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Afghanistan, i talebani bloccano internet: libertà e istruzione sono sempre più a rischio

Afghanistan, i talebani bloccano internet

Lunedì 14 settembre, Kulthoom era seduta alla scrivania con il telefono in mano. Ascoltava la sua insegnante di matematica spiegare una lezione, quando l’audio si è improvvisamente interrotto. Ha spento e riacceso più volte il telefonino, ma non è mai più riuscita a connettersi. Non poteva saperlo, ma i talebani avevano iniziato a chiudere la rete internet in fibra ottica dell’Afghanistan nelle province settentrionali.

Il 15 settembre è stata interrotta la connessione alla provincia di Balkh e da allora l’accesso a internet a banda larga è stato chiuso in una dozzina di province.  “Quando ho sentito la notizia, mi sono sentita come se il mondo mi stesse crollando addosso. I talebani mi hanno portato via l’ultima speranza”, ha detto a Rukhshana Media.

Secondo Hibatullah Akhundzada, il leader supremo dei talebani, questa misura è stata presa per “prevenire l’immoralità”; ora si teme che questo sia il primo passo verso la chiusura totale dell’accesso a Internet per i cittadini afghani. Il provvedimento coincide con il quarto anniversario del divieto per le donne di frequentare la scuola secondaria, imposto dai talebani. Proprio in reazione al divieto, le famiglie che potevano permetterselo avevano iscritto le ragazze a dei corsi online. La “Online Women’s University”, per esempio, afferma di aver registrato 17mila studentesse afghane a 15 materie: moltissime seguivano le lezioni dalla propria stanza.

Il blocco di internet non limita solo il diritto all’istruzione, ma anche la possibilità di organizzazione. Ne abbiamo parlato con Gabriella Gagliardo, presidente del Cisda. “Adesso è proprio completamente impossibile organizzare delle proteste per strada, quindi la protesta si è spostata tutta sui social. In particolare da parte delle donne i social sono utilizzati moltissimo anche in questo, con questa funzione. Adesso è una preoccupazione molto grossa per le organizzazioni che continuano a lavorare per la resistenza e per la costruzione di alternative. Per loro il fatto che diventi impossibile utilizzare internet effettivamente è un problema enorme, gravissimo, anche dal punto di vista organizzativo, perché attraverso le piattaforme social si possono fare moltissime cose, loro hanno continuato a organizzare anche iniziative che servivano in qualche modo a raggiungere i territori in cui c’erano situazioni di emergenza. Per preparare queste attività poter utilizzare internet è indispensabile.”

Mentre la fibra ottica veniva interrotta, alcuni utenti hanno lanciato una campagna con lo slogan “non tagliate internet in Afghanistan”. “Vogliono chiudere i nuovi canali di comunicazione e di istruzione in modo che nessuno possa parlare liberamente, studiare e dire la verità. Interrompere Internet significa tagliare il respiro della società, mettere a tacere la verità e separare le persone le une dalle altre”, si legge nei loro messaggi.

Il progetto afghano per la fibra ottica era iniziato nel 2007 con un finanziamento di 60 milioni di dollari da parte di donatori. L’anno scorso, quasi 26 milioni di afghani avevano accesso alle telecomunicazioni attraverso la fibra, la connessione più rapida e conveniente. Con il blocco, rimane solo l’internet mobile, molto costoso. In Afghanistan rappresenta un lusso: nel paese la disoccupazione è in continuo aumento e l’insicurezza alimentare colpisce la maggior parte delle famiglie. Nella provincia di Takhar, Maryam – 17 anni – studiava programmazione e grafica da gennaio 2025. La sua famiglia pagava l’equivalente di 12 sterline per una connessione wifi illimitata. I dati mobili costano il doppio e il pacchetto si esaurisce in pochi giorni. “Se continua così – dice Maryam -, non mi laureerò. Perderò tutto. Mi sento senza speranza”.

di Valeria Schroter

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    Militant A degli Assalti Frontali, insieme a decine di artisti, ha firmato una lettera sulle manifestazioni di lunedì per Gaza e in solidarietà agli arrestati di Milano. “La violenza non è bloccare una stazione in un giorno di sciopero generale, la violenza è Gaza” è scritto nella lettera firmata da artisti, musicisti, scrittori, fumettisti tra cui Zerocalcare, gli scrittori Massimo Carlotto e Sandrone Dazieri, gruppi come Modena City Ramblers, Bandabardò, i Punkreas, Lele Sacchi, Giulio Cavalli, gli Assalti Frontali e molti altri. “Lunedì è successa una cosa nuova, - ha detto Militant A al microfono di Roberto Maggioni - è stata una giornata bellissima. La coscienza popolare si è espressa. Non dobbiamo assolutamente dividerci, tutti sono dentro questo movimento. Firmare un appello è il minimo che potessimo fare”.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Tra disillusione e voglia di continuare a crederci: i Ministri ci raccontano il loro nuovo album

    I Ministri sono tornati e lo hanno fatto a modo loro. Il 19 settembre è uscito Aurora Popolare, album che segna il ritorno dopo 3 anni di una delle band più rappresentative del rock italiano. “Non avevamo riferimenti, è un disco in cui abbiamo ascoltato tanto noi stessi e che ci rappresenta molto” racconta il chitarrista Federico Dragogna ai microfoni di Radio Popolare. Giunto all’ottavo album, il trio rock continua dritto per la sua strada raccontando il presente con la rabbia e lo sguardo affilato che da sempre lo caratterizza. Dal concept del disco alle sue influenze, fino al ruolo di band nel confronto con le nuove generazioni: ascolta il mini live e l’intervista di Dario Grande ai Ministri.

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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