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World Music. Musica e musicisti tra le vittime di 15 mesi di guerra a Gaza

Ramzi Aburedwan Musica Gaza

Fra le vittime e i danni di oltre quindici mesi di guerra israeliana a Gaza ci sono anche i musicisti e la musica. Una delle istituzioni culturali e artistiche più importanti e prestigiose di Gaza prima del 7 ottobre era il Conservatorio Nazionale di Musica, che dal 2004 è intitolato al grande intellettuale palestinese Edward Said: il Conservatorio è stato istituito nel 1993 a Ramallah, in Cisgiordania, inizialmente come parte dell’università di Birzeit, e negli anni si è ramificato nei territori palestinesi, con sedi aperte a Gerusalemme, Betlemme e, nel 2012, a Gaza. Nonostante la situazione di Gaza, una prigione a cielo aperto, e gli attacchi israeliani alla Striscia del 2012 e del 2014, il Conservatorio si era dimostrato una realtà di grande vivacità.

Testimoniata per esempio già nel 2016 dall’album del Gaza Youth Choir, formazione composta da una trentina di adolescenti, per lo più femmine, allievi del Conservatorio, pubblicato dall’etichetta norvegese KKV: la registrazione degli strumenti di accompagnamento era stata effettuata a Ramallah, quella del coro e dei solisti a Gaza, con apparecchiature che la KKV era riuscita a far entrare a Gaza con grandi difficoltà, e anche il produttore e il tecnico del suono avevano dovuto richiedere più volte e aspettare per un anno le autorizzazioni israeliane. All’inizio dell’anno accademico 2023/24 gli studenti iscritti al Conservatorio di Gaza erano cento, e più di quattrocento altri partecipavano alle attività. Nell’ottobre 2023 tutti i corsi si sono interrotti.

La sede del Conservatorio è stata distrutta, all’interno di un’area rasa al suolo, e tutti gli strumenti sono andati persi. Fra mille difficoltà il Conservatorio ha cercato di continuare ad essere presente e ha organizzato attività nei campi, indirizzate soprattutto ai bambini: l’atroce drammaticità del contesto la dice il fatto che le lezioni di strumento sono state pensate per consentire anche ai bambini mutilati di partecipare. Un altro soggetto che si sforza di mantenere una presenza di didattica musicale a Gaza – una didattica che naturalmente date le circostanze ha innanzitutto lo scopo di aiutare i bambini a “distrarsi” almeno per qualche momento dalla tragedia che stanno vivendo – è Al Kamandjati, la scuola di musica fondata da Ramzi Aburedwan.

Nell’88, a nove anni, durante la prima intifada, Ramzi era stato ritratto da una foto diventata famosa, mentre lanciava un sasso contro i soldati israeliani; alcuni anni dopo, da adolescente, era stato invitato a delle lezioni gratuite di musica e gli era stato dato come strumento una viola: rivelato rapidamente il suo talento Ramzi ebbe l’opportunità di entrare al Conservatorio Nazionale di Musica palestinese, poi la possibilità di studiare la viola in un conservatorio francese, quindi di suonare con la West-Eastern Divan Orchestra fondata nel ’99 dal direttore d’orchestra argentino-israeliano Daniel Baremboim e da Edward Said e composta principalmente da musicisti mediorientali.

Residente in Francia, Aburedwan ha sentito in questi quindici mesi l’urgenza di fare qualcosa di concreto, e oltre a cercare di mantenere i rapporti con i musicisti della Striscia, è riuscito a trovare gli appoggi per accoglierne alcuni in diverse città francesi. Sottraendoli innanzitutto al destino a cui molti altri sono andati incontro: decine e decine di artisti censiti come musicisti di professione sono rimasti uccisi, oltre a tanti altri che suonavano pur non facendo musica di mestiere.

Foto dal profilo Facebook di Ramzi Aburedwan

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Nella tempesta dei dazi, i record di Pechino nelle esportazioni, con Gabriele Battaglia. Al confine tra Cambogia e Tailandia si riaccende un conflitto decennale, tra scam city e nuovi nazionalismi, con Paola Morselli, ricercatrice Ispi. A cura di Diana Santini.

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