Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Lunedì 18 gennaio 2021

Conte alla Camera

Il racconto della giornata di lunedì 18 gennaio 2021 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia all’intervento di Giuseppe Conte alla Camera che ha dato il via alla prima richiesta di fiducia dopo l’apertura della crisi di governo, mentre per il PD un rimpasto non è più una possibilità così remota. I rallentamenti nella produzione del vaccino di Pfizer-BioNTech provoca una brusca frenata alla campagna vaccinale in Italia. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Tornano a risalire i posti occupati in terapia intensiva e nei reparti ordinari. È il più significativo dei dati odierni che vedono una sostanziale stabilità nel numero dei contagi e nelle vittime, sempre numerose.
Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva sono 142, 41 i posti occupati in più. Restano 9 le regioni oltre la soglia critica del 30% di posti occupati da pazienti COVID. I pazienti nei reparti ordinari sono aumentati di 127 rispetto a ieri,
In totale sono 8.824 i test positivi, col tasso stabile al 5,6% che comprende anche i test rapidi, i morti sono 377, esattamente lo stesso numero di ieri.
Nel pomeriggio il presidente della regione Lombardia Fontana ha confermato che presenterà ricorso al Tar del Lazio contro l’inserimento in fascia rossa. Fontana ha spiegato che verrà contestato l’indice RT attribuito alla regione e che ne avrebbe determinato le misure di mitigazione più severe.
Qualora fosse accolto segnerebbe un precedente che metterebbe in discussione l’intero sistema per fasce studiato dal governo.
Intanto a Bergamo i magistrati che indagano sulla gestione della pandemia hanno confermato che il piano Pandemico dell’Italia fosse obsoleto, risalente al 2006. È quanto ha detto la procuratrice aggiunta Cristina Rota, dopo l’interrogatorio durato oltre 6 ore di Giuseppe Ruocco, segretario generale del ministero della salute. Rtuocco è stato sentito come persona informata dei fatti.

L’intervento di Giuseppe Conte alla Camera

(di Anna Bredice)

Sarà stata la tensione delle settimane di pre-crisi e trattative, ma Conte questa mattina alla Camera esprimeva interamente la tensione, il nervosismo, la necessità di reprimere la rabbia e l’irritazione, che in qualche modo poi ha espresso nella replica quando ha detto ai deputati distratti che a casa la gente voleva ascoltare. Sembrava al limite della sopportazione. Alla fine un intervento non all’altezza di quello forte, rivendicativo che fece al Senato con Salvini. Nei cinquanta minuti non ha mai citato Renzi, quasi una distanza sdegnata, ma tutto nasce da lui, e quindi parla di irresponsabilità di interessi personali di chi ha causato la crisi, fino a chiudere la porta e dire che ora inizia un’altra fase, ma quello che ha poi detto in aula è stato un lungo elenco di cose da fare e su questo ha chiesto l’aiuto dei parlamentari che chiama volenterosi, non più responsabili. Ma senza un progetto politico, almeno per ora, ha chiamato all’appello europeisti anti sovranisti, il confine è la Lega, tutto il resto sembra andar bene. Forse è questo che ha generato un po’ di delusione nei gruppi che lo appoggiano a cominciare dal PD. Dateci una mano, aiutateci, ha detto un presidente del Consiglio che vuole andare avanti a tutti i costi, quindi promette, magari, a chi entrerà il ministero dell’agricoltura. Si vedrà domani se l’intervento sarà uguale anche al Senato, oppure cambierà qualcosa, anche perché ad ascoltarlo in aula ci saranno Renzi e Salvini.

Il PD non esclude più un rimpasto di governo

(di Luigi Ambrosio)

Anche nelle previsioni del PD adesso un rimpasto, quantomeno, non è più impossibile anzi c’è chi lo vede come la via per uscire da una situazione che si è fatta non così semplice.
Sembrava filare tutto liscio a mezzogiorno, Conte parlava con sicurezza e si rivolgeva direttamente agli italiani. Quanti senatori domani con lui? 158? 159? Poi al pomeriggio si alza in aula il tessitore Tabacci e dice due parole: nuovo governo.
E Zingaretti ha iniziato a vedere, parole sue, una “strada strettissima” Se vuoi trattare con la DC promettere il proporzionale e appellarsi al bene comune non basta. Ecco perché da dentro al PD arrivano messaggi: la porta con Italia Viva non è del tutto sbarrata. Ipotesi che divide il partito ma che prende consistenza. Anche perché lo stesso presidente del consiglio faceva filtrare che al senato ci sono 155 o 156 voti. La sostanza, dietro il volare alto delle parole di Conte è un tatticismo esasperato e una trattativa spietata. Sembrava una crisi chiusa in fretta. “La situazione cambia di ora in ora” afferma invece adesso Zingaretti. Bentornati nella prima repubblica.

Frena la vaccinazione in Italia: mancano le dosi

Brusca frenata per la campagna vaccinale a causa dei rallentamenti nella produzione di Pfizer-BioNTech. Poco fa l’amministratore delegato di Pfizer ha fatto sapere che l’Italia avrà più dosi nel secondo trimestre. Ma questo non risolve il problema che le Regioni stanno affrontando: tra ieri e oggi infatti sono iniziati i richiami per i primi vaccinati ed in molte regioni italiane, per effetto dei tagli, i richiami saranno le uniche dosi somministrate per almeno una settimana.
Oggi l’Italia ha avuto 165mila dosi in meno di quelle previste da contratto. I tagli non saranno uguali per tutti, ma saranno decisi autonomamente dalla casa farmaceutica in base ad un algoritmo, ha fatto sapere la stessa Pfizer. Sono soltanto 6 le regioni che non avranno tagli. Le più penalizzate sono le Province di Trento e Bolzano che ne avranno rispettivamente il 60% e il 57,1% in meno, il -53,8% in meno in Friuli Venezia Giulia, il Veneto il 52,5%, la Sardegna la metà, e così via fino al 26,8% di taglio per la Lombardia ed un quarto per il Lazio. Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Valle d’Aosta sono le uniche senza tagli nella distribuzione. In pratica, fino al prossimo rifornimento che Pfizer ha promesso che tarderà solo di una settimana, l’Italia avrà disposizione circa 700mila dosi, i già vaccinati che necessitano di richiamo hanno superato il milione. Le regioni con la maggior quota di tagli hanno fatto sapere che da oggi effettueranno soltanto i richiami per non pregiudicare l’efficacia del vaccino. Zaia in Veneto ha detto che tra qualche giorno le dosi disponibili non saranno più sufficienti neppure per quelli. Nei giorni scorsi era stata fatta l’ipotesi di inoculare la prima dose ad un maggior numero di persone e ritardare i richiami, ipotesi subito saltata perché il vaccino perderebbe buona parte della sua efficacia. Un problema dunque molto serio per la campagna italiana, considerati i tempi degli altri due vaccini su cui Roma ha puntato. Quello AstraZeneca, all’esame delle autorità del farmaco il 29 gennaio su cui pesano ritardi dovuti ai vari problemi nella sperimentazione, e quello di Jhonson&Jhonson che non sarà pronto prima della fine di marzo. Insieme costituiscono quasi la metà dei 200 milioni di dosi previste per l’Italia. Il terzo vaccino per dosi previste, quello di Sanofi/Gsk, non arriverà prima della seconda metà dell’anno.

Organico COVID: i 70mila precari della scuola

(di Andrea Monti)

Si chiama “organico COVID”: circa 70mila lavoratori precari della scuola chiamati ad aiutare gli istituti ad andare avanti nell’emergenza. Nonostante siano passati mesi dall’entrata in servizio, una parte di loro non ha ancora ricevuto il primo stipendio.
Il problema non è nuovo, come altri che la pandemia ha fatto emergere o aggravato, dalle difficoltà del sistema sanitario alle diseguaglianze di genere. In questo caso il tema sono i ritardi nei pagamenti degli stipendi ai precari della scuola, una questione che si trascina quantomeno da anni. Stavolta fa più notizia perché a essere danneggiati sono insegnanti e bidelli chiamati a dare il loro contributo in piena pandemia, con contratti a termine che dovevano essere addirittura interrompibili in anticipo in caso di lockdown: una clausola cancellata solo lo scorso ottobre. Secondo il quotidiano la Stampa almeno metà dei lavoratori coinvolti non ha ancora incassato lo stipendio di novembre e almeno un quarto è messo persino peggio, non avendo ancora visto un euro. I motivi possibili sono più di uno e vanno da una sottostima iniziale dei soldi necessari a pagare queste persone – un errore dei ministeri dell’economia e dell’istruzione denunciato già a novembre dal sindacato Gilda – a problemi tecnici che hanno fatto slittare l’inizio di tutti i versamenti, tanto che a metà novembre nessuno di questi lavoratori aveva ricevuto un solo bonifico. Nell’attesa di una ripartenza delle procedure di pagamento, prevista in queste ore, ai precari resta solo un’altra speranza: che il proprio preside prenda esempio dall’annuncio arrivato una settimana fa da Alessandria, dove un dirigente scolastico si è detto pronto ad anticipare almeno 200 euro a ognuno dei propri lavoratori coinvolti.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    “Mi ricordavo di questo omino con gli occhiali che leggeva degli annunci un po’ strani”, racconta Valerio Finessi, regista di “Walter Valdi, un milanese a Milano”. Finessi descrive in un documentario la figura di Walter Valdi (Nicola Walter Gianni Pinnetti 1930-2003), cantautore e cabarettista della squadra storica del Derby Club di Milano. Prima avvocato e poi attore, è stato diretto da Giorgio Strehler, ha sempre scelto di cantare in dialetto milanese, senza però ottenere il successo di altri suoi compagni di lavoro come Cochi e Renato, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci. “E’ stato dimenticato perché la scelta del dialetto meneghino lo ha un po’ isolato” spiega Finessi. Walter Valdi ha scritto brani per il Coro dell’Antoniano, portati in scena allo Zecchino d’Oro e ha recitato in alcuni film di Maurizio Nichetti, Carlo Lizzani, Ermanno Olmi e Luigi Comencini. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Valerio Finessi.

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    “Triplicati gli omicidi di minorenni” aveva detto a febbraio il ministero degli interni che annunciava il passaggio da 13 omicidi commessi da minori nel 2023 a 35 nel 2024. Così partiva una campagna mediatica (soprattutto di destra) sull’allarme “baby-killer” che arrivava dopo i provvedimenti contro i rave, contro le occupazioni nelle scuole, contro i giovani in generale, soprattutto se figli di stranieri. I dati però, come rivela uno studio pubblicato da Sistema Penale, erano sbagliati perché oggi il Ministero ci dice che gli omicidi commessi da minori erano 25 nel 2023 e 26 nel 2024. “Stiamo perdendo la lucidità necessaria per affrontare il tema e il discorso pubblico sulla sicurezza”, commenta Roberto Cornelli, docente di criminologia dell’Università degli Studi di Milano, che analizza la campagna mediatica: “è particolarmente grave che questi dati errati vengano divulgati da fonti ministeriali e se si parte da qua ovviamente si pensano politiche di emergenza, forme di controllo straordinario e anche un irrigidimento del sistema penale minorile che perde la sua valenza educativa”. In sostanza, ci dice il docente, stiamo rifacendo gli stessi errori di Stati Uniti e Francia: non si affronta il problema dai dati ma sulla base del discorso politico sul tema: “Siamo passati dalla narrativa dei giovani danneggiati dal Covid a una criminalizzazione soprattutto quando si tratta di giovani di seconda generazione, incrociando la dimensione giovanile e quella migratoria sotto il segno della sicurezza, è questo il tema di un certo modo di far politica oggi”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli a Roberto Cornelli.

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