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Coronavirus ed Eurogruppo: cosa prevede la proposta di accordo?

EuroGruppo

Commenti entusiasti, commenti stroncanti. Numeri e sigle, 500 miliardi, MES, BEI. Non è semplice orientarsi. L’accordo raggiunto con tanta fatica dall’Eurogruppo è buono o no? Si è finalmente vista la solidarietà europea? C’è una decisione all’altezza della gravità della situazione? Vediamo.

Anzitutto bisogna dire che si tratta di una base di accordo, non ancora di un accordo vero e proprio. Si parla infatti di “proposta” dell’Eurogruppo. La parola definitiva spetta ai Capi di Stato e di Governo.

La spaccatura, maturata nei giorni scorsi, è stata sui cosiddetti “coronabond”, la “versione virus” dei mai attuati “eurobond”. Vale a dire: titoli pubblici europei per raccogliere soldi sul mercato, come avviene con i titoli di stato nazionali. Gli eurobond sarebbero emessi tutti insieme, e quindi da tutti garantiti: avrebbero cioè una notevole appetibilità sui mercati. Ma Germania e Olanda guidano il fronte del No: non vogliono mettere in comune debiti con Paesi che considerano inaffidabili, come l’Italia e la Spagna.

Nell’intesa dunque gli Eurobond non ci sono. Era la principale battaglia del governo italiano, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali del presidente Conte e del ministro Gualtieri.

Il Mes, il Fondo salva stati. In Italia e non solo spaventa perché nella sua versione originale dice che se vuoi avere soldi in prestito devi sottoporti a riforme lacrime e sangue, controllate dalla troika. Impossibile, in tempo di pandemia. Quindi l’ipotesi era: Mes, ma senza condizioni. Finanziamenti per sostenere l’economia senza troika. Era la battaglia di seconda linea anche del governo italiano. Il piano B.

Nell’intesa però il Mes fatto così non c’è. O meglio c’è ma solo per le spese sanitarie: somma prevista 200 miliardi di euro di possibile intervento, ripartiti per quota tra gli stati. Ci sono poi altre due cose: il Sure, fondo per la cassa integrazione creato dalla Commissione Europea. E i prestiti agevolati alle imprese da parte dalla Bei, Banca europea degli investimenti. Rispettivamente 100 e 200 miliardi. Con una grossa ipoteca sul Sure: deve essere ratificato da tutti i 27 parlamenti nazionali.

Siamo a 500 miliardi. Per tutta l’Unione Europea. E con i limiti che abbiamo visto.
La novità è il Recovery Plan. Il piano per la ripartenza, in teoria. Nei fatti un piano per emettere titoli di debito, proposto dalla Francia ed entrato nell’intesa. 500 miliardi. Dove prendere i soldi? La soluzione sarebbe di prenderli direttamente dal bilancio dell’Unione, che viene approvato ogni anno tra mille difficoltà e resistenze nazionali. Sorte incerta e tempi lunghi. Servirebbe quindi una soluzione-ponte per intervenire subito. E si riparla del Mes.

Questo è quello che c’è al momento. La trattativa non è finita. La valutazione a questo punto è che siamo lontani da un piano economico capace di affrontare una recessione drammatica. Certo, meglio di niente. Ma se doveva essere un piano Marshall, non ci siamo.

Foto | Council of the European Union

  • Autore articolo
    Alessandro Principe
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