Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Venerdì 3 aprile 2020

Comune di Buccinasco

Il racconto della giornata di venerdì 3 aprile 2020, attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai chiarimenti sulla diffusione del coronavirus COVID-19 nell’aria dopo l’allarme diffuso oggi da alcune testate italiane alle precisazioni della Ministra del Lavoro sul cosiddetto “reddito di emergenza” che dovrebbe dare un sostegno alle persone escluse dagli altri provvedimenti. Gli aggiornamenti sulla situazione in Lombardia e l’aumento delle sanzioni e dei controlli a Roma, mentre in Spagna la crescita dei casi positivi resta in aumento. In chiusura, i dati della diffusione del coronavirus in Italia.

Coronavirus nell’aria? Non è cambiato niente, facciamo chiarezza

(di Alessandro Principe)

Il virus non ci rincorre per la strada. Ma, semmai, si ripropone la necessità di tutelare gli operatori sanitari con adeguati mezzi di protezione. Dopo i titoloni di alcuni importanti quotidiani on-line e cartacei sulla possibilità del coronavirus COVID-19 di viaggiare nell’aria, abbiamo voluto fare chiarezza. Ecco come stanno davvero le cose.

Reddito di emergenza. Nuovi dettagli dalla Ministra Catalfo

(di Massimo Alberti)

La ministra del lavoro Catalfo ha aggiunto qualche dettaglio sul cosiddetto “reddito di emergenza”, il provvedimento del governo che dovrebbe dare un sostegno alle persone escluse dagli altri provvedimenti. A sollecitare un provvedimento universalistico era stato il ministro per il sud Provenzano. Tuttavia la norma annunciata sembra ancora parziale.
Catalfo ha parlato di uno stanziamento di circa 3 miliardi di euro, che sarà compreso nel decreto di aprile, per una platea di circa 3 milioni di persone ancora da valutare. Precari, lavoratori in nero, stagionali, a chiamata: gli “esclusi” da ogni forma di sostegno è un magma estremamente frammentato, prodotto dalle politiche sul lavoro degli ultimi anni.
La corsa al sito dell’INPS è stata il dito. La Luna sono i tanti, troppi, ad aver bisogno di quei 600 euro per sopravvivere, con o senza titolo. È stato l’ennesimo caso in cui questa crisi ha evidenziato i disastri sociali compiuti in questi anni: stavolta la precarizzazione estrema del mercato del lavoro.
Gli esclusi da ogni bonus sono i figli di queste politiche: un mosaico di frammenti che in questi giorni hanno raccontato le loro storie a Radio Popolare.
Badanti, colf, camerieri costretti al nero come Ele, 31 anni. “Ora non posso richiedere nulla”, scrive. Poi c’è il lavoro povero: come Michela, partita iva nell’editoria, pochi soldi -spariti col covid – e un reddito di cittadinanza di 69 euro, che la esclude da altri bonus. Ancora: lavoratori a chiamata. Con le aziende ferme la chiamata non arriva e quindi il reddito. Tirocinanti: ho fatto tirocinio 8 anni in tribunale e da quel che ho capito non percepiró nulla,scrive Andrea. Gli stessi Ateco che le imprese usano per rientrare nelle aziende essenziali, fregano invece i lavoratori.
Come la storia di Veronica e dei suoi colleghi: stagionali in un’azienda della filiera turistica, ma che non ha Ateco del turismo. Quindi niente indennità. O Massimo, architetto a Partita IVA con remunerazione troppo bassa per avere il bonus. E ancora: lavoratori del settore sportivo dilettantistico, prestatori d’opera, dello spettacolo a termine. I 3 milioni di persone indicati da Catalfo – ma sono realisticamente molto di più – sono figli della giungla di contratti creata in questi anni dalle leggi sul lavoro. Rimasti senza tutele prima, ed anche ora se non si interverrà.

La Regione Lombardia supera gli 8.000 morti da COVID-19

(di Claudio Jampaglia)

Si è fermata la crescita del contagio in Lombardia, dice soddisfatta la Regione. O meglio, si è stabilizzata da qualche giorno attorno ai 1.500 nuovi casi di positività. La tendenza è chiara per Brescia e Bergamo, le province più colpite, ormai sotto la media e scalzate in assoluto proprio questa settimana da Milano, il caso sotto stretta osservazione, che cresce più di tutti.
Dai numeri forniti a Radio Popolare dall’Agenzia di Tutela della Salute per la sola città i morti da COVID-19 sarebbero 414 al primo aprile, per una letalità del 11%. Il condizionale è usato anche dall’ATS perché non tutti i morti da COVID-19 possono essere registrati come tali in mancanza di verifiche puntuali. Un aiuto ce lo fornisce l’anagrafe del Comune che registra una differenza di 900 morti a marzo dall’anno scorso, oltre il 40% in più.
I morti sono una delle poche indicazioni sulla diffusione del contagio e sulla capacità di controllo delle autorità sanitarie. Il caso di riferimento internazionale è ancora la regione di Hubei in Cina con l’1% della popolazione risultata positiva e circa il 3% di mortalità nei malati. E secondo i dati ufficiali di ATS, Milano sarebbe esattamente in quella scia, con i suoi potenziali 14mila contagiati.
Se ponderiamo il dato con i decessi dell’anagrafe arriviamo al doppio: il 2% della popolazione positiva. Alcune stime, come quella della Doxa o di altri studi di ricerca, offrono proiezioni molto più preoccupanti. L’ultimo studio pubblicato in Gran Bretagna e citato oggi anche dalla Regione, stima il contagio al 10% della popolazione italiana. I dati ufficiali sono ancora lontani. La speranza è questa, spetta all’intervento e alla trasparenza delle istituzione trasformarlo in certezza, insieme al comportamento responsabile di tutti noi.

Roma, aumentano le persone in giro. E aumentano le multe

(di Anna Bredice)
Negli ultimi giorni anche a Roma si sono viste improvvisamente più persone in circolazione e sono aumentate anche le multe. Tra i luoghi più esposti agli assembramenti e quindi al contagio del virus ci sono i mercati all’aperto, e a Roma sta accadendo che in alcuni quartieri c’è il rischio di persone troppo vicine: sono quelli più popolati, alla periferia della città, che hanno magari un solo mercato e troppa gente che lo frequenta.
Il decreto sui divieti permette l’apertura di banchi alimentari nei mercati solamente se il commerciante segue disposizioni precise, a sue spese, e cioè una recinzione, la distanza minima, e poi l’obbligo di guanti e mascherine, con un accesso al mercato contingentato.
Laddove ci sono molti mercati nei municipi funziona, in altri casi il rischio esiste. Gli ambulanti e i piccoli commercianti in una città come Roma stanno rischiando molto in termini di guadagni futuri. La Regione ha pensato a un sistema di aiuti per gli ambulanti, e poi c’è la solidarietà dei singoli municipi con iniziative che nascono dal basso. Prima ancora dei buoni spesa, ci sono associazioni che hanno contattato centinaia di famiglie per portare viveri e cibo a domicilio, ci sono negozi chiusi che chiedono ad esempio di comprare un buono acquisto on line che spenderanno quando riapriranno, altri ancora, soprattutto librerie, hanno attivato l’acquisto on line e fanno arrivare i libri a casa.
Ma l’urgenza è l’aiuto da parte del Comune e della Regione di soldi per pagare l’affitto e la sospensione, attesa entro il 16 aprile, delle nuove tasse, sapendo che il rischio concreto in una città come Roma è che uno negozio su tre non riaprirà più dopo questa chiusura forzata.

COVID-19. Gli aggiornamenti sulla Spagna

(di Giulio Maria Piantadosi)

Se il numero dei casi riportati si mantiene su queste cifre domani, o al massimo nei prossimi giorni, la Spagna avrà superato l’Italia come secondo Paese al mondo. La proroga dello stato d’allarme fino al 26 aprile è data per scontata. Stavolta però, Sánchez potrebbe non contare con i voti dell’opposizione, che critica le misure anticrisi prese dal governo e sopratutto la serrata delle attività economiche.
Le autorità spagnole ammettono che i morti potrebbero essere molti di più di quelli conteggiati: mancano dati certi soprattutto sui i decessi nelle case di riposo. L’Esercito è sempre più presente nella gestione della crisi. Anche il governatore indipendentista della Catalogna, Quim Torra, ha chiesto l’intervento delle forze armate per gestire i lavori di decontaminazione.
La situazione più complicata è sempre quella di Madrid. Nel palazzo dello sport di Majadahonda, nella periferia nord della capitale, è stato aperto un terzo deposito per le bare delle vittime. I servizi funerari sono al limite. I parenti di alcuni pazienti morti per COVID-19 hanno denunciato il caos in cui avvengono le cremazioni temendo che la confusione abbia portato allo scambio de corpi.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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