
L’assenza di Putin e Zelenski ad Ankara non è sinonimo di fallimento. Al contrario. Perché storicamente il raggiungimento di un accordo di pace è frutto di una lunga e durissima trattativa che viene portata avanti da esperti militari, politici e diplomatici che conoscono bene i dossier sul tavolo.
Da questo punto di vista Mosca e Kiev hanno inviato in Turchia due delegazioni di altissimo livello.
Quella russa è guidata dal consigliere e uomo di fiducia di Putin, Vladimir Medinsky, mentre quella ucraina è guidata dal braccio destro di Zelesnky, Andriy Yermak. Sui tavoli c’è una vasta gamma di questioni controverse, sono centinaia ma ne citiamo le principali: i termini del cessate il fuoco, i territori contesi, la neutralità militare, le sanzioni.
Vediamo le posizioni: la Russia probabilmente insisterà per una soluzione globale. Una richiesta centrale di Mosca è che l’Ucraina rinunci formalmente a qualsiasi ambizione di aderire alla NATO e adotti una neutralità formale. Le sanzioni saranno un tema centrale,
Neutralità e sanzioni chiamano direttamente in causa i paesi dell’Alleanza Atlantica e l’UE.
Dal punto di vista di Kiev, l’obiettivo principale è garantire un cessate il fuoco immediato e senza condizioni di trenta giorni e senza prendere impegni scritti con la Russia. Inoltre vuole evitare qualsiasi accordo che possa legittimare le rivendicazioni territoriali della Russia. Infine l’Ucraina ha anche richieste umanitarie sul tavolo, tra cui “il pieno ritorno dei prigionieri di guerra, dei bambini rapiti e dei detenuti civili”.
Sulla carta le due posizioni sono inconciliabili e spetta ai mediatori turchi e statunitensi tentare di avvicinarle. Sembra una missione quasi impossibile. Ma finalmente russi e ucraina si parlano dopo tre anni di rottura totale. È già qualcosa.