorno – già più volte posticipato – in cui Draghi ed il commissario Figliuolo avevano promesso di raggiungere le 500mila vaccinazioni al giorno. 

Obbiettivo praticamente centrato, con circa 498mila dosi somministrate: 497993, per l’esattezza. Ora tocca al governo mantenere questi numeri e dimostrare che non sia stata solo propaganda.

In un Paese che oggi ancora non raggiunge il 10% della popolazione coperta dal vaccino, per gli esperti le 500mila dosi al giorno sono il minimo indispensabile per una rapida immunizzazione. L’Italia ormai ci è arrivata, in una campagna che ha oggettivamente accelerato e che ci vede tra i primi in Europa per dosi somministrate ogni giorno per milione di abitanti. 

Ma per avere credibilità  non può restare un caso isolato.

Pochi dubbi che quella di ieri sia stata in parte un’operazione mediatica ben costruita: la scelta del giovedì, il giorno della settimana dove le statistiche indicano che si tocca il picco, le regioni che danno fondo alle scorte, e le scene come quella vista a Milano, fuori dall’HUB Bicocca, con centinaia di persone in attesa, ammassate tutte insieme in poche ore per alzare i numeri delle punture. 

Già da domani vedremo un probabile calo, perché per mantenere e aumentare i 500mila occorre ancora risolvere i tanti piccoli problemi che restano nella frammentata gestione sanitaria regionale, e due questioni più grandi. 

La prima sono le dosi. Abbiamo una media nazionale dell’87% di dosi somministrate rispetto alle disponibili e oltre 3 milioni ancora nei frigo. Almeno 8 regioni hanno reali problemi di approvvigionamento, arrivando ad esaurire le dosi disponibili, considerate le scorte necessarie alla seconda dose di AstraZeneca e Pfizer. L’incertezza delle forniture dovrebbe risolversi a maggio con l’arrivo previsto di quasi 20 milioni di dosi, e non potrà più essere una scusa. 

L’altro macro problema riguarda l’alto numero di contagi, col RT che ha già ripreso a risalire, e di conseguenza il personale: i sindacati medici segnalano che, in alcune regioni, il peso dell’epidemia sugli ospedali impedisce di togliere medici dalle cure e destinarli alle vaccinazioni. A questo, sottolinea il professor Marzio Sisti, a lungo dirigente dell’Asl di Piacenza, si somma il personale impegnato sul tracciamento, e i problemi medico-amministrativi per allargare le vaccinazioni ad esempio alle farmacie, visto che è necessario un controllo e la sorveglianza medica. La fondazione Gimbe sottolinea anche l’incostanza, col drastico calo delle inoculazioni nei giorni festivi, e poi le difficoltà organizzative. 

Le regioni che vanno paggio sono concentrate al sud: Calabria, Sicilia, Basilicata e Sardegna. Poi arrivano Toscana e Lazio. Ivan Cavicchioli, esperto di sistemi sanitari dell’università di Tor Vergata, conferma che accanto ai problemi strutturali di alcuni sistemi regionali, pesano una miriade di micro cause sul territorio. All’interno dello stesso Lazio, ad esempio c’è una situazione a macchia di leopardo: vanno bene le città, più organizzate, meno bene le aree periferiche. Pesa anche l’età media della popolazione concentrata in determinati comuni, che magari non usa sistemi informatici per prenotare rallentando le procedure, una questione destinata ad esaurirsi con l’abbassamento dell’età e l’allargamento dei soggetti da vaccinare. Come influisce in parte la presenza di medici no vax: in Veneto alcuni distretti nei giorni scorsi sono rimasti bloccati, con buchi di centinaia di medici, non vaccinati e non idonei a vaccinare, spiega ancora Cavicchioli.

Se questi problemi saranno risolti si può pensare che la campagna vada a regime nel giro di un mese. Ma servono almeno 3 elementi:

1) che le multinazionali farmaceutiche mantengano gli impegni e consegnino le dosi

2) che il governo e il commissario Figliuolo insistano sul punto fin qui più critico, rendere un sistema l’Italia, dove la frammentazione pesa, soprattutto sulla sanità

3) il terzo ostacolo sarà il contesto, con i casi che potrebbero crescere dopo le riaperture, su cui servirebbe almeno un ripensamento.

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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