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Un paese in ginocchio

Il Venezuela è caratterizzato da una profondissima polarizzazione. Era così con Hugo Chavez ed è così ancora oggi. Da una parte il governo, guidato dagli eredi di Chavez e supportato dalle classi popolari. Dall’altra l’opposizione, sponsorizzata dall’occidente e supportata dalla classe media, che in questi anni ha visto svanire la sua ricchezza.

In Venezuela politica ed economia sono strettamente legate. “Quelli che si confrontano – ci spiega Javier Barros, presentatore radiofonico per il circuito Fe y Alegria – sono due modelli di paese. Il governo punta sulla redistribuzione della ricchezza alle classi popolari. L’opposizione vorrebbe invece un sistema economico che premiasse l’efficenza e la produttività. Ma alla fine i due modelli combattono per il controllo dell’unica ricchezza del paese, il petrolio, che vale circa l’80% dell’economia venezuelana”.

Nonostante le sue immense risorse petrolifere il Venezuela è in profonda crisi economica. Per comprare gli alimenti di base ed evitare di rivolgersi al mercato nero la gente deve fare code lunghe quattro o cinque ore e l’inflazione è la più alta del mondo. Il Fondo Monetario Internazionale stima un 159% quest’anno, un 204% l’anno prossimo. L’economia, sempre secondo l’FMI, è destinata a perdere un 10% nel 2015 e un 6% nel 2016. Uno dei dati peggiori risultati a livello mondiale. Il paese latinoamericano è ai livelli dello Yemen, schiacciato da una guerra civile, e della Sierra Leone, colpita dall’ebola.

Come è stato possibile ridurre il paese in queste condizioni? Con tutte le differenze del caso e nonostante la profonda polarizzazione c’è un’interpretazione di fondo sulla quale molti concordano: la pessima gestione dell’economia da parte del governo o comunque da parte di alcuni settori dello stato. “Sono anni che le cose vanno male – ci racconta il politologo venzuelano Yvan Serra. L’economia era in difficoltà anche quando il prezzo del petrolio era molto più alto. È una scusa parlare del calo del prezzo greggio. Il problema è la cattiva gestione del sistema economico. Ormai si tratta di una questione strutturale, esattamente coma la sicurezza”.

Chi ha un giudizo molto meno negativo sull’operato di Hugo Chavez e dei suoi eredi non la vede tanto diversamente. “Dalla morte di Chavez – ci dice Javier Barros – le cose hanno cominciato a peggiorare anche a causa dell’operato di alcuni settori corrotti dello stesso governo. Hanno fatto sparire risorse e fondi importanti. Ma ci sono anche altre cause. Il calo del prezzo del petrolio, la mancanza di efficienza del settore pubblico, e secondo molti una cospirazione interna e internazionale. Il Venezuela, proprio per le sue risorse energetiche, è un paese con un pesante peso geopolitico notevole”.

La rivoluzione bolivariana, per lungo tempo guidata da Hugo Chavez, ha ridato dignità a milioni di poveri venezuelani, ma ora rischia di non avere più le risorse per mantenerli. I programmi sociali, dove sono stati impiegati i proventi del petrolio, rischiano di non essere più sufficienti.

Questa situazione rischia di tradursi nella prima sconfitta elettorale del governo in più di 15 anni. Oggi in Venezuela si elegge il nuovo parlamento, e i sondaggi danno in vantaggio l’opposizione. Sul fronte politico le differenze, anche d’interpretazione, rimangono profonde. “Sulla carta c’è libertà politica, ma il governo – ci spiega il politolgo Yvan Serra – fa di tutto per limitarla. Uno dei principali leader dell’opposizione, Leopoldo López, è in carcere per aver organizzato una manifestazione, il governo controlla il sistema dell’informazione e la legge elettorale dà maggiore rappresentanza alle zone che appoggiano il governo”.

Ma non tutti hanno questa visione. “Seguo la politica venezuelana da molto tempo – ci racconta Javier Barros di Radio Fe y Alegria – e sono convinto che in questo paese ci sia libertà politica. È vero, il governo controlla tutta l’informazione pubblica, ma l’opposizione conta con l’appoggio di parecchi media privati, anche stranieri, come la CNN. Il vero problema è la limitazione al finanziamento ai partiti”.

A prescindere dal risultato delle elezioni di oggi e dai dati preoccupanti dell’economia venzuelana, è evidente che il modello pensato da Hugo Chavez sia ormai in crisi e vada riformato. Importante, però, che questo non sia il risultato di uno scontro politico e soprattutto sociale tra i due settori in cui è diviso il paese. Gli amici e i nemici di Chavez e dell’attuale presidente Nicolás Maduro.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    L’Istat ha pubblicato i report sugli scontri stradali, su base regionale (relativi al 2024) e anche alcuni dati sui primi sei mesi di quest’anno. Ci sono meno feriti e meno vittime sulle strade, anche se i numeri restano ancora drammaticamente elevati. Secondo l’Istituto di Statistica nel primo semestre del 2025 i morti sono stati 1310 (si parla di morti per scontri stradali se il decesso avviene entro 30 giorni dall’evento, quindi sono escluse le persone che muoiono, nonostante la causa siano le conseguenze dello scontro, oltre quel limite temporale) contro i 1406 dello stesso periodo dell’anno precedente. I feriti sono stati 111090, anche in questo caso in calo rispetto al 2024, quando erano stati 112428. Gli obiettivi europei sulla sicurezza stradale prevedono il dimezzamento del numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 rispetto all’anno di riferimento, che è il 2019. In Italia al momento registriamo una diminuzione del 4,5% (in Lombardia del 12,6). Bisogna ancora fare molto per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Uno degli aspetti fondamentali, oltre la diminuzione della velocità, è l’incremento dell’educazione stradale. Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, morto nel 2010 a causa di un omicidio stradale a Firenze ha fondato l’associazione Lorenzo Guarnieri, che da anni si impegna a portare avanti un discorso di educazione. Alessandro Braga lo ha intervistato nella trasmissione Tutto Scorre.

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    Nubi sull'università italiana: si moltiplicano le adesioni alle università private telematiche, mentre alle statali il governo Meloni taglia i fondi. Ospite l'economista Gianfranco Viesti. E poi, il caso Raiplay Sound, la censura nei confronti di un podcast – prima autorizzato e poi annullato - sulla storia di Margherita Cagol, una delle fondatrici delle Brigate rosse. A Pubblica Nicola Attadio, uno degli autori insieme al giornalista Paolo Morando e al musicista Matteo Portelli.

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