Approfondimenti

Il petrolio si è ingoiato la libertà di stampa

Arzu Geybulla è una giornalista azera che non può più tornare nel suo Paese. Dal 2014 vive in esilio volontario in Turchia, dove scrive per varie testate fra cui Al Jazeera, Open Democracy, Radio Liberty, Osservatorio Balcani e Caucaso e Radio Free Europe. Sempre nel 2014, la BBC l’ha inclusa fra le cento donne più influenti del mondo. L’abbiamo intervistata in occasione del Festival dei Diritti Umani in corso a Milano, di cui è ospite.

“Me ne sono andata per la prima volta nel 2001 per studiare all’università in Turchia, poi sono tornata in Azerbaijan per lavoro, successivamente sono tornata a Istanbul, continuando però a viaggiare in a Azerbaijan e a scriverne come giornalista.

Dal 2014 non posso più tornare in Azerbaijan perché sono stata oggetto di una grande campagna diffamatoria da parte delle autorità azere. Scrivevo della mancanza di libertà di stampa nel mio Paese, tenevo conferenze in giro per il mondo, anche nelle università. Allo stesso tempo a Istanbul collaboravo con una rivista turco-armena e le autorità azere hanno usato proprio questo pretesto per attaccarmi.

I media di stato e quelli vicini al governo mi hanno accusato di tradimento, mi hanno etichettata come ‘traditrice’. Questa campagna diffamatoria ha avuto subito effetto. Ho ricevuto minacce di morte, sono stata insultata, sia a voce sia sui social media. Ero scioccata dal fatto che un sacco di persone che nemmeno mi conoscevano, credessero così facilmente alle accuse delle autorità e scrivessero cose così orribili sui social media.

Così dal 2014 ho deciso di non tornare più in Azerbaijan, non tanto per la paura di essere arrestata, ma per la paura che le autorità non mi avrebbero poi più permesso di ritornare in Turchia, o di lasciare il Paese.

Poi nel 2016, quando pensavo che le acque si stessero calmando, la magistratura nel mio Paese ha avviato un’inchiesta penale contro una testata giornalistica online con cui io collaboravo, scrivendo articoli in inglese. E’ stata resa nota una lista di una quindicina di giornalisti sotto inchiesta e c’era anche il mio nome.

Questa è stata la conferma che non sarei tornata a casa per un bel po’. Così sto vivendo in una sorta di esilio auto-imposto a Istanbul”.

 Qual è la situazione dei giornalisti che sono rimasti a lavorare in Azerbaijan?

“E’ molto difficile: un sacco di giornalisti che sono lì sono soggetti ad intimidazioni e abusi. Solo ieri il manager di una tv online è stato condannato a 30 giorni di detenzione amministrativa con l’accusa di aver resistito alla polizia. Ma secondo il suo avvocato, il motivo del suo arresto era che lui assomiglia a un’altra persona ricercata con cui lui non ha nessuna connessione. Malgrado questo è stato condannato.

Alcuni giorni fa tutte le testate indipendenti che rimangono in Azerbaijan sono state portate in tribunale con l’accusa di incitare proteste, di fare propaganda religiosa. E stiamo parlando di 5-6 testate che erano rimaste indipendenti.

Il governo sta sempre più raffinando la sua strategia. Prima perseguitava i singoli giornalisti con accuse strumentali, come l’evasione fiscale o l’abuso di potere, o cercava di chiudere le testate scomode. Adesso sta emendando alcune leggi e usa queste modifiche contro i giornalisti e i giornali”.

 Il fatto che l’Azerbaijan sia un Paese ricco di petrolio, che impatto ha sulla libertà di stampa e di espressione?

“Il petrolio ha inghiottito la libertà di stampa in Azerbaijan. Il mio Paese ha vaste risorse energetiche ma il governo le usa non a beneficio della popolazione: le usa per suo proprio profitto. C’è un’enorme corruzione nel Paese, e questo porta al fatto che se non hai soldi o non sei vicino al governo non puoi fare molto e non puoi neppure criticare.

Penso che davvero il petrolio abbia danneggiato la libertà di espressione e soppresso tutto quello che avrebbe potuto fiorire in termini di libertà di stampa in Azerbaijan, comprese le sacche di libertà che resistevano nel mio Paese.”

  • Autore articolo
    Michela Sechi
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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