Approfondimenti

Il secondo giorno di riunioni tra Xi Jinping e Putin, la manifestazione per ricordare le vittime delle mafie e le altre notizie della giornata

Settantamila in piazza a Milano per ricordare le vittime della mafia

Il racconto della giornata di martedì 21 marzo 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. La guerra in Ucraina è stata al centro del secondo incontro tra Xi Jinping e Putin. Il presidente Cinese ha nuovamente espresso la sua neutralità nel conflitto e la sua disponibilità a fare da mediatore per riaprire il dialogo tra Kiev e Mosca. In Senato, Giorgia Meloni ha ribadito il suo appoggio all’Ucraina. La Presidente del Consiglio ha anche rivendicato le scelte del governo su Cutro e ambiente, accusando l’opposizione di danneggiare l’Italia con le sue critiche. Questa mattina, settantamila persone sono scese in piazza a Milano per ricordare le vittime innocenti di mafia. È morto a 92 anni il regista Francesco Maselli.

Xi Jinping incontra Putin per il secondo giorno consecutivo


Xi Jinping e Vladimir Putin si sono incontrati per la seconda volta oggi, dopo il colloquio informale di ieri. L’accoglienza di al Cremlino è stata imponente: Nel grande salone del palazzo Xi ha attraversato un lungo tappeto rosso, e prima di chiudersi a dialogo con Vladimir Putin sono stati suonati i rispettivi inni nazionali. Una manifestazione di amicizia e rispetto reciproco che è poi stato nuovamente espresso dai due leader. Xi e Putin hanno firmato una serie di accordi commerciali che vanno dalla Finanza all’energia e che puntano a sviluppare le loro relazioni economiche fino al 2030. Anche la guerra in Ucraina è ovviamente stata al centro dell’incontro. Xi Jinping ha nuovamente espresso la neutralità cinese nel conflitto e la sua disponibilità a fare da mediatore per riaprire il dialogo tra Kiev e Mosca. Secondo Putin il piano di posizionamento cinese, potrebbe fungere da base per eventuali accordi con l’Ucraina, ma solo quando l’occidente sarà pronto – ha specificato.
Su questo, nonostante Washington abbia più volte detto di non fidarsi della Cina, il presidente ucraino Zelensky ha detto oggi di aver “invitato” la Cina al dialogo e di “aspettare una risposta”. “Abbiamo offerto alla Cina di diventare un partner nell’attuazione della formula di pace” ha detto Zelensky.
Per cercare di capire come i due leader escono da questi bilaterali abbiamo chiesto un commento a due esperte. Il primo è di Francesca Spigarelli, docente universitaria e direttrice del China Center dell’università di Macerata.

 

Per un bilancio invece su Vladimir Putin sentiamo Mara Morini, professoressa di relazioni internazionali esperta di Russia.

 

Intanto è scoppiato anche un caso legato ad una dichiarazione arrivata dal Regno Unito.
Londra ha fatto sapere che intente fornire all’Ucraina anche munizioni anticarro perforanti ad alto potenziale contenenti uranio impoverito. Notizia che è stata ripresa e condannata dallo stesso putin, che ha detto che se questo avvenisse, la Russia sarebbe costretta a reagire.
Il ministro della difesa russo Shoigu, ha detto che dopo le dichiarazioni della Gran Bretagna, lo scontro nucleare è “a pochi passi”.
L’uranio impoverito, già usato dalla Nato in Kosovo, in Iraq, Afghanistan e Somalia, ha anche effetti radioattivi ma non è mai stato messo al bando dai trattati internazionali.

Giorgia Meloni prova a difendere le scelte del governo

(di Anna Bredice)
“Sono una madre”. Questo per Giorgia Meloni dovrebbe spiegare e assolvere l’intero governo da ogni responsabilità nella strage di Cutro. È l’altra versione, molto più gettonata, rispetto a quella utilizzata mentre lontana migliaia di chilometri dalla spiaggia del naufragio chiedeva ai giornalisti di guardarla negli occhi e dire se veramente non si voleva salvare quelle persone. Al Senato, alla citazione di Pasolini fatta da una senatrice del Pd, “tutti sappiano ma non abbiamo ancora le prove”, Meloni ha affermato di essere una madre e questo chiuderebbe per lei ogni discorso su quello che ancora non si sa sul naufragio. I temi di oggi sono quelli pesanti che hanno attraversato i primi mesi del suo governo: Guerra, Ucraina e transizione energetica, tutti affrontati con piglio rivendicativo, accusando gli altri, come spesso usa fare, di non capirla e di sbagliare. Più che dire cosa farà il suo governo e cosa ha fatto, Giorgia Meloni si è inserita nelle contraddizioni degli altri, delle opposizioni e dell’Europa. Ha preso di mira Giuseppe Conte, più che la nuova segretaria del Pd Schlein, con la quale forse ancora sta prendendo le misure, si è scagliato Conte, con un colpo ad effetto accusandolo di essere andato da Merkel a scusarsi per i Cinque stelle e ad assicurare di fare quello che l’Europa chiedeva. Ma oggi Giorgia Meloni si è anche fatta forte degli accordi europei per portare avanti la sua linea sull’immigrazione. I concetti sono quelli espressi già altre volte, non ci sono novità. Sull’Ucraina da destra rivendica la scelta di aumentare la spesa per le armi, e lascia però scontenta la Lega che vorrebbe tanto non mandare più armi e invece non può.

Under 30, l’opposizione che non si vede

(di Alessandro Gilioli)

A sei mesi dalle elezioni vinte dalla destra, c’è una fascia demografica e sociale a cui il governo Meloni non è mai piaciuto e piace ogni settimana di meno: è quella dei giovani under 30 laureati.

La grande maggioranza di questa fascia si sente infatti molto lontana da questa maggioranza soprattutto su due argomenti: i diritti civili (come matrimonio gay, emancipazione dal patriarcato, fluidità di genere, eutanasia) e l‘ambiente, il clima, il pianeta.

Per paradosso, pur essendo al secondo posto nella storia repubblicana tra i premier più giovani, ai giovani Meloni appare portatrice di una cultura vecchia, di un’ideologia vecchia, proibizionista e arretrata sui diritti civili, novecentesca e industrialista sul clima. [CONTINUA A LEGGRE]

Settantamila in piazza a Milano per ricordare le vittime della mafia

(di Luca Parena)
1069 nomi pronunciati uno per uno. L’importanza di ricordare le vittime delle mafie. Tutte, anche quelle di cui non si è mai avuta notizia. Bisogna lottare “contro il pericolo della normalizzazione” ha detto dal palco di piazza Duomo il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, battendo i pugni sul microfono. “La peste mafiosa non è uno dei tanti problemi, va contrastata alla radice, una radice culturale, educativa”: è stato uno dei passaggi in cui l’ascolto concentrato delle sue parole si è animato di un applauso, così come quando ha ricordato le stragi di migranti nel Mediterraneo, “la coscienza sporca dell’Occidente”. Gli schermi della piazza hanno mostrato i nomi conosciuti dei bambini morti poche settimane fa a Cutro.

“È possibile” diceva lo slogan colorato sullo striscione in testa al corteo. Dietro ai familiari delle vittime, c’erano decine di migliaia di persone, 50 mila secondo gli organizzatori. Sindaci con i gonfaloni dei Comuni, associazioni, sindacati, centinaia di classi e scuole, tantissime e tantissimi giovani arrivati anche da lontano. Le bandiere di Libera erano ovunque, così come i disegni, i cartelloni, i messaggi. Uno diceva “La mafia uccide. Il silenzio pure”. Nessuno nel corteo di questa ventottesima Giornata per la memoria e l’impegno contro le mafie è rimasto in silenzio.

Addio a Citto Maselli

(di Barbara Sorrentini)
Francesco Maselli era nato a Roma nel 1930. Ha iniziato la sua attività politica durante l’occupazione tedesca, coordinando gli studenti delle scuole medie. Poco dopo, giovanissimo, iniziò la militanza nel P.C.I. realizzando i primi cortometraggi. Nel 1948 incontra Michelangelo Antonioni, con cui collaborerà per molto tempo. Importante l’incontro con Italo Calvino a cui dedicherà un documentario. Tra i suoi maestri c’è anche Luchino Visconti e importante l’incontro con Anna Magnani. Tanti dei suoi film sono passati dai festival più rilevanti e altrettanti i riconoscimenti ricevuti. Tra i titoli più famosi: “Gli indifferenti”, “Il sospetto”, “Storia d’amore”, che rese celebre Valeria Golino. Citto era apprezzato per i documentari a sfondo politico e sociale, per questo costituì la Fondazione Cinema con l’importante manifesto per il Cinema del Presente nato nel 2001, in occasione del G8 di Genova. I registi sia noti che esordienti giravano per le strade di Genova e le loro immagini hanno documentato chiaramente le cariche e i pestaggi della Polizia sui manifestanti. Tra gli ultimi premi ricevuti c’è quello alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2021, da parte di critici e giornalisti italiani e stranieri per l’eccellenza della sua opera. Non girava film già da un po’ di tempo, ma ha continuato la sua militanza nel partito quasi fino alla fine, compresa la sua lettera alla sinistra scritta alla fine del 2022.

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    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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    In diretta dall'Ucraina Sabato Angieri ci racconta delle profonde differenze che ormai segnano il paese tra territori in guerra e retrovie, di chi non vuole andarsene nonostante la guerra abbia distrutto spazi e vite e di come il fronte insista da due anni sugli stessi campi. Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova ed ex-diplomatico analizza lo scontro verbale tra Russia e Nato e invoca il ritorno della ragione per evitare una escalation dei fatti. Emanuele Valenti ci aggiorna sull'entrata dei carri armati a Gaza City dopo giorni di bombardamenti mirati a distruggere tutti i palazzi principali della città per forzare la popolazione ad andarsene. Ma la popolazione non ha nessun posto dove andare. E anche chi avrebbe un visto di studio in Italia non riesce a uscire dall'inferno della Striscia lo raccontano le voci di alcuni degli studenti palestinesi che hanno vinto una borsa di studio nelle università italiane. Molti di loro hanno diffuso appelli sui social per chiedere di fare pressione sulle autorità italiane affinché organizzino la loro evacuazione immediata. Sentiamo le loro voci e ci spiega come stanno, chi sono e perché non si riesce ad aprire un corridoio umanitario per loro Stefano Simonetta, Prorettore ai Servizi agli Studenti e al Diritto allo Studio della Università Statale di Milano.

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