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Hotspot in Sicilia, la macchina dei respingimenti

È passato poco più di un mese dalla dichiarazione della portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati Carlotta Sami che giudicava “un primo passo positivo” il programma di ricollocamento dei migranti. Il piano, deciso da Bruxelles dopo una serie di vertici, era stato presentato come lo sviluppo di un sistema di prima accoglienza per i migranti irregolari in arrivo sul suolo europeo da ridistribuire poi sul resto del continente con il sistema delle quote.

In realtà il progetto si sta delineando sempre più come una grande macchina organizzativa attraverso la quale eseguire dei respingimenti e deportazioni con metodi dai contorni non ancora del tutto chiari. La Sicilia, insieme alla Grecia, porta principale di accesso al suolo dell’Unione, è diventata involontariamente anche il primo laboratorio del programma deciso da Bruxelles.

A Catania è stato aperto un ufficio dell’agenzia europea Frontex. A Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Porto Empedocle e Augusta, luoghi considerati “punti caldi” dove si registrano il maggior numero di arrivi, sono stati attivati i famosi hotspot, di fatto dei centri di identificazione. Sono pochissimi i migranti che hanno la possibilità di presentare richiesta di asilo con la speranza poi di poter raggiungere regolarmente un altro Paese europeo che ha accettato di introdurre la pratica delle quote.

Ai nuovi arrivati nei porti siciliani la polizia realizza un’ intervista sbrigativa e poi consegna un decreto che intima di lasciare l’Italia entro sette giorni. Centinaia di persone finiscono per strada senza sapere dove andare. Sono i cosiddetti “respingimenti differiti” contro il migrante considerato “economico”. Si tratta di uomini e donne provenienti da tutta l’Africa occidentale: Burkina Faso, Mali, Gambia, Senegal, Nigeria, Togo, Costa D’Avorio e Guinea.

I vertici di Frontex smentiscono che gli unici a poter presentare richiesta d’asilo siano i migranti provenienti da Siria e Eritrea. Ma le conferme arrivano dalla stessa Questura di Catania. Radio Popolare ha potuto incontrare nelle strade del centro della città decine di migranti, allontanati dai centri di accoglienza e lasciati senza nessun tipo di aiuto da parte delle istituzioni.

Secondo anche le denunce dell’Associazione Borderline Sicilia, molti arrivano da Lampedusa dove all’interno dell’hotspot sono state effettuate pre-identificazioni da parte dei funzionari della questura in collaborazione con gli operatori di Frontex che sono ormai in pianta stabile sull’isola. I migranti lasciati senza nessuna assistenza a Palermo, Agrigento e Catania raccontano che nel corso dell’identificazione viene chiesto soltanto il nome, la data di nascita e la nazionalità. Nessuna domanda sul motivo della fuga dal Paese, sull’intenzione di chiedere asilo e soprattutto non viene consegnata l’ informativa sui loro diritti in Italia, come impone la legge.

Da Wikimedia. Fote: Frontex. Dati ad ottobre 2015
Da Wikimedia. Fote: Frontex. Dati ad ottobre 2015

La procedura per registrare i migranti resta simile a quella utilizzata fino ad ora: vengono identificati grazie al fotosegnalamento e alla rilevazione delle impronte. Tutto questo entro 48 ore dall’arrivo. Sono operazioni, svolte da personale italiano con la supervisione di Frontex, su cui manca una reale trasparenza, come Radio Popolare ha potuto constatare nel corso del reportage sul campo. I procedimenti di respingimento vengono giustificati in modo contraddittorio. Le prassi cambiano da un hotspot all’altro. Tanto che la Commissione Ue sarebbe pronta ad aprire nei confronti di alcuni Paesi tra cui l’Italia un procedimento di infrazione per non aver attivato il sistema sulle impronte digitali dei migranti richiedenti asilo.

Una nuova conferma da parte di Bruxelles sulla linea politica da adottare per il fenomeno migratorio: dare una risposta militare a un flusso inarrestabile. Non è solo una sensazione ma gli elementi sono sotto i nostri occhi, come sottolinea Borderline Sicilia: “Il governo italiano, spinto dalla governance europea, ha deciso di adottare alcune prassi che esercitano la discrezionalità delle forze di polizia, italiane ed europee ed escludendo la giurisdizione e la legalità. Queste dinamiche appaiono del tutto ‘fuori legge’, ‘fuori dal diritto’ in quanto basate su trattamenti disumani e degradanti della persona”.

Ascolta il reportage completo andato in onda su Candide

Reportage Frontex Catania

  • Autore articolo
    Cristina Artoni
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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Il commento alla classifica di NME dei migliori album del 2025, l'intervista al musicista nigeriano Tommy Wà a cura di Niccolò Vecchia e la storia di Jesse Welles, da fenomeno social a uno dei cantautori americani più apprezzati del momento.

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