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Visible: Out on television e Disclosure, due doc sulla rappresentazione LGBTQ

Visible LGBTQ

La pandemia rischia di farcelo dimenticare, ma giugno è il mese del Pride: con grande senso di responsabilità le associazioni LGBTQ hanno annullato già mesi fa i cortei previsti per i prossimi giorni – anche se ora qualcuno avanza l’ipotesi di ripensarci, ovviamente in sicurezza; il 27 giugno ci sarà in ogni caso il Pride online su GlobalPride2020.org – ma anche senza la possibilità di parate e feste danzanti si può manifestare. “Il primo Pride è stata una rivolta” ricordano in questi giorni gli attivisti, tracciando un collegamento tra le proteste di Black Lives Matter e le rivendicazioni della comunità queer: il Pride si festeggia a giugno perché proprio il 28 di questo mese, nel 1969, avvennero i moti di Stonewall, gli scontri nel Greenwich Village tra la polizia e persone gay e transgender esasperate dalle violenze subite su base quotidiana dalle forze dell’ordine.

Il Pride – come l’8 marzo – è una festa ma è anche una lotta: il momento di celebrare la strada compiuta, ricordare il passato rimosso, e soprattutto tenere accesi i riflettori su quanto ancora manca perché i diritti civili siano effettivamente di tutti. La televisione, in questa storia, gioca un ruolo ben più cruciale di quel che superficialmente si potrebbe pensare, e a illustrarcelo sono due recenti lavori documentari dedicati alla storia della rappresentazione LGBTQ su grande, ma soprattutto su piccolo schermo. Visible: Out on Television è una miniserie in cinque episodi pubblicata su AppleTv+ lo scorso 14 febbraio, per San Valentino e si concentra sul racconto dell’omosessualità in tv, in cinque capitoli: dagli anni oscuri – un passato non troppo lontano in cui le persone queer erano inesistenti su schermo, e le rare volte in cui apparivano erano ridicolizzate o proposte come personaggi negativi – agli anni terribili dell’epidemia di AIDS, dai primi passi verso l’inclusività fino a uno sguardo ottimista verso il futuro LGBTQ.

Gli intervistati sono molti, e famosissimi: tra loro la comedian Ellen DeGeneres, oggi una delle personalità televisive più seguite e amate negli Usa, ma che negli anni 90, quando decise di fare coming out (e di farlo fare al personaggio che interpretava nelle sitcom Ellen) venne ostracizzata, minacciata e per qualche anno completamente rimossa da Hollywood.

Disclosure, su Netflix dal 19 giugno ma già presentato al Sundance Film Festival lo scorso gennaio, è un film documentario che si concentra sull’esperienza transgender, facendosi guidare anche da interpreti trans oggi molto celebri anche come star di serie Netflix: Laverne Cox di Orange Is the New Black, per esempio, o Jamie Clayton di Sense8.

Con un approccio storico, e un interessantissimo incipit dedicato al cinema delle origini (davvero ancora poco esplorato da questo punto di vista), dipana un paradosso inquietante: oggi la rappresentazione trans è all’apice – grazie alle serie già citate, ma anche a Pose, a Transparent, a Euphoria e molte altre –, ma è all’apice anche la violenza che nella realtà queste persone subiscono, e proprio perché sono più visibili di un tempo. Lo dimostra – e chiudiamo il cerchio – anche la straordinaria partecipazione alla manifestazione Black Trans Lives Matter, organizzata a Brooklyn lo scorso 15 giugno, per ricordare Dominique “Rem’mie” Fells, Riah Milton, Tony McDade, Layleen Cubilette-Polanco e tante altre persone nere trans uccise dalla polizia. Anche questa lotta è lontana dall’essere conclusa.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    “Giovanna dei disoccupati” di e con Natalino Balasso arriva al Teatro Carcano di Milano. I personaggi della “Santa Giovanna dei Macelli” di Brecht aggiornano linguaggio, contesto e funzioni ma non abbandonano la dinamica dominanza/sudditanza tipica del capitalismo. Il padrone non è più in carne e ossa, è una multinazionale, ma continua a colpire e sfruttare i più poveri. L’istigazione al consumo, facilitata dall’online, crea nuove povertà, quelle invece per nulla virtuali. Milioni di persone sempre più isolate, imprigionate in una macchina per soldi creata dal superuomo economico, mediocre e per questo spietato. Un ironico “apocrifo” di Bertolt Brecht, per tornare a pensare, grazie al teatro. Natalino Balasso è stato ospite a Cult. Ascolta l'intervista di Ira Rubini.

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