Approfondimenti

A Bergamo, un anno dopo. E ancora non si respira

bergamo

di Luca Parena

Nella prima giornata di ricordo per le vittime del Covid, a Bergamo ci si interroga su che cosa significhi ricordare qualcosa che ancora non è finito. È trascorso un anno, ma per chi abita a due passi dal cimitero monumentale quei camion dell’Esercito incolonnati e carichi di salme sono ancora lì fuori dalla finestra. Chiunque s’incontri per strada, per il Covid ha perso un familiare o un amico, magari ha vissuto pure la malattia sulla sua pelle.

Qualcuno dice che più delle commemorazioni, conterebbe cambiare alla radice un modo di pensare, agire, vivere che da quella ondata di contagi è stato travolto, ma ora non intende lasciare posto a un nuovo paradigma.A guidarci lungo questi pensieri e tra i vicoli di Bergamo Alta sono Kino e Franco, rispettivamente voce e chitarra della storica band musicale degli Arpioni. Nel 2020 dovevano festeggiare i 30 anni dalla nascita del gruppo. Avevano appena finito di registrare tre pezzi del nuovo album, quando il lockdown ha messo tutti progetti in quarantena. Hanno trovato la forza di reagire lanciando un crowdfunding e con la sponda dell’associazione Maite, il circolo Arci che Kino ha fondato nel 2010.

Passando da piazza Vecchia, dove campeggia l’enorme cuore tricolore ricamato da un’associazione padovana sempre per ricordare le vittime del Covid, arriviamo all’ex carcere di Sant’Agata. Il Maite ha in gestione i suoi spazi almeno fino alla fine di quest’anno. Dovrebbe farci attività sociali e culturali, ma questo è proprio il mondo che la pandemia sembra aver messo in ginocchio più di tutti gli altri.Eppure, prima ancora che le istituzioni si rendessero conto della gravità di quello che stava succedendo, un anno fa proprio dal Maite era scattata la scintilla della reazione al disastro. A raccontarci insieme a Kino la nascita della straordinaria esperienza del Supporto Unitario Popolare e Resiliente di Bergamo, o Super Bergamo, è Pietro, presidente dell’associazione culturale.

“Maite ha immediatamente reagito organizzando in tempi record un servizio di consegna spesa e farmaci per le persone chiuse in casa. La prima settimana c’era l’indicazione per le persone over 70 di restare in casa. Quindi il servizio era per loro, mentre noi potevamo muoverci. Avevamo un centralino con cinque-sei persone che a turno, sulla giornata, rispondevano alle chiamate e siamo arrivati a 260 volontarie e volontari che portavano a termine i compiti che il centralino assegnava sul territorio, non solo in città. Non credo nella mia vita di essermi mai impegnato così tanto, di aver avuto così tanto da fare come in quei giorni lì: 24 ore su 24, le consegne, capire, trovarsi, organizzare poi ragionare su come fare le cose. E per assurdo noi in quel momento lì avevamo da subito molta più consapevolezza delle istituzioni di quel che stava accadendo”. La prima reazione delle istituzioni e di Confindustria infatti era stata quella dell’hashtag #Bergamoisrunning. Dicevano che la malattia non fosse grave, che i contagi non fossero un problema: “Erano gli stessi giorni in cui noi iniziavamo a portare le spese – ricorda Pietro – dicevamo “Bergamo is running”…qua sta per accadere un disastro. C’è già. Lo capivamo dagli amici e le amiche che ci chiamavano dall’ospedale dicendo: “Fermatevi. Chiudete il Maite. Lo so che potete stare aperti, ma chiudetelo perché qua è un disastro. Le terapie intensive si stanno riempiendo”. Ognuno di loro, Franco, Kino e Pietro, ha immagini, sensazioni, emozioni legate a quei giorni di un anno fa, quando Bergamo era la città più colpita dal Covid in Europa e nel mondo.

“Questa sensazione di avere la morte che ti camminava vicino, ce l’avevi, la sentivi. Nella mia via le persone che hanno perso dei parenti avevano le bare dentro i garage perché non potevano portarle via” ricorda Franco. Kino ha ancora negli occhi e nella mente “un’atmosfera lugubre. Quel poco che si respirava in quei giorni era lugubre, quel poco che si sentiva era lugubre. Sentivi ambulanze nel silenzio, era tutto spettrale. Avevi una paura che a volte arrivava ad essere panico: ti immaginavi che questa cosa ce l’avevi a due passi e in certi casi temevi di averla anche in casa”.
Per Pietro “la preoccupazione era esponenziale. Leggevi di terapie intensive in ogni dove, gente spostata a Roma e in Germania. Chiunque avesse il Covid e venisse ricoverato non sapevi se tornava. Era proprio così”. Secondo Franco però quel che è successo non ha intaccato il produttivismo tipico di questa zona. Quel voler correre sempre senza fermarsi, nemmeno di fronte alla pandemia, è andato a sbattere ma non ha suggerito un cambio di direzione.

“Una certa Bergamo, quella del profitto, delle medie-grosse imprese, non si è mai fermata. L’idea è ancora quella e lo si vede nei progetti che ci sono per la città. Si fa tanto parlare di svolta verde, poi noi vediamo che i progetti sono sempre di cementificare e andare contro un’idea di città che interagisca con la natura e che respiri. Questa crisi che ci ha colpito nella respirazione, secondo me, ha anche una qualche forma di relazione psichica con questo. Lo so che è una cosa un po’ da matti, però effettivamente stiamo in un mondo che non respira”. Paradossalmente, chi vorrebbe di più cambiare le cose dinanzi a una politica che continua a riproporre gli stessi schemi è anche chi in questo momento è più frenato a mobilitarsi. Pietro ci racconta che le realtà che hanno fatto parte di Super Bergamo sono tutte in crisi economica e di senso. La cittadinanza attiva deve ripensarsi per non finire schiacciata dal peso di quel che è successo.

“Oggi a un anno di distanza, che abbiamo 500 morti al giorno e il piano vaccinale è un disastro totale, mi dico anche che dovevamo fare di più. Sono molto più incazzato ora che durante il primo lockdown. Mi chiedo che cosa deve succedere di più. Ma non lo dico a qualcun altro, lo dico a me. Ci mancano i nostri metodi classici: scendere in piazza, fare presidi, dobbiamo inventarci un nuovo modo. In questo momento siamo annichiliti dal non sapere come farlo. Perché abbiamo tutti una consapevolezza che non ci fa andare in piazza per proteggere e per proteggerci. Però cosa facciamo? Questi intanto sono lì e continuano a fare le stesse cose di prima, come se niente fosse”. Progettare il futuro è ancora estremamente difficile oggi, in particolar modo per chi nell’ultimo anno ha vissuto tragedie che la nostra generazione mai prima d’ora aveva affrontato. Chiediamo a Franco, Pietro e Kino come guardino in avanti, con quale spirito.

“Il 21 luglio di quest’anno compirò 60 anni: non ho un lavoro, avevo un gruppo e non possiamo suonare. Ho per fortuna due figli bellissimi e una compagna paziente che lavora. Quindi il mio domani è che cazzo farò di diverso da quello che ancora non ho fatto per poter migliorare la mia via. Mi considero ancora in piena corsa” è la dichiarazione di Franco. “Dobbiamo ripensarci come singoli, come associazioni, come categorie, lavoratori dello spettacolo, operatori culturali e sociali. Forse questa cosa, nello schifo che è e con un prezzo altissimo, è anche un’occasione per potersi ripensare e arrivare a dei cambi profondi” dice Pietro. “Non sono un ottimista per natura, sono un ottimista per attitudine. Cerco di farle andare le cose, in un verso o in un altro – ragiona Kino – Il fatto di non perdere l’approccio alla lotta, alla determinazione su ogni settore, lavorativo, umano, familiare, musicale, sono abbastanza convinto che aiuti. Quindi come la vedo? La vedo possibile. Non la vedo né bene né male. Possibile”.

Foto | Supporto Unitario Popolare e Resiliente di Bergamo

  • Autore articolo
    Redazione
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio lunedì 15/09 19:29

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 15-09-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve lunedì 15/09 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 15-09-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di lunedì 15/09/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 15-09-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di lunedì 15/09/2025 delle 19:48

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 15-09-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Esteri di lunedì 15/09/2025

    1) Israele prepara l’invasione di Gaza City. Centinaia di carri armati ammassati alle porte della città. Centinaia di migliaia di persone in fuga. In esteri la testimonianza dalla striscia: “questa volta è diverso, sentono che non torneranno più”. (Esperanza Santos, MSF) 2) Washigton conferma il suo sostegno a Tel Aviv, mentre i paesi arabi riuniti in Qatar condannano a parole, ma continuano a mancare azioni concrete. (Emanuele Valenti) 3)Spagna, il premier Sanchez chiede che Israele venga espulsa dalle gare sportive internazionali dopo che i manifestanti pro Palestina sono riusciti a bloccare la Vuelta. (Giulio Maria Piantadosi) 4) Elezioni in Siria rinviate a data da destinarsi. Il paese continua a fare i conti con instabilità regionali e divisioni interne. (Valeria Schroter, Francesco Petronella - ISPI) 5) Dopo 5 anni, Stati Uniti e Cina trovano un accordo su TikTok. La divisione americana della piattaforma sarà statunitense. (Marco Schiaffino) 6) Serie Tv. Agli Emmy Awards Adolescence domina, ma sono Gaza e la Politica a rubare la scena. (Alice Cucchetti)

    Esteri - 15-09-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte di lunedì 15/09 18:34

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 15-09-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di lunedì 15/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 15-09-2025

  • PlayStop

    Non si può vivere senza farsi spezzare il cuore: Jehnny Beth racconta il suo nuovo album

    “Siamo ancora molto primordiali con le nostre emozioni, e l’amore è spesso connesso alla violenza”, racconta Jehnny Beth ai microfoni di Radio Popolare. È questo il tema centrale di You Heartbreaker You, il nuovo disco dell’ex cantante dei Savages: canzoni d’amore tese tra grida e sussurri, parole che si rompono, suoni noise e industrial. “Viviamo tempi bui” ma se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo “imparare a respirare con una costola rotta”. L'intervista di Dario Grande.

    Volume - 15-09-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di lunedì 15/09/2025

    HeyMan! il primo festival per ripensare il maschile arriva a Milano, per avere un luogo fisico dove ripensare la mascolinità e cosa significa essere uomini oggi. Ce lo racconta Francesco Ferreri (@antropoche) di MicaMacho. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 15-09-2025

  • PlayStop

    Volume di lunedì 15/09/2025

    Dopo uno slalom tra le novità musicali della settimana, approfondiamo il disco della settimana Essex Honey di Blood Orange, con Niccolò Vecchia che ce lo racconta in studio. Proseguiamo con l'intervista di Dario Grande a Jehnny Beth, ex cantante dei Savages, in occasione del nuovo disco appena uscito, You Heratbreaker You. Nella seconda parte l'intervento di Marta Fantin di TicketOne, intervistata da Elisa Graci in merito alle discusse modalità di vendita dei biglietti dei Radiohead. Concludiamo con l'intervento telefonico di Nur Al Habash, una delle organizzatrici di Nessun Dorma, che ci racconta il concerto di raccolta fondi per la Palestina tenutosi ieri a Roma.

    Volume - 15-09-2025

  • PlayStop

    “L'abbiamo vista arrivare”. La tecnica dell’odio secondo chi la studia da anni

    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

    Clip - 15-09-2025

  • PlayStop

    Le dita mozzate: un “very cold case” preistorico che indaga la sottomissione femminile

    Edizioni le Assassine pubblica e continuerà a pubblicare letteratura gialla nei suoi molteplici sottogeneri, proponendo e riscoprendo autrici del presente e del passato. L'obiettivo è quello di mettere in luce la capacità dello sguardo femminile di descrivere, decifrare e interpretare vari contesti sociali, senza mai sacrificare la suspense che è tipica di questo genere. Con gli stessi obiettivi, nasce ora la nuova collana Sisters, che apre a voci inedite in grado di creare storie appassionanti e memorabili, portando il lettore su sentieri narrativi inaspettati. Il primo titolo di Sisters è "Le dita mozzate" di Hannelore Cayre, un noir atipico in cui il nostro passato remoto diventa lo sfondo perfetto per indagare la nascita della sottomissione femminile e le sue origini, ambientato nella preistoria ispirandosi alla scoperta, avvenuta in Francia esattamente quarant'anni fa, della famosa Grotta Chauvet, con le sue pareti ricoperte di misteriose impronte di mani femminili mutilate. Ne ha parlato a Cult la traduttrice Simonetta Badioli.

    Clip - 15-09-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di lunedì 15/09/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 15-09-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di lunedì 15/09/2025

    Prima puntata di Considera l'armadillo, noi e altri animali. In studio @Rosario Balestrieri, ornitologo della @Stazione Zoologica Anton Dohrn. Si è parlato di voci di uccelli estinti, di rondini, storni, bianconi e delle loro migrazioni. In studio Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 15-09-2025

Adesso in diretta