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Come funziona Cohabitat, l’edilizia convenzionata di Lambrate

di Luca Parena

Se si parte dal centro di Milano, per raggiungere Lambrate con i mezzi pubblici, conviene prendere la linea 54 e mettersi comodi. Il confine immaginario con Rubattino, periferia est della città, arriva quasi al capolinea. Scendendo dall’autobus in via Pitteri, dall’altra parte della strada si notano facilmente due grandi palazzi. Il rivestimento azzurro che domina sulle facciate, la pavimentazione di nuova posa per terra rendono il complesso di Cohabitat subito riconoscibile. È un progetto di abitare cooperativo promosso da Consorzio Cooperative Lavoratori e da Delta Ecopolis. Nel vuoto lasciato dal passato industriale del quartiere, cerca di andare in controtendenza rispetto ai piani immobiliari privati che spingono i prezzi in alto fin dove trovano acquirenti.
Dalla suddivisione dei costi tra i soci, l’abitare cooperativo ricava una nicchia in cui sia possibile acquistare o affittare un alloggio anche a meno della metà dei prezzi di mercato. Cesare Monti, presidente della cooperativa Dorica, è tra gli ideatori del progetto Cohabitat: “La cooperativa nasce nel circolo Acli di Lambrate, la prima casa l’abbiamo costruita nel 1988. Questa iniziativa è la terza che facciamo qui in quartiere”.In un’area da rigenerare grande come cinque o sei campi da calcio, i 154 alloggi di Cohabitat sono l’unica parte di edilizia convenzionata, accessibile cioè ad alcune condizioni. In un contesto dove il mercato sta proliferando senza essere accompagnato da un adeguato aumento dei servizi, nel complesso di Cohabitat hanno aperto una nuova farmacia e un nuovo asilo nido. Alessandro Galbusera, vicepresidente di Consorzio Cooperative Lavoratori, racconta il processo che ha portato alla nascita del progetto: “La prima assemblea l’abbiamo fatta nel maggio 2014. La gente è abituata a vedere e toccare fisicamente la casa prima di comprarla, con noi funziona in modo completamente diverso. Al punto che quando abbiamo incontrato i soci non eravamo neanche proprietari dell’area. Con il sistema cooperativo però abbiamo assegnato alloggi a 2150 euro al metro quadrato quando oggi, in questo che è un quartiere dall’anima popolare, si compra casa anche per 5-6 mila euro al metro quadrato. Noi lo diciamo subito ai nostri soci: “Voi qui venite per acquistare casa, ma anche per vivere un percorso che vi porterà a diventare proprietari. E non è la stessa cosa che comprare”.Un percorso per gli inquilini di Cohabitat lungo anni prima di avere in mano le chiavi di casa. Anni di attese, di assemblee nel circolo Acli di Lambrate, di confronto e condivisione. Elisa e Micaela, due socie della cooperativa, hanno vissuto questi passaggi. Elisa è tra le abitanti più attive nell’organizzazione di iniziative che offrano momenti di socialità nel condominio. La pandemia non sta agevolando queste intenzioni, ma si cerca comunque di proporre un’idea di vicinato aperta alla partecipazione: “Nella chat condominiale cerco di coinvolgere il più possibile. Abbiamo degli spazi comuni come l’officina dove si possono fare lavori di riparazione ad esempio delle biciclette, la lavanderia, una sala in cui abbiamo organizzato momenti di festa, anche se dal febbraio 2020 non l’abbiamo quasi più usata. Negli ultimi mesi siamo stati il più possibile all’aperto, anche per vedere assieme le partite degli Europei o per far giocare i bambini”.
Un modo di stare insieme e di abitare che per Micaela può essere d’aiuto soprattutto per chi arriva a stare in città partendo dalla provincia: “Io provengo dalla Brianza, Lambrate non la conoscevo neanche, è stato un salto nel vuoto. Ma non mi sembra di stare nella metropoli alienata e anche un po’ anonima. Ci sono tanti punti di riferimento come quando ne avevo nel paese in cui abitavo prima”.Il tentativo di Cohabitat di mettere in connessione le vite di persone diverse si accompagna poi all’intenzione di collegare almeno simbolicamente la nuova direzione presa dal quartiere con il passato di Lambrate. I murales disseminati per il cortile interno e vicino alle scale di accesso ai palazzi raffigurano immagini ispirate alle principali fabbriche della storia industriale del quartiere. Per Cesare Monti, non sono semplici decorazioni artistiche ma un mezzo per promuovere la conoscenza di Lambrate: “Abbiamo ricordato la Brionvega con i suoi televisori e le radio di design, la Faema, che era qui vicino, le biciclette della Cinelli, la Bracco e la Lambretta. Adesso stiamo cercando altri muri per proseguire. Lambrate, prima delle fabbriche, era anche una delle zone agricole più fertili di Milano. Tracciamo un percorso dalla Lambrate agricola, a quella industriale a quella residenziale di oggi. Così chi viene ad abitare in un quartiere completamente diverso rispetto al passato può comunque sapere sempre quello che c’era prima”.
La partita del mercato dell’abitare se non persa è difficile, ma dei margini di scelta restano sul piano delle relazioni, reciproche tra le persone e tra le persone e il territorio, i quartieri. Restano margini anche sul piano dei prezzi, anche se molti sembrano averlo dimenticato.

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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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