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L’antisemita che si scoprì ebreo

Si chiama Csanád Szegedi e fino al 2012 è stato fra i dirigenti del partito ungherese di estrema destra Jobbik da cui è uscito proprio quattro anni fa dopo aver rivelato le sue origini ebraiche. La storia di Szegedi è particolare: nato nel 1982 a Miskolc, città dell’Ungheria nord-orientale da padre scultore del legno e madre ingegnere, si è laureato all’Università Károly Gáspár della Chiesa riformata ungherese.

Il suo attaccamento ai valori nazionali l’ha portato a organizzare fra il 1999 e il 2010 dei viaggi in Transilvania, regione che un tempo apparteneva al suo Paese natale. A lungo si è distinto in negativo per commenti antisemiti, finché non ha conosciuto la storia della sua famiglia da parte di madre: da allora ha lasciato il partito in cui ha militato a lungo e ha cambiato vita.

Szegedi è divenuto membro di Jobbik nel 2003, nel 2006 è stato eletto vicepresidente di questa forza politica e l’anno dopo si è segnalato fra i membri fondatori della Guardia ungherese, successivamente dichiarata fuorilegge da una sentenza del tribunale di Budapest per una serie di marce effettuate a scopo intimidatorio in località densamente abitate da comunità Rom. Nel 2009 è divenuto eurodeputato.

Una carriera brillante la sua, all’interno di quello che nel 2014, dopo le elezioni europee, è apparso essere il più forte partito europeo di estrema destra. Szegedi è stato molto attivo nel propagandare i valori di un’Ungheria desiderosa di riscatto per aver vissuto a lungo sotto il tallone di potenze straniere come gli Asburgo e l’Unione Sovietica, e poi subire le ingerenze di Bruxelles.

Nel giugno del 2012 Szegedi ha rivelato di aver appreso poco tempo prima che i nonni materni erano ebrei e che avevano vissuto l’esperienza dei campi di concentramento. Si è rivolto al rabbino Slomó Köves del movimento Lubavitch per chiedere aiuto. In seguito gli avrebbe chiesto anche scusa per le sue precedenti esternazioni antisemite. Da lì l’inizio di una vita nuova nella quale ha assunto il nome David, ha cominciato a usare la kippah, si è messo a studiare l’ebraico, si è fatto circoncidere e ha visitato Israele.

Alle rivelazioni pubbliche di Szegedi hanno fatto seguito le sue dimissioni da tutte le posizioni che ricopriva nel partito e la dichiarazione di voler comunque continuare a essere membro del parlamento europeo. Di fatto, secondo gli organi di informazione, Szegedi avrebbe saputo delle sue vere origini almeno due anni prima di averle rese note e offerto del denaro perché la stampa non le rivelasse. Questo particolare ha spinto il vicepresidente di Jobbik, Előd Novák, a chiedere le piene dimissioni di Szegedi dal partito per quella che ha definito “una spirale di bugie” che il protagonista di questa storia avrebbe detto a lungo e per essersi comportato da corruttore.

Questa vicenda si inserisce nella storia di un Paese che, secondo diversi studiosi, non ha ancora elaborato appieno la tragedia vissuta dagli ebrei ungheresi durante la Seconda guerra mondiale. Oltre 57omila, quelli uccisi nell’Olocausto. Oggi la comunità ebraica d’Ungheria conta circa centomila persone. Gli esponenti delle sue principali associazioni sostengono di assistere nel Paese a un rafforzamento dei sentimenti antisemiti.

 

Massimo Congiu è direttore dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo, un’agenzia che si propone di monitorare il mondo del lavoro e degli affari sociali in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

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    Massimo Congiu
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    Il gruppo editoriale Gedi è in vendita: John Elkann se ne vuole disfare e la trattativa con l’armatore ed editore greco Theodore Kyriakou è ben avviata. Il gruppo Gedi include Repubblica e La Stampa (rispettivamente il secondo e terzo tra i più venduti quotidiani generalisti in Italia), il sito di news HuffPost e le radio Deejay, Capital e m2o. Le redazioni sono in mobilitazione, ci sono già stati degli scioperi: i timori per l’occupazione dei lavoratori e per l’autonomia e la libertà editoriale delle testate. Una questione che, peraltro, va anche oltre il destino di Gedi e si allarga al panorama dell’informazione in Italia. Nella trasmissione Tutto scorre, Luigi Ambrosio ha ospitato Zita Dazzi, giornalista di Repubblica, rappresentante del comitato di redazione.

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    Donald Trump e la svolta conservatrice della democrazia USA. A cura di Roberto Festa e Fabrizio Tonello.

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