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Xinjiang, i documenti segreti che scoprono la verità

uiguri

La più giovane è Rahile Omer. Aveva 15 anni quando è stata arrestata. La più anziana, Anihan Hamit, 73 anni.
Sono due nomi, tra tanti altri, a cui ora si può dare un volto. Due, in mezzo a migliaia e migliaia di cinesi di etnia uighura, detenuti in quelle che per il governo cinese sono semplici scuole. Ora, però, una serie di documenti, fotografie e dati su questi “centri di rieducazione”, come vengono chiamati da Pechino, sono stati hackerati dai computer della polizia della regione dello Xinjiang, e consegnate ad alcune tra le più serie e importanti redazioni internazionali, dalla BBC a Le Monde, che li hanno verificati, analizzati e – oggi- pubblicati. Sono gli Xinjiang Police Files. Comprendono discorsi top secret di ufficiali, manuali interni, dettagli sulla detenzione di più di 20mila Uighuri e fotografie.

In alcune delle foto segnaletiche delle persone detenute, a margine, sui lati, si intravedono agenti di polizia armati di manganello, anche se Pechino ha sempre negato che sui cosiddetti “studenti”, venisse usata la forza, sostenendo che tutti gli Uighuri entrano nei centri di rieducazione volontariamente.
Tra i file analizzati dalla Bbc, ci sono centinaia di esempi di persone arrestate per crimini commessi anni e anni prima. E con crimini, spesso, si intendono cose come: farsi crescere la barba, aver installato sul proprio cellulare app criptate, o per aver ascoltato “letture illegali”, qualunque cosa significhi. Un uomo, nel 2017 è stato arrestato e detenuto per 10 anni perché nel 2010 ha – per qualche giorno – studiato scritture islamiche con la propria nonna.
Altri sono stati puniti con fino a 10 anni di carcere per non aver usato abbastanza il proprio cellulare. L’indicazione “Il telefono ha finito il credito” è stata usata, in più di un centinaio di casi, come segno del fatto che le persone in questione cercavano di evadere la sorveglianza digitale.

Dai documenti, emerge anche una descrizione dettagliata non solo di come sono organizzati i campi di detenzione – dai quali poi qualcuno passa a prigioni vere e proprie – ma anche sulle tecniche utilizzate per controllare i detenuti. I campi sono circondati da torrette di controllo, dove giorno e notte ci sono cecchini di precisione che, insieme agli altri agenti di polizia, hanno l’ordine di sparare a vista se qualcuno cercasse di passare. Durante le lezioni, in cui si cerca di sradicare la cultura uighura, gli studenti sono sorvegliati a vista da agenti armati di fucile, manganello e manette.
Un controllo altrettanto capillare, però, viene fatto dal governo di Pechino sulle persone che ancora non sono state arrestate, ma che – secondo l’indagine condotta dalla Bbc – sono schedate, e inserite all’interno di un database di riconoscimento facciale che permette di avere un controllo totale sui loro movimenti e quelli delle persone con cui entrano in relazione.
Tutto questo viene giustificato dal governo di Pechino come un tentativo di eliminare e prevenire il terrorismo islamico. Il problema, però, è che ciò che Pechino considera terrorismo è così ampio, da riguardare un’intera popolazione. I documenti visionati dalla BBC riguardano soprattutto una regione nel sud dello Xinjiang, Shufu. Qui vivono sono quasi 23mila. Di questi, circa il 12% della popolazione adulta è stato detenuto in un campo o in una prigione tra il 2017 e il 2018. Se si applicano questi dati all’intero Xinjiang, significherebbe che più di 1,2 milioni di Uighuri sono detenuti nei campi cinesi. Più o meno la popolazione della città di Milano, per intenderci.
Gli Xinjiang police files sono gli ultimi di una serie di tanti altri che documentano in modo sempre più preciso una violazione dei diritti umani su vasta scala e una repressione etnica che sfiora i limiti del genocidio.

  • Autore articolo
    Martina Stefanoni
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    La resistenza nonviolenta in Palestina sotto attacco

    Dal 7 ottobre 2023, secondo i dati in possesso della Wafa la Palestinian News and Information Agency, i coloni hanno effettuato 7.154 attacchi in Cisgiordania, danneggiando 37.237 ulivi, ucciso 33 palestinesi in questi attacchi. Alcune comunità palestinesi come quella di Masafer Yatta vicino a Hebron sono sotto perenne minaccia e non riescono più a mandare i figli a scuola o coltivare i loro campi. In questi luoghi operano alcuni attivisti israeliani e occidentali della nonviolenza attiva e tra questi c’è Tex (soprannome), una ragazza italiana che è arrivata in Cisgiordania con l’Operazione Colomba, il progetto della Comunità Papa Giovanni XXIII che dal 1992 porta la nonviolenza in zone di guerra (iniziato in ex-Jugoslavia ha operato in America Latina, nel Caucaso e in Medio oriente, in Palestina è presenta dal 2002). Ci racconta di come la violenza sia enormemente aumentata e di storie esemplari come quella della famiglia Huraini o quella della Youth od Sumud formazione politica di base che si oppone al colonialismo israeliano, formata da contadini e attivisti che vivono in tende e case ricostruite presso villaggi minacciati dai coloni israeliani dal 2017 sulle colline a sud di Hebron. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Manovra piccola con scadenza elettorale

    Secondo l’economista Roberto Romano la manovra economica del ministro Giorgetti riporta fedelmente le richieste deflattive e di taglio della spesa pubblica dell’Europa, ma lo fa senza risorse e ambizione con tanti provvedimenti “bandiera” dall’impatto minimo, anche sulla spesa al riarmo gli annunci non corrispondono alle cifre. Il tutto per arrivare alle prossime elezioni con la spinta dei fondi del Pnrr senza i quali saremmo in recessione e non lasciando nulla per il futuro. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Pubblica di lunedì 20/10/2025

    Le forme della violenza maschile, dopo il femminicidio di Pamela Genini a Milano e l'omicidio in pieno centro a Palermo di Paolo Taormina. Con Assunta Sarlo, giornalista e saggista, tra le fondatrici del movimento femminista «Usciamo dal silenzio», l’analisi dei diversi “moventi” riconducibili a violenze maschili. Da un lato la cultura patriarcale, l’esercizio maschile del possesso e del dominio sui corpi delle donne che porta ai femminicidi. Dall’altro la violenza omicida praticata per l'affermazione di sé e per costruire un potere maschile dell'intimidazione. Pubblica ha ospitato anche Chiara Saraceno, sociologa della famiglia, sull’educazione sessuale e all'affettività che la destra in Italia vuole bandire dalle scuole elementari e medie e – alle superiori - condizionare ad una firma dei genitori.

    Pubblica - 20-10-2025

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