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1960, l’anno delle indipendenze africane: Congo

Les Bantous Congo

Brazzaville e Kinshasa, l’ex Leopoldville, sono le due capitali più vicine del mondo, separate solo dal fiume Congo: Brazzaville capitale della Repubblica del Congo, Kinshasa capitale della Repubblica Democratica del Congo. Ma il loro peso nelle vicende della musica africana è stato ben diverso: da Leopoldville/Kinshasa nella seconda metà del Novecento si è irradiato il filone di musica africana moderna – la rumba congolese – in assoluto più influente, ascoltato, ballato del Continente. Decisamente più modesto, il ruolo di Brazzaville non è stato però privo di gloria.

A Brazzaville – allora Congo francese – delle formazioni di musica moderna esistono già negli anni quaranta; nel ’54 nasce poi una formazione che si chiama Négro Jazz: ma dall’altra parte del fiume, a Leopoldville – Congo belga – la situazione in termini di studi di registrazione e di etichette discografiche è già negli anni cinquanta molto migliore. Così i giovani di Négro Jazz vanno a cercare fortuna sull’altra sponda del fiume Congo: una volta a Leopoldville, Négro Jazz si disperde. Uno dei musicisti della formazione, il cantante Edo Nganga, si ritrova nel ’56 a partecipare alle origini di Ok Jazz, l’epocale formazione con cui Franco dominerà la scena congolese e giganteggerà per tre decenni nel continente.

Ma alla fine degli anni cinquanta nel Congo Belga la spinta verso l’indipendenza cresce e a Leopoldville la situazione si agita. Così nel ’59 Edo Nganga e altri musicisti originari del Congo francese rientrano a Brazzaville: in mente hanno anche di dare vita nella loro città ad una nuova formazione.

Come nome scelgono Les Bantous de la Capitale, ed esordiscono in un bar alla moda di Brazzaville il 15 agosto del ’59: esattamente un anno dopo, a ruota del Congo Belga che diventa indipendente il 30 giugno del ’60, il Congo francese il giorno di ferragosto diventa la Repubblica del Congo.

Sono Les Bantous de la Capitale a dare al Congo Brazzaville degli anni dopo l’indipendenza la sua tonalità musicale. Les Bantous saranno inviati a rappresentare il loro paese in alcune delle occasioni emblematiche dell’Africa dell’era delle indipendenze: il Festival Mondiale delle Arti Negre di Dakar nel ’66, il Festival Panafricano di Algeri nel ’69, il Festac di Lagos nel ’77. Ma saranno largamente apprezzati anche fuori dal loro paese non solo per questa funzione di ambasciatori ma per la qualità della loro musica, influenzata, come la rumba di Kinshasa, dalla musica afrocubana.

Raccontando la realtà e la quotidianità, attraversando i problemi e i drammi del loro paese, Les Bantous sono arrivati fino ai giorni nostri: Edo Nganga, ultimo sopravvissuto della formazione originaria, che si è esibito con Les Bantous ancora nell’ultimo decennio, ha fatto in tempo nel 2019 a festeggiare i sessant’anni del complesso che aveva fondato, prima di mancare nel giugno dell’anno scorso, a Brazzaville, a 86 anni. Due mesi prima di morire aveva cantante per una canzone destinata a sensibilizzare alle precauzioni contro il Covid.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Oggi, 30 aprile, apre al pubblico il Museo Giancarlo Vitali, in via Manzoni 50 a Bellano. La collezione di un centinaio di dipinti è allestita in un grande spazio che mette in connessione tre ambienti: il Circolo che, negli scorsi sei anni ha ospitato tredici mostre di arte contemporanea ideate e prodotte da ArchiViVitali, l’archivio di Giancarlo Vitali e un fondo commerciale interamente ristrutturato. Le interviste, di Tiziana Ricci, a Chiara Gatti (direttrice artistica del museo) e ai due architetti che hanno firmato il progetto, Oliviero e Rocco Vitali.

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