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Fine dei mediocri senza gloria

Il Governo e la maggioranza di Lega e Movimento 5 Stelle avevano promesso la rivoluzione. Sono finiti molto italianamente in una farsa che ha i contorni di una tragedia.

Da una parte, Salvini: un opportunismo che ha assunto le forme della manovra di Palazzo e del tradimento. Dall’altra, i 5 Stelle: il tentativo di cambio di casacca in corsa, un calcolo di convenienza che rinnega quasi tutto quanto detto fino a un momento prima per cercare di rifarsi una verginità politica e non morire nelle urne.

Il governo giallo-verde, il governo più pericoloso della storia della Repubblica, finisce alla Flaiano, autore pochissimo letto ma che si cita tanto quando ci si vuole riferire ai vizi eterni degli italiani: “la situazione è grave ma non seria”.

Con tutto il rispetto per due mostri sacri della comicità italiana, ieri al Senato è andata in scena la parodia di una gag tra Tognazzi e Vianello. In piedi, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a darsi un tono severo e impettito. Alla sua destra, seduto, Matteo Salvini si prodigava in smorfie, facce, baciava il crocefisso, strabuzzava gli occhi, faceva col braccio il gesto che significa ‘e te pareva’.

Finisce con l’uomo che pensava di essere il nuovo condottiero del Paese infilzato e mortificato dalle parole dell’ex signor nessuno Giuseppe Conte che lo ha umiliato in diretta tv. “Sei un opportunista, un codardo e pure un incapace” gli ha detto nei due discorsi al Senato il presidente del Consiglio prima di andare al Quirinale a dimettersi.

Puntuale nella critica spietata, Conte, nella distruzione di un personaggio e di una narrazione tossica, di politiche crudeli e inefficaci. Un discorso che sarebbe stato bello sentire da un leader dell’opposizione, in questi 14 mesi. D’altronde, vien da chiedersi dove sia stato, Conte, in questi 14 mesi, con chi abbia condiviso le scelte politiche, chi abbia coperto con la sua ‘figura di garanzia’. Conte, fino a ieri, è stato l’alibi e la foglia di fico di colui che oggi denuncia.

Gli italiani hanno constatato, in una dozzina di giorni, tutta la pochezza della coalizione populista, e dell’uomo che infiammava le piazze e i social network.

Salvini è uno squalo che deve sempre stare in movimento per non morire soffocato. E’ una macchina da comizio permanente effettiva e il suo discorso al Senato è stato un comizio, un atto da campagna elettorale. Salvini ha dimostrato di sapere fare solo questo: campagna elettorale 24 ore su 24.

Fino a che serve per cavalcare l’onda dei social e delle piazze e delle spiagge, funziona, i consensi crescono. Quando si tratta di confrontarsi con le Istituzioni, con le regole della Costituzione, con le procedure del Parlamento, non funziona. Salvini non è stato capace di usare registri politici diversi e si è andato a schiantare. E ha mostrato tutti i suoi limiti politici. Chi commette l’errore di credere alla propria propaganda è destinato a esserne travolto, per mancanza di senso della realtà. E infatti, dopo che Conte lo aveva asfaltato con parole di disprezzo personale prima ancora che di critica politica, lui ha provocato ancora i 5 Stelle: vi mettete al governo con Renzi e Boschi e Lotti, avete già deciso, se invece mi sto sbagliando allora approviamo insieme il taglio dei parlamentari e andiamo a votare.

Salvini non è ancora morto ma la palla non è più sua. La sua speranza è che gli altri la giochino male e si ritrovino in fuorigioco. Se Pd e Movimento 5 Stelle falliranno, lui potrà tornare. Pd e Movimento 5 Stelle sono legati dal formidabile collante di uccidere politicamente Salvini, tenendolo lontano dal potere, dai soldi e dai dossier del Viminale. Ma quando si tratta di governare, è diverso. Una cosa è fare una singola finanziaria, quella si può fare, ma Mattarella vuole soluzioni serie, di durata. E se il discorso di Conte nella seconda parte è di progresso e sottoscrivibile dal Pd, poi ci sono le tasse, il lavoro, la giustizia, le grandi opere, per fare solo alcuni esempi, su cui i due partiti hanno tenuto negli anni linee diverse. Ecco perché 5 Stelle e Pd si affidano a Mattarella. Il Capo dello Stato può giocare un ruolo di tutela che consenta a tutti di rinunciare a qualcosa in nome del Quirinale. Ma i tempi sono strettissimi visto che il Presidente vuole dare un incarico già entro la settimana. In Germania, Cdu e Spd hanno lavorato mesi per armonizzare progammi diversi, e hanno fatto due congressi. Qui ci sono pochi giorni e al massimo una direzione di partito e una assemblea dei gruppi parlamentari.

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    La fiamma e il nemico antifascista. Il legame ideologico del partito di Giorgia Meloni col passato neofascista: dai simboli ai contatti pericolosi con il mondo dell’estrema destra eversiva (Pino Rauti, il generale Gianadelio Maletti). E poi l’idea guida sull’antifascismo di Fratelli d’Italia: l’antifascismo è quello militante e con le spranghe in mano (le dichiarazioni di Meloni e Lollobrigida sono lì a dimostrarlo). A Pubblica la storica Simona Colarizi (autrice di “La resistenza lunga. Storia dell’antifascismo 1919-1945”, Laterza 2023) risponde a diversi interrogativi, a partire dal caso Scurati e dalla censura in Rai. Che cosa racconta il legame di FdI con i vecchi simboli della destra? Qual è il segno delle politiche del governo Meloni? Conservatore, reazionario o liberista? E l’antifascismo?

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