A sette anni da A Single Man, Tom Ford torna con un nuovo lavoro. Animali Notturni non ha niente a che vedere con le atmosfere del film precedente, elegante, raffinato, con Colin Firth protagonista e tratto dall’omonimo romanzo di Christopher Isherwood. Nel frattempo Ford ha consolidato la sua fama da stilista, soprattutto nel campo degli occhiali, che in entrambi i film vengono indossati e pubblicizzati dai protagonisti, che diventano testimonial all’interno di un lungometraggio. Ma considerate le capacità estetiche e di tenere con il fiato sospeso per quasi due ore di film, si comprende che parte della sua attività nella moda serve a produrre un cinema di qualità.
Anche Nocturnal Animals è tratto da un romanzo, è Tony & Susan di Austin Wright che porta il nome dei due protagonisti, interpretati da Jake Gyllenhall e Amy Adams. L’incastro è complicatissimo: Susan lavora in una galleria d’arte dai toni molto fashion e anche lei è decisamente una donna alla moda, servita e riverita, sposata con un uomo ricco ma sempre assente. Un giorno le arriva per posta il manoscritto di un romanzo, scritto dall’ex marito Edward Hammer e dedicato a lei.
La lettura di queste pagine diventa lo spunto per narrare un’altra storia e per realizzare parallelamente un film di genere. Mentre Susan legge di notte, da sola nella sua grande casa inquietante, si scopre l’avventura thriller di Tony Hastings (è sempre Jake Gyllenhall) e della sua famiglia, in una notte in viaggio sulle strade del Texas deserte e senza campo per il cellulare. Una vicenda tragica, seguita da un poliziotto malato e quasi in pensione (Michael Shannon), che si intreccia con il ricordo della storia d’amore, nata da molto giovani, tra Susan e Edward. Un pretesto per fare i conti con il proprio passato e i propri errori.
Se nel film di Tom Ford l’azione prende vita attraverso la lettura di un romanzo, nel film di Wim Wenders I bei giorni d’Aranjuez, la scena si anima attraverso il tentativo di scrittura di un libro. Uno scrittore al tavolo con la macchina da scrivere e il foglio bianco, con vista sul giardino di una villa bucolica, appartenuta a Sarah Bernhardt, situata nell’Ile de France e da cui si vede in lontananza lo skyline di Parigi, mette su carta il dialogo tra un uomo e una donna che si materializzano lì fuori (Reda Kateb e Sophie Semin). Parlano d’amore, in francese, delle loro prime esperienze, di quello che si sarebbero aspettati intorno a questo sentimento. Una conversazione sulle differenze tra uomini e donne, sulla difficoltà di capirsi e di comunicare nella stessa direzione. Un film strano per Wim Wenders, tratto dalla pièce dell’amico Peter Handke, girato in 3D nonostante la staticità della scena, che trova movimento solo nella natura. E’ uno spettacolo teatrale, neanche tanto trasposto cinematograficamente, semmai immaginato e filmato su un palcoscenico naturale e le lunghe prove in teatro prima di andare sul set ne sono la prova.
Conoscenza di vecchia data Peter Handke, dal cui romanzo Prima del calcio di rigore, nel 1972 Wenders trasse il suo secondo lungometraggio La paura del portiere prima del calcio di rigore. E poi di nuovo lavorarono insieme per la realizzazione di Il cielo sopra Berlino (1987).
C’è un cameo di Nick Cave, che appare al pianoforte per suonare e cantare Into my arms, partita da un vecchio juke box, che ogni tanto lo scrittore va ad azionare mandando canzoni una più bella dell’altra. E l’inizio del film è un volo in 3D su Parigi sulle note di Perfect Day di Lou Reed.