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Gli Stati Uniti tornano a Cuba

Correva l’anno 1928 quando il Presidente degli Stati Uniti Calvin Coolidge sbarcò all’Avana per fare visita a un Paese che era stato, e che in parte era ancora a quei tempi, un “protettorato” di Washington. Poi mai più nessun altro inquilino della Casa Bianca si degnò di visitare quel lembo di terra a soli 150 chilometri dalle coste della Florida.

Sarà ora Barack Obama a recarsi a Cuba nel viaggio con il più alto valore simbolico della sua intera presidenza. Obama renderà visibile mediaticamente il suo più grande successo in politica estera, il fianco dolente della sua amministrazione. Sarà per i posteri il Presidente che non ha mantenuto gli impegni su Guantanamo, che non ha “pacificato” né l’Iraq né l’Afganistan, ma che è riuscito a concludere un accordo con l’Iran e a chiudere una delle pagine più disastrose della diplomazia di Washington: la vicenda cubana, il nemico nel “cortile di casa”.

La politica degli USA nei confronti di Cuba è stata un fallimento dall’inizio alla fine, con l’unica eccezione della riuscita negoziale per il ritiro dei missili nucleari sovietici dall’isola nel 1962. La politica di isolamento e di boicottaggio della rivoluzione, accompagnata dai tentativi di invasione armata e dallo stillicidio di attentati contro la persona di Fidel Castro, ha rappresentato, visti i risultati, una sconfitta per ben dieci presidenti . L’embargo economico e scientifico – unilaterale e condannato dalle Nazioni Unite – fu la ciliegina sulla torta nel tentativo di fare affogare un piccolo Paese accerchiato da nazioni ostili. Anche su questo fronte gli Stati Uniti hanno fallito: un po’ grazie all’Unione Sovietica, che sosteneva economicamente l’Avana, ma soprattutto per l’ostinazione della maggioranza dei cubani nel tenersi quel governo che non ha mai avuto una seria opposizione interna, anche perché i dissidenti contavano di più in Florida che a Cuba.

Per Barack Obama la situazione è comunque delicata e dovrà visitare l’sola in punta di piedi. Questo perché i rapporti con Cuba non sono stati ancora normalizzati del tutto, l’embargo è ancora formalmente in vigore, e perché sarà ricevuto da Raul Castro. Un cognome ancora pesante per l’inquilino della Casa Bianca, soprattutto se si pensa che Fidel è ancora vivo e non è detto che non voglia salutare il primo presidente nero degli Stati Uniti.

Ma aldilà degli interessi economici da parte dei gruppi a stelle e strisce interessati ad entrare nel mercato cubano, la Casa Bianca ritiene che Cuba possa diventare in futuro un fattore di stabilizzazione per il continente americano. Un alleato prezioso insomma. Cuba ha avuto e mantenuto nel tempo, da quando era colonia spagnola, una centralità politica e culturale nell’area caraibica, allargata all’intero continente dopo la vittoria della rivoluzione. Un Paese ancora influente, come ha dimostrato portando a termine la mediazione tra Stato e guerriglia colombiana che per tre anni hanno lavorato all’Avana per raggiungere un accordo che sarà firmato a breve a Bogotá. Un Paese al centro delle attenzioni del Vaticano, perché rimasto fondamentalmente cattolico in un continente passato in buona parte alle religioni evangeliste e pentecostali.

Cuba è anche il crocevia degli investimenti di Paesi che altrove sono in feroce competizione. Sull’isola stanno arrivando capitali brasiliani, cinesi, europei e prestissimo statunitensi. Qualcuno immagina l’isola come un futuro hub per diplomazia e affari. Saranno questi i temi del viaggio di Obama, oltre alla retorica che verrà usata – anche per coprire il fronte interno, durante gli incontri con esponenti dell’opposizione interna.

Negli anni ’60, nelle giornate più calde dello scontro tra Est e Ovest, nessuno avrebbe mai immaginato nemmeno alla lontana che un giorno Cuba e Stati Uniti avrebbero risolto le loro differenze senza che in nessuno dei due Paesi fosse cambiato sistema politico. Anzi, mai nessuno avrebbe azzardato che un presidente statunitense sarebbe volato all’Avana per stringere la mano di un Castro.

La visita storica di Barack Obama a Cuba è una delle sorprese che ci sta regalando il XXI secolo, dove conta poco la storia recente e i dissidi del passato rispetto ai nuovi equilibri regionali e mondiali che si stanno determinando con la globalizzazione.

 

Alfredo Somoza è direttore di Dialoghi.info

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    Alfredo Somoza
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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