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Ucraina, tre anni dopo l’inizio della guerra: il mondo intorno a Kiev non è più lo stesso

Ucraina

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina Putin aveva presentato una serie di richieste all’Occidente, soprattutto agli Stati Uniti. Chiedeva garanzie su due fronti: che le ex-repubbliche sovietiche come l’Ucraina non fossero mai entrate nella NATO, e che non ci fossero armi e truppe occidentali nei paesi dell’Europa Centrale e Orientale che un tempo gravitavano nell’orbita di Mosca.
La risposta la conosciamo. Così come conosciamo quello che è successo nei tre anni successivi.
Nonostante le sue truppe continuino a guadagnare terreno nel sud e nell’est dell’Ucraina il Cremlino non è ancora riuscito a ottenere i suoi obiettivi sul campo. Non controlla ancora le quattro regioni ucraine che ha dichiarato di aver annesso.
Ma nel nuovo quadro geopolitico, quello creato da Donald Trump in queste settimane con un vero e proprio terremoto, Putin ha già ottenuto una vittoria importante: l’allontanamento tra le due sponde dell’Atlantico. In questi tre anni abbiamo parlato più volte delle divisioni europee sull’Ucraina, così come del tentativo del Cremlino di renderle ancora più marcate, profonde. Bene, oggi quelle divisioni sono praticamente nulle di fronte alla frattura tra Stati Uniti ed Europa.
Non è un caso che Ursula Von der Leyen, durante il vertice a Kyiv da Zelensky con altri leader occidentali, abbia ripetuto come in gioco non ci sia solo il futuro dell’Ucraina, ma di tutta l’Europa, a partire dalla sua sicurezza.
La cosa è ormai così chiara che anche il probabile futuro cancelliere tedesco, Merz, ha indicato come una delle sue priorità sarà l’unità del continente e l’autonomia europa per quanto riguarda la difesa, visto che la copertura americana è ormai tutt’altro che scontata. Il leader della CDU si è spinto a dire che il prossimo vertice della NATO, la prossima estate, sarà diverso da tutti gli altri.
In effetti quello che sta succedendo in questi giorni non si era mai visto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. E il 2025, se le cose dovessero andare come alcuni segnali indicano – quindi con un’accordo tra russi e americani sopra gli interessi ucraini ed europei – diventerà uno di quei passaggi storici che hanno cambiato il mondo delle relazioni internazionali, proprio come 1989 e la caduta del muro di Berlino.

La situazione è ancora molto fluida. Ancora non sappiamo quali saranno i prossimi sviluppi. Ricordiamo che nonostante il quadro geopolitico favorevole il Cremilno deva far fronte a grosse perdite sul campo e a un’economia che sta accusando le sanzioni occidentali. E ricordiamo che negli Stati Uniti Putin non è così popolare, anche se adesso con un sistema dell’informazione più favorevole – rete inclusa – per la Casa Bianca potrebbe essere più facile vendere un accordo con Mosca.
Anche i media ufficiali russi stanno insistendo molto sulle divisioni crescenti tra le due sponde dell’Atlantico. In fondo la Casa Bianca non ha usato nessuna delle due carte che molti diplomatici si aspettavano nell’avvicinamento a Putin: l’isolamento russo – per superare il quale Putin sarebbe stato probabilmente disposto a una serie di concessioni – e l’ingresso dell’Ucraina nella NATO – per il quale vale lo stesso. Il presidente americano è invece andato oltre, ed è scontato che al Cremlino siano contenti.
Di sicuro rispetto al 24 febbraio 2022 siamo in un altro mondo. Appunto quello di Trump. Nel quale da un giorno all’altro, anche se non sul campo, Putin ha già segnato una serie di punti pesantissimi a suo favore: ruolo di diretto interlocutore con l’America quindi grande potenza, possibile fine dell’isolamento economico e commerciale, ma soprattutto l’allargamento delle divisioni nel campo avversario.
Oggi Putin ha anche parlato nuovamente al telefono con il suo partner, non alleato ma partner, Xi Jinping.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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