Approfondimenti

Il governo Draghi è in carica con poche (pochissime) donne e le altre notizie della giornata

DRAGHI

Il racconto della giornata di sabato 13 febbraio 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30.  Il governo di Mario Draghi è in carica, e c’è già stata la prima breve riunione. Mercoledì la fiducia al Senato, giovedì alla Camera. C’è un gruppo dei Cinque Stelle che vuole votare No e chiede una nuova votazione sulla piattaforma Rosseau. Le donne sono poche: la deputata Lia Quartapelle solleva “il caso donne” nel Partito Democratico. Liguria, Abruzzo e Toscana tornano in arancione e la variante inglese del virus circola in tutta Italia. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

I soldi a Draghi, ai partiti qualche vetrina e il lavoro sporco

(di Luigi Ambrosio)

Chi gli ha parlato dice che Berlusconi è arrabbiatissimo. Lo show alla Camera dei Deputati non è servito a niente. Avrebbe voluto Tajani nella squadra e invece Forza Italia si ritrova con tre ministeri affidati a persone che non stanno con lui ma con Gianni Letta e che non vedono l’ora di archiviare gli anni della subalternità alla Lega.
Poi c’è Salvini che spiega che Garavaglia e Stefani non sapevano nulla e li ha avvisati lui mentre stavano cucinando. E alla domanda su Giorgetti nel governo, non proprio un suo amico, risponde citando i sindaci e i presidenti di Regione che sono dalla sua parte. Che è un consolarsi.
E le chat grilline ribollono indignazione perché la spartizione li ha penalizzati rispetto a Lega e Forza Italia. Un tempo si indignavano contro la casta, oggi si indignano contando e pesando i posti ricevuti. Zingaretti commenta come se fosse uno che stava lì ad aspettare l’esito di un esame: “forza, è andata bene”.
I partiti hanno espresso i desiderata, poi hanno deciso Draghi e Mattarella. I quali hanno rispettato gli equilibri e i rapporti di forza tra i partiti e nei partiti ma nelle caselle che contano, quelle dei soldi europei e degli investimenti, hanno messo tecnici e funzionari che risponderanno a Draghi. Compreso Giorgetti che è tra i pochissimi in Italia ad avere nell’agenda il numero privato del nuovo presidente del consiglio.
Dopo dieci anni di politica fatta di populismi e sovranismi, questo è il risultato. Ai partiti toccherà fare il lavoro sporco. Orlando, Pd, dovrà affrontare la messa in discussione del blocco dei licenziamenti e del reddito di cittadinanza. Brunetta, Forza Italia, la riforma della Pubblica Amministrazione, una rogna colossale. Speranza, Liberi e Uguali, un difficile riassetto di poteri nella gestione della pandemia, con un Arcuri da sostituire o ridimensionare, e senza più la sponda di Boccia ma con la presenza della forzista filo regione Lombardia Gelmini. Speranza però si consola con i complimenti che ha ricevuto “per il dialogo e la collaborazione” da Farmindustria, la branca delle aziende farmaceutiche dentro Confindustria.

Senza strette di mano e con le penne sterilizzate, il giuramento del governo

(di Anna Bredice)

“La nostra missione sarà mettere in sicurezza l’Italia, mi aspetto la massima collaborazione”. Di poche parole durante le consultazioni, Draghi nel primo brevissimo consiglio dei ministri ha spiegato cosa si aspetta dalla sua squadra così varia di ministri, “sarà un governo ambientalista”, ha aggiunto, con Salvini che da fuori già festeggia l’assenza di Bonafede e Azzolina e i Cinque stelle delusi, che vorrebbero nuovamente un voto sulla piattaforma Rousseau. “I bisogni del paese vengono prima degli interessi di parte”, ha detto il neo presidente del Consiglio ai ministri, reduci dal giuramento e dal passaggio di consegne con Conte. Solo un paio di mesi fa un Conte picato rispondeva in televisione alla domanda se avesse chiamato Draghi per un consiglio sul Recovery Fund, “per chiedergli di fare il presidente del Consiglio”, rispondeva quasi offeso, e oggi quella profezia si è avverata, alle 13 quando è avvenuto il passaggio della campanella tra i due, all’insegna della cortesia e dei sorrisi, non traspariva né delusione né amarezza come ai tempi di Letta con Renzi. E Conte è uscito da Palazzo Chigi tra gli applausi dei dipendenti e le lacrime di Casalino verso un futuro che al momento non prevede nulla per lui.
A Palazzo Chigi quindi ora c’è Mario Draghi con una squadra di ventitré ministri, tanti politici, meno tecnici, ma questi ultimi nei posti strategici e decisivi per la gestione del Recovery fund. In tarda mattinata è avvenuto il giuramento, con uno stile del tutto diverso dai precedenti e non solo per ragioni di Covid. Nessuno all’uscita ha parlato, al massimo un gesto di saluto verso le telecamere, cerimonia sobria, addirittura in anticipo e con poche persone. Solo i ministri e lo staff di Mattarella nell’enorme sala del Quirinale, tutti distanziati anche nella foto di rito alla fine, uno per uno con la mascherina hanno giurato e firmato con la penna sanificata, senza strette di mano né brindisi.

Il destro Giorgetti, che più destro non si può

(di Alessandro Braga)

Per i più, è il massimo esponente dell’ala liberal della Lega. Se per liberal si intende (iper)liberista, ok. Giorgetti è un destro, che più destro non si può. Non può bastare la sua non fascinazione per una destra trumpiana e sovranista e il suo credo europeista a renderlo potabile, nemmeno per un pallido liberalprogressista. Cresciuto nel Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile dell’Msi, il nuovo ministro dello sviluppo economico è un reazionario doc: difensore delle radici cristiane dell’Occidente, chiuso ad ogni allargamento dei diritti civili. Basti pensare che è stato uno dei principali autori della legge 40 sulla fecondazione assistita. Eminenza grigia della Lega, uomo che lavora nell’ombra fin dai tempi di Umberto Bossi, viene dipinto come un economista capace. Forse perché ci si dimentica del suo ruolo, come consigliere d’amministrazione, nel crack di Credieuronord, la banca della Lega (per cui fu indagato, anche se poi assolto). Un suo intervento, allo scorso meeting di Cl a Rimini, fece scalpore: “I medici di base ormai non servono più”. Suonava più o meno così l’affermazione incriminata. Una frase che sintetizza bene il Giorgetti-pensiero in materia economica: tutto ciò che sa di pubblico, va eliminato. Da sempre trait d’union tra la Lega e il suo elettorato storico (industriali del nord, liberi professionisti e partite Iva), nel suo nuovo ruolo c’è da scommettere che farà gli interessi di chi lo sostiene. Un falco più rapace dei falchi di Confindustria. Un soldato al servizio del padronato, quando ci sarà da discutere di sblocco dei licenziamenti, sussidi per la disoccupazione, incentivi alle industrie. I media mainstream sottolineano il suo stile e la sua classe. Per lavoratori e lavoratrici resterà un avversario. Di classe, ma pur sempre un avversario (di classe).

L’Ilva è il test del governo sull’ambiente

(di Diana Santini)

Il sindaco di Taranto e il presidente della regione puglia chiedono di essere convocati da Mario Draghi: “L’Ilva è il test più rilevante per il governo in materia di ambiente” scrivono oggi nel giorno in cui il Tar di Lecce ha respinto il ricorso di ArcelorMittal contro l’ordinanza del sindaco che imponeva l’individuazione e il superamento delle criticità nelle emissioni di fumi. In caso di non adempimento sarebbe scattata la fermata dell’area a caldo dello stabilimento. Il colosso aveva fatto ricorso, respinto oggi: entro 60 gioirni, dunque, gli impianti siderurgici ritenuti inquinanti dovranno essere spenti. “L’adeguamento degli impianti e la conversione dal carbone all’elettrico “avrebbero probabilmente scongiurato un gran numero di decessi prematuri”, ha detto il Tar.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

(di Diana Santini)

I dati di oggi sull’epidemia da coronavirus in Italia: tasso di positività dei tamponi al 4,6%, stabile, 13mila nuovi casi censiti nelle ultime 24 ore, 311 morti registrati. Cala il numero delle persone attualmente positive, così come quello di ricoveri e terapie intensive (rispettivamente meno 236 e meno 33).
Da domani, soprattutto a causa della ripresa dei contagi in alcune zone d’Italia a più alta diffusione delle varianti del virus, tre regioni (Abruzzo, Liguria e Toscana) e la provincia di Trento torneranno in fascia arancione da gialle che erano. Ma la variante inglese circola ormai in tutto il paese. A proposito di varianti, il ministro Speranza ha firmato oggi un’ordinanza che impone test e isolamento ai viaggiatori provenienti dall’Austria, dove circola quella sudafricana. Prorogato anche lo stop dei viaggi dal Brasile.

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    Redazione
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    La “prima repubblica” europea ha i giorni contati? La cogestione democristiani-socialisti che ha governato il parlamento di Strasburgo dalla prima elezione a suffragio universale del 1979 è destinata a sciogliersi? Se si guardano i sondaggi, e i risultati elettorali dove si è votato recentemente (Spagna e Grecia), alle elezioni europee del 9 giugno 2024 si profila una vittoria della destra, di una composita aggregazione: dai lepenisti francesi, ai meloniani italiani, da Vox in Spagna, alla AfD in Germania e ai settori più conservatori dei partiti liberali e popolari europei. Il parlamento europeo potrebbe avere, per la prima volta, una maggioranza diversa da quella costituita dalle famiglie politiche fondatrici dell’Europa: i democristiani, i gollisti, i socialisti e i socialdemocratici. Nel caso in cui la destra vincesse alle elezioni del 9 giugno 2024, la transizione tra una prima e una seconda “repubblica" europea avverebbe in un contesto particolare, e cioè sotto le presidenze di turno dell’Unione affidate ai governi ungherese e polacco, i più anti-europeisti tra i ventisette paesi Ue. Pubblica oggi ha ospitato Yves Meny, politologo francese, studioso dei processi politici europei, già presidente della Scuola Sant'Anna di Pisa. Tra i suoi libri più recenti pubblicati in Italia: "Popolo, ma non troppo. Il malinteso democratico" (il Mulino, 2019).

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    LA GUERRA IN UCRAINA: LE CONSEGUENZE DELLA DISTRUZIONE DELLA DIGA, E LE SPERANZE DELLA MISSIONE VATICANA Sabato Angeri collaboratore dall’Ucraina Fulvio Scaglione giornalista, già vice direttore e corrispondente da mosca per Famiglia Cristiana, collaboratore di Avvenire DALL’ANAC, A BANKITALIA, AL PNRR: IL GOVERNO MELONI ALLERGICO AI CONTROLLI Giulia Merlo cronista Politica de Il Domani ANCORA “MELE MARCE” NELLE FORZE DI POLIZIA. LE TORTURE DI VERONA Vincenzo Scalia Professore associato di sociologia della devianza all’Universita di Firenze Mao Valpiana, storico attivista del movimento nonviolento di Verona (modificato) Prisma è condotto da Lorenza Ghidini. In redazione Massimo Alberti

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