Terza puntata di Memos dedicata all’Europa a 25 anni dalla firma del Trattato di Maastricht (il 7 febbraio del 1992).
Maastricht e i nazionalismi europei. Da un lato il trattato diventato simbolo delle politiche di austerità. Dall’altro il pericolo della destra xenofoba e populista. Maastricht è anche il simbolo di quel rapporto distorto tra politica ed economia, con i governi quasi sempre subordinati all’agenda dettata dai poteri finanziari.
Ospiti di oggi il politologo Yves Meny, presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è stato direttore dell’Istituto Europeo di Firenze; e l’economista Carluccio Bianchi che è stato preside della Facoltà di Economia dell’Università di Pavia dove ha insegnato per anni politica economica.
«Abbiamo già visto i primi effetti della minaccia dei nazionalismi in Gran Bretagna», racconta il professor Meny. «Speriamo di non vedere una catastrofe in Francia a maggio. Sappiamo già – prosegue il politologo francese – che nei paesi dell’est c’è una forte pulsione nazionalista, come in Polonia e Ungheria. La minaccia è reale. Purtroppo, ciò che doveva ancorare tutti i paesi europei all’interno dell’Unione, il Trattato di Maastricht, non ha funzionato come previsto. Non tanto perché il trattato fosse sbagliato, quanto invece per la sua attuazione. Il successivo sviluppo della Ue – conclude Meny – non ha permesso di realizzare il sogno che c’era dietro Maastricht, e cioè l’unione politica».
Per l’economista Carluccio Bianchi l’Europa è ad un bivio. «Da un lato c’è l’ondata dei nazionalismi, dall’altro la divaricazione tra la Germania (crescita robusta, disoccupazione bassa, inflazione prossima al 2%) e gli altri paesi europei. Se questa tensione non viene affrontata rapidamente temo che possa portare ad una dissoluzione dell’unione monetaria. Bisogna superare – sostiene l’economista Bianchi – i tabu tedeschi e muoversi verso una unione delle politiche fiscali a livello europeo».
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Le puntate precedenti di “Europa Maastricht e i nazionalismi” qui (la prima) e qui (la seconda).