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Emilia-Romagna, Marcello Fois: “Siamo produttori di modelli molto precisi”

Veduta aerea di Bologna

Le elezioni regionali in Emilia Romagna sono sempre più vicine e per la rubrica settimanale temporanea di Malos dedicata a quell’importante voto abbiamo intervistato lo scrittore e commediografo Marcello Fois, ormai da anni residente a Bologna.

L’intervista di Luigi Ambrosio e Davide Facchini a Malos.

Non sono così certo che si possano considerare delle elezioni politiche. Sono sicuro che non ci saranno problemi dall’Emilia. Va bene che siano elezioni politiche, anzi, speriamo che siano significative rispetto all’aria che sembrerebbe tirare.

Quali sono le ragioni per vivere oggi in Emilia Romagna?

Io sono arrivano a Bologna per studiare, sono una specie di emigrante di lusso e alla fine ho scelto di restarci. Sono in qualche modo l’incarnazione di chi conosce altre realtà e capisce fino a che punto ci possano essere delle grandi differenze tra le città. Ci sono delle città che possono avere alti e bassi e comunque mantenere uno standard altissimo come è successo a Bologna. Credo di avere un punto di vista obiettivo e di lungo corso. Io sono arrivato a Bologna nel 1981, subito dopo la strage alla stazione, e quindi in una stagione abbastanza problematica. A Bologna avvengono un sacco di cose prima che succedano in altre città, è una sorta di piccola città-laboratorio. Anche il fascismo è nato a Bologna o nei dintorni, così come il grande comunismo e anche il grande modello cooperativo. Come le Sardine del resto. Noi siamo produttori di modelli a volte questi segnali sono molto precisi.
Io penso che questa idea meravigliosamente di questi ragazzi sia finalmente un segno di vita su Marte. Non a caso vengono criticati trasversalmente. Siccome queste Sardine stanno ponendo un problema di stile sostanzialmente, penso che abbiano veramente trovato il pertugio dentro il quale infilarsi.

Ci sono delle affinità tra aree geografiche che sono laboratorio politico, nel bene e nel male. È il caso dell’Emilia Romagna e della città di Milano. Recentemente c’è stata una polemica intorno a Milano, definita da alcuni come qualcosa di molto distante dal resto d’Italia. Non è così forse è così anche per l’Emilia Romagna?

No. Stiamo parlando di mondi che rappresentano un Paese migliore dell’altro. Che male c’è? Non vedo il problema. Io insisto che molte di queste problematiche vadano totalmente rovesciate. Perché devo vergognarmi di sapere qualcosa di più? Perché devo vergognarmi di conoscere la grammatica e la sintassi? Quale sarebbe il lato negativo di queste grandi città che sono civili, pulite e che offrono opportunità e sono tolleranti?

Cosa insegna l’Emilia Romagna al resto dell’Italia?

Non solo l’Emilia Romagna, io credo anche buona parte della Toscana e buona parte della Lombardia. Non è un problema di governo, è un problema di punto di vista. Secondo adesso l’Emilia Romagna può insegnare che esiste un modello alternativo che non è necessariamente collegato ai fatti del passato, ma che ha saputo rinnovarsi. È la Regione che sta trainando il resto del Paese in questo momento.

Al bar e al mercato vede la gente cambiata? Vede diverse la sua Bologna?

Bologna la trovo bella. È cambiata in varie fasi. Ha perso la verginità dopo la bomba alla stazione, nel senso che ha capito che il male esiste. È lo stesso rapporto che gli americani hanno avuto con le Torri Gemelle. Da lì in poi i bolognesi sono diventati più malinconici, meno francamente ingenui. Io non credo all’idea che gli intolleranti, i fascisti e i razzisti vari sorgano improvvisamente come funghi. In questa nazione ci sono sempre stati, questo è soltanto un momento in cui sono autorizzati dal potere in corso.

Com’è che i sardi si sono fatti fregare la Sardegna?

I servi si fanno fregare sempre. Quando abitui un intero popolo ad una condizione di costante assistenzialismo poi lo devi tenere nella condizione in cui pensa di poter fare la voce grossa solo quando arrivano le elezioni. Non è stato Salvini il primo a fregarci. Anche Berlusconi a suo tempo ci fregò quando annunciò che avrebbe chiamato l’amico Putin per sistemare le questioni dell’Alcoa o dei minatori in Sardegna. Purtroppo quella è una deriva servilistica molto profonda e ci vorrà tanto per sistemare quella situazione.

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    Sono passati otto mesi da quando Alberto Trentini, operatore umanitario in Venezuela, è stato fermato e arrestato senza motivazione dalle autorità venezuelane mentre svolgeva il suo lavoro per una ong internazionale. Da quel giorno Trentini è in isolamento totale, senza contatti con l'esterno e con la sua famiglia. La madre del giovane chiede al Governo di attivarsi come ha fatto in altri casi. "In questo momento che Alberto è ancora in vita, è fondamentale il ruolo dell'informazione" queste le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21. Alessandro Braga ne ha parlato con il nostro collaboratore Lorenzo Marcandalli che segue quotidianamente la vicenda.

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