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Ucciso da un drone Usa. Da archiviare

“L’inchiesta sull’uccisione di Giovanni Lo Porto non deve essere archiviata”. Lo chiede il Gvc, Gruppo di volontariato civile, ong per cui Lo Porto lavorò prima di partire per il Pakistan con la cooperazione tedesca.

Lo Porto – che dopo gli studi a Londra lavorava a progetti umanitari – fu rapito da jihadisti nel gennaio 2012 assieme a un collega tedesco. Il collega fu in seguito liberato, mentre Lo Porto – dopo 3 anni di prigionia – fu ucciso da un drone statunitense, che eliminò anche un altro ostaggio americano e due comandanti talebani.

Secondo il GVC, le responsabilità di quel bombardamento possono essere accertate ed è incredibile che la Procura di Roma vi rinunci. “Il risarcimento alla famiglia da parte della Casa Bianca e le pubbliche scuse di Barack Obama non bastano” scrive l’ong. “Non è accettabile che ci si arrenda, tanto più senza aver fatto alcun tentativo”.

Aperta inizialmente come sequestro di persona a scopo di terrorismo, l’indagine si è poi allargata fino a comprendere l’ipotesi di omicidio a carico di ignoti. Si è poi arenata di fronte alla segretezza del programma militare statunitense che si avvale dei droni. L’intelligence statunitense sostiene che non sapeva che Lo Porto si trovasse in quel luogo quando fu ordinato il bombardamento. Obama definì la sua morte “un tragico errore”.

Intanto, continuano gli attacchi teleguidati durante le cosiddette ‘operazioni antiterrorismo”. “La società civile, i cittadini devono dimostrarsi determinati nel pretendere la verità su Giovanni Lo Porto, ma anche su quanto avviene durante questi attacchi: è un obbligo morale che abbiamo in quanto paese che ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione dei civili” scrive i Gvc.

“I cosiddetti danni collaterali degli attacchi telecomandati sono devastanti” aggiunge la policy advisor di GVC, Margherita Romanelli. L’associazione inglese Reprive segnala che sono oltre 4.000 i civili innocenti rimasti uccisi negli attacchi dei droni. Un quarto sono bambini.

Ci sono anche molte vittime di cui non si sa nulla, morti nascoste all’opinione pubblica e persino ai Parlamenti, come ha denunciato una ricerca presentata all’inizio di questo anno alla Camera dei Deputati da parte dell’Archivio Disarmo.

“Non fare chiarezza è un attacco alla democrazia, considerato che in Italia il 74% degli intervistati da uno studio condotto dal Pew Research Center sono contrari all’uso dei droni armati”, conclude il GVC.

L’ong si dichiara convinta che la lotta al terrorismo debba passare attraverso soluzioni diplomatiche e strumenti volti a contrastare disuguaglianze e ingiustizie nei paesi in cui, non a caso, si annidano le cellule jihadiste. Gli attacchi con i droni invece finiscono per mietere migliaia di vittime tra i civili e consegnare così quelle comunità ai gruppi estremisti.

  • Autore articolo
    Michela Sechi
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