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Che cosa è successo oggi? – Venerdì 30 ottobre 2020

covid lombardia fontana

Il racconto della giornata di venerdì 30 ottobre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia alle opzioni sul tavolo del governo per frenare i contagi tra nuovo DPCM e libertà alle regioni, mentre Matteo Salvini prova a riportare in auge la questione immigrazione strumentalizzando i morti della strage di Nizza. Whirlpool conferma la chiusura dello stabilimento di Napoli e la Francia torna in lockdown almeno fino al 1° dicembre. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

(di Andrea Monti)

“Molto grave” e “in rapido peggioramento”. Il rapporto settimanale di Ministero e Istituto Superiore di Sanità definisce così la situazione della diffusione del coronavirus in Italia, mentre i dati quotidiani certificano l’ennesimo picco di casi accertati.
Oggi sono stati individuati circa 31mila contagi a fronte di 215mila tamponi. Entrambi i numeri sono i più alti di sempre per il nostro Paese. La percentuale di positivi rispetto ai test sale al 14,4%. Ieri era stata del 13,3%. Le morti comunicate sono 199, un numero simile a quello di 24 ore fa. Continuano ad aumentare le persone ricoverate: ancora mille in più nei reparti ordinari e 95 in più in rianimazione. La Lombardia si conferma la regione col maggior numero di nuove infezioni, quasi 9mila, di cui circa 4mila nella provincia di Milano, che da sola nell’ultima giornata ha individuato più casi di tutte le altre regioni italiane, con Campania e Veneto intorno ai 3mila ciascuna. Il rapporto di Ministero e Istituto di sanità parla di situazione ancora compatibile con uno scenario di tipo 3, ma in evoluzione verso uno di tipo 4, il peggiore ipotizzato dalle autorità. Questo livello sarebbe già stato raggiunto nella provincia di Bolzano e in Calabria, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Nelle ultime due regioni l’indice di contagio ha superato la soglia critica di 2. In generale il documento dice che il carico di lavoro “non è più sostenibile” per i servizi sanitari territoriali. Parole simili a quelle del presidente nazionale del 118, che denuncia un aumento esponenziale della pressione, con gli ospedali che fanno sempre più fatica ad accogliere i pazienti.

Le opzioni sul tavolo del governo per frenare i contagi

(di Anna Bredice)

Libertà alle regioni di intervenire con ordinanze restrittive, oppure un nuovo provvedimento di governo. Sul tavolo di Palazzo Chigi ci sono queste alternative di fronte ai numeri che galoppano e vedono 13 regioni con l’indice di contagio RT superiore a 1,5. Nelle previsioni del governo l’ipotesi era di un nuovo DPCM dopo il 4 novembre, forse con i primi dati dei tamponi successive alle chiusure anticipate di molti locali, finora i dati sono anteriori a questo provvedimento. Ma la corsa dei contagi va troppo veloce verso lo scenario 4 ed è per questo che Conte a Palazzo Chigi ha deciso di convocare i capi delegazione questa sera con un unico tema all’ordine del giorno, cioè quello della scuola, infatti oltre ai responsabili dei partiti, sarà presente un unico ministro del governo, e cioè Azzolina. Prima ancora invece si sta svolgendo l’incontro tra Conte e i sindacati sul blocco dei licenziamenti e poco fa Conte ha comunicato che il blocco si estenderà fino al 31 marzo, e che la cassa Covid sarà gratuita per i datori di lavoro. È una conferma che i tempi di uscita dalla fase critica della pandemia, anche dal punto di vista delle ricadute sul lavoro si fanno molto più lunghi. Per quanto riguarda la scuola, il governo potrebbe autorizzare le singole regioni ad intervenire con le chiusure delle scuole, del resto sta già accadendo in molte parti, dalla Campania, al Piemonte, alla Puglia, più che un lockdown regionale potrebbero verificarsi ordinanze molto restrittive su alcuni settori, e la scuola potrebbe essere la prima ad essere colpita, nonostante le proteste della ministra Azzolina.

Salvini, sempre più ignorato, chiede le dimissioni di Lamorgese

(di Lorenza Ghidini)

La questione immigrazione è ormai da tempo secondaria nel dibattito politico e Matteo Salvini cerca di riportarla in auge appena può, a costo di strumentalizzare i morti della strage di Nizza.
Oggi ha convocato un presidio sotto il consolato francese di Milano allo scopo di attirare telecamere e microfoni per poter rilanciare le sue accuse al Viminale. Il leader leghista si è presentato a metà giornata con i suoi colonnelli cittadini, incurante di chi in queste ore gli ha fatto notare quanto indegna fosse questa operazione politica.
“Sentiamo parlare di possibili lockdown e chiusure totali” ha dichiarato Salvini ai giornalisti “quelli che non chiudono sono i porti. Spero non ci siano altri sgozzatori in giro per l’Europa”.
Salvini si è spinto fino a chiedere le dimissioni di Luciana Lamorgese, la quale con notevole aplomb ha ribattuto così:


 
Una polemica tutta interna che sembra interessare solo Salvini: i giornali francesi oggi lo hanno pressoché ignorato.

Whirlpool conferma la chiusura dello stabilimento di Napoli

(di Andrea Monti)

Tra poco più di 24 ore lo stabilimento Whirlpool di Napoli chiuderà. Lo ha confermato oggi la multinazionale, mentre i sindacati incontravano il presidente del consiglio Conte. L’unica garanzia che la proprietà ha assicurato ai 350 dipendenti è che continueranno a essere pagati fino al 31 dicembre. Il primo annuncio dell’intenzione di abbandonare la fabbrica era arrivato nel maggio 2019, ma finora si era riusciti a rimandare l’addio. “Al di là dell’impegno a costruire soluzioni ribadito dal governo, ad oggi non ci sono prospettive concrete”, hanno detto poche ore fa i segretari locali di Cgil, Cisl e Uil, confermando che il 5 novembre in tutta Napoli ci sarà uno sciopero generale. Oggi c’è stato un corteo dei lavoratori, con un blocco stradale vicino allo stabilimento. Domattina è prevista un’assemblea nel piazzale della fabbrica. Davide Bubbico insegna sociologia economica a Salerno e ha scritto il libro “Due generazioni in fabbrica. Il lavoro operaio alla Whirlpool di Napoli”. Gli abbiamo chiesto quale impatto ha l’azienda sul territorio:


 

La Francia torna in lockdown fino al 1° dicembre

(di Luisa Nannipieri)

Da oggi tutta la Francia è di nuovo confinata in casa, e ci rimarrà almeno fino al 1° dicembre. L’obiettivo del governo è di far scendere il numero dei contagi giornalieri a 5.000, contro gli oltre 30mila degli ultimi giorni, e salvare gli ospedali dal collasso annunciato. Per farlo, il presidente Macron ha dovuto ammettere che i tentativi fatti finora, dal coprifuoco alle misure restrittive applicate localmente, hanno fallito. E ha annunciato quello che ha cercato in tutti i modi di evitare: un secondo lockdown su tutto il territorio della Francia.
Una decisione che se da un lato era prevedibile, lascia molti con l’amaro in bocca. Nelle zone poco colpite dall’epidemia e nella Francia rurale, ad esempio, la scelta di chiudere indiscriminatamente viene vista come una doppia pena ma si cerca di farsi forza: o tutti, o nessuno, se no non ne usciremo, si bisbiglia con un’alzata di spalle. La rassegnazione e una certa stanchezza prevalgono anche a Parigi, dove le sirene delle ambulanze risuonano senza sosta ormai da giorni. [CONTINUA A LEGGERE]

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Le proteste arrivano anche nei fast food: lo sciopero nei McDonald's di Orio Center

    La mobilitazione di lavoratrici e lavoratori di McDonald’s proseguirà anche nei punti vendita gestiti da affiliati, se l’azienda continuerà a rifiutare di aprire un tavolo di trattativa per il contratto integrativo aziendale. Lo dicono i sindacati, che lo scorso fine settimana hanno indetto uno sciopero di otto ore per i dipendenti diretti di Mc Donald's Italia. L’azienda sostiene che – con il 92% dei ristoranti gestito da affiliati – non sarebbe dovuto un integrativo per i pochi punti vendita diretti, che in Italia sono solo 60 su 740. A Bergamo, dove McDonald’s ne gestisce direttamente due all’interno del centro commerciale Orio Center, con più di 70 dipendenti, hanno aderito in tante e tanti. Daria Locatelli di Filcams CGIL Bergamo ha seguito la vicenda.

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