Approfondimenti

Una campagna ai calci di rigore

La metafora della campagna elettorale di Milano è il calcio di rigore.

L’ha imposta Renzi, e a Sala non è piaciuta. Un calcio di rigore che si può solo sbagliare, ha detto il presidente del Consiglio, un po’ per scaramanzia, un po’ per prendere le distanze da un eventuale risultato negativo. E un po’ per provare a depotenziare il fattore R., il fattore Renzi. Il voto amministrativo, a Milano e nelle altre grandi città, come un voto sul Governo, il voto contro Sala come un voto contro il premier. Gli avversari politici del centrosinistra hanno insistito su questo punto. L’argomento ha fatto presa su una parte della sinistra, che ha attribuito al voto un significato politico: mandare a casa Renzi. E il ballottaggio si preannuncia davvero come una partita ai rigori, giocata voto su voto.

Giuseppe Sala ha vinto le primarie ma dal giorno dopo ha dovuto spendere molte delle sue energie comunicative per convincere gli elettori di essere un candidato che unisce e non divide, un candidato indipendente da Renzi, un “uomo di sinistra”, una persona appassionata alla politica e non l’algido manager che ha gestito Expo, altro evento divisivo a sinistra, per usare un termine mutuato dal marketing politico.

Un clima molto diverso rispetto all’entusiasmo che accompagnò la campagna elettorale di Giuliano Pisapia nel 2011, quando la sinistra costruì la narrazione della “rivoluzione arancione”, la liberazione di Milano dalle destre. Cinque anni dopo, il bilancio positivo della giunta Pisapia non ha impedito che alle primarie si presentassero due assessori, Balzani e Majorino, in una competizione che ha creato tensioni e polemiche solo in parte riassorbite dopo il 7 febbraio.

Stefano Parisi ha condotto una prima parte di campagna elettorale quasi perfetta. E’ riuscito a sfruttare a proprio vantaggio il suo limite iniziale, il deficit di popolarità rispetto a Sala.

Laico, con un passato nel Partito socialista, estroverso e simpatico, Parisi ha calamitato l’attenzione su di sé, è così si è discusso del Parisi di Fastweb, del Parisi romano e romanista, del Parisi che sfila il 25 aprile. Invece, della cultura e della proposta politica di Parisi e del centrodestra si è parlato poco. L’idea di città degli Albertini, dei De Corato, dei La Russa; il sogno coltivato da Salvini di trasformare Milano nella piattaforma di lancio della destra lepenista a livello nazionale. Tutto questo è rimasto sullo sfondo a lungo, a lungo la campagna elettorale è stata sotto tono e a lungo Parisi è riuscito a inchiodare Sala là dove il suo rivale non avrebbe voluto e dovuto stare: nel dibattito del “sono uguali, sono due manager allo stesso livello e con le stesse idee”.

L’esito del primo turno ha segnato una svolta nel comportamento di Giuseppe Sala: si è smarcato da Renzi, ha abbandonato l’aplomb e ha attaccato Parisi in più occasioni, ha preso una posizione più dura contro la destra. Ha continuato a parlare a tutta la città, allo stesso tempo ha siglato l’accordo coi Radicali di Cappato ed è andato alla ricerca dei voti di sinistra, puntando molto di più sui temi identitari della propria coalizione. Ieri, Sala ha ottenuto il consenso di Basilio Rizzo, ex candidato sindaco di sinistra per la lista Milano in Comune. E alla festa finale della campagna elettorale ha detto: “quello che doveva essere fatto è stato fatto”. Ora conta solo l’esito delle urne.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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