Approfondimenti

Buon compleanno, Gezi Park

Tutto cominciò da qualche albero e una cinquantina di ambientalisti che li difendeva. Spazzati via da un primo blitz delle forze di polizia. Gli appelli di rinforzo lanciati soprattutto on line richiamarono altri sostenitori, che si accamparono nel parco destinato ad essere cancellato, attaccati una seconda volta in maniera brutale con idranti e lacrimogeni, provocando centinaia di feriti. Nonostante l’oscurantismo dei principali mezzi di informazione, le notizie trapelarono tramite internet e social media: l’uso sproporzionato della forza nei confronti di quelle persone inermi fece esplodere l’indignazione e nel giro di poche ore centinaia di migliaia di cittadini turchi si mobilitarono, attraversando anche a piedi il ponte sul Bosforo per raggiungere dalla parte asiatica manifestanti che invadevano il centro di Istanbul attorno a Gezi Park.

Piazza Taksim, corso Istiklal, le vie attorno a Gezi Park tra il 31 maggio e il 1 giugno erano campi di battaglia: uno spiegamento imponente di polizia, cercava di respingere una folla che con il passare delle ore si faceva sempre più grande e non accennava ad abbandonare le strade; nel frattempo la protesta dilagava anche in altre città del paese e cominciavano a trapelare imbarazzo e preoccupazione da parte del governo turco, che, nella figura del Presidente Gül ed in disaccordo con l’allora primo ministro Erdoǧan, permise ai manifestati di rientrare a piazza Taksim e nel Parco di Gezi.

Piazza Taksim era un tappeto ininterrotto di persone punteggiato di striscioni cartelli che raggiungeva anche i tetti degli edifici, si abbarbicava sui mezzi blindati strappati alla polizia e i macchinari che dovevano demolire il parco e la piazza, debordava nelle strade e piazze limitrofe con cortei continui e spontanei. Mentre Gezi Park diventava la città dell’utopia: centinaia di tende, e poi mense gratuite, biblioteche e ambulatori autogestiti, assemblee, concerti, marce; vi si accampavano persone di tutte le età e provenienza, cultura ed estrazione sociale, organizzati e non; le tante anime della Turchia, anche quelle in conflitto fra di loro: dai curdi ai lupi grigi (movimento nazionalista e panturchista, ndr), dalle associazioni islamiche a quelle lgbt. I mezzi di informazione cercavano ancora di minimizzare, ma ormai l’informazione indipendente aveva vinto, e prendeva in giro della CNN turca, che durante le proteste trasmetteva documentari dalla Groenlandia, riempiendo il parco di pinguini. Era chiaramente diventata una protesta generalizzata: una società civile fino a quel momento repressa mostrava il suo volto ribelle e coraggioso contro un governo, quello del primo ministro Recep Tayipp Erdogan, percepito come sempre più autoritario e violento.

Da tutte le televisioni Erdoǧan si scagliava contro i manifestanti incitando con parole scioccanti le forze di polizia ad annientarli ed apostrofandoli come “Capulçu”, sbandati, senza volerlo fornendo a quell’improvvisato ed eterogeneo movimento quello che ancora mancava, cioè un’identità comune. Tutti quanti, in un secondo, si denominarono orgogliosamente Capulçu. I Capulçu reclamavano e realizzavano dentro Gezi park una Turchia diversa, democratica, solidale, multiforme, mentre per le strade continuavano a protestare ed a resistere; c’era l’atmosfera euforica e gioiosa del parco, ma anche l’odore acre dei lacrimogeni, il rombo degli elicotteri, le sirene delle ambulanze tutt’attorno.

Partirono i primi tentativi di mediazione ed arrivano anche i primi morti, ad Istanbul come in altre città. Alla fine oltre alle migliaia di feriti, ci saranno 9 morti, fra cui un ragazzino di 14 anni, Berkin Elvan, colpito da un lacrimogeno mentre andava a comprare il pane, morto dopo 9 mesi di agonia. Il responsabile della sua morte, come di quella di altri manifestanti, non è mai stato individuato. L’occupazione di Piazza Taksim e del parco durò più di due settimane. Istanbul era una città surreale, le vie principali del centro si potevano trasformare in un attimo in scenari di guerriglia, con i famigerati “toma” lanciati all’impazzata, tonnellate di lacrimogeni, vetrine e arredi urbani distrutti, sirene di ambulanze, feriti, per poi tornare alla normalità altrettanto velocemente.

Era consuetudine uscire, anche solo per recarsi al lavoro, muniti di casco e mascherine antigas. Anche a livello politico si alternavano momenti di tensione e di distensione, il partito di Erdoǧan mostrava le sue divisioni, le opposizioni incalzavano, ma proprio quando le autorità turche sembravano aver scelto la linea del dialogo, rimettendo alla magistratura il destino del parco e ventilando un referendum. Il 15 giugno si realizzò uno degli interventi più violenti da parte della polizia: utilizzando quantità enormi di lacrimogeni ed idranti, scaricandoli anche dentro gli alberghi e gli ospedali dove la gente si rifugiava, la città dell’utopia di Gezi Park venne annientata. Le scene di panico delle persone in fuga e assediate fecero il giro del mondo, come quelle delle sostanze acide addizionate all’acqua degli idranti. A nulla valsero gli appelli delle organizzazioni internazionali e le critiche del parlamento europeo, per il primo ministro Erdoǧan le violenze erano bugie dei media e quella del parlamento europeo una voce da non riconoscere.

Nonostante questa prova di forza, e nonostante aver comunque ottenuto la salvaguardia del parco, le proteste, con altre forme, continuarono: la più suggestiva quella del “Duran Adam”, l’uomo in piedi: per giorni centinaia di persone imitarono la protesta silenziosa di un uomo che rimase in piedi immobile e muto per ore in piazza Taksim fissando la bandiera turca. In tanti altri modi, la Turchia continuò a mostrare la sua voglia di cambiamento; i cortei si diradarono, anche a causa della repressione, ma i parchi di Istanbul e di altre città diventarono tante piccole Gezi: per mesi vi si tennero forum aperti partecipatissimi dove la gente più diversa, che nella maggior parte dei casi non aveva mai fatto politica, si ritrovava a discutere sul futuro del proprio Paese.

Uno degli interrogativi era anche quello di se e come rappresentare politicamente il portato delle proteste di Gezi. Si stava avvicinando una serie di elezioni: presidenziali, amministrative, politiche. In tutte il partito di Erdoǧan, diventato presidente, si confermò il primo del Paese. Ma con le politiche del giugno 2015 qualche novità e nodo al pettine per Erdoǧan, si presentò: una nuova forza politica, l’HDP il partito democratico dei popoli, riuscì a superare l’altissima soglia di sbarramento del 10 per cento ed entrò in parlamento, togliendo al partito di Erdoǧan quella maggioranza assoluta che gli avrebbe consentito modificare la costituzione in chiave presidenziale. E faceva il suo ingresso nello scenario politico turco un partito che superava le sue origini curde per rappresentare anche altre enie, i diritti civili e dell’ambiente. In qualche modo, era anche un’eredità di Gezi Park.

Ma l’euforia e la speranza per un nuovo corso sono durate poco. Erdoǧan dato sfogo alla sua sete di potere facendo pagare al paese un prezzo molto alto. Ha riacceso lo storico conflitto con il PKK per screditare l’HDP e riprendersi la maggioranza assoluta; per mettere le mani sulla Siria ha supportato e finanziato gruppi di estremisti islamici in chiave anti curda e anti Assad. Ed il risultato è il massacro di civili e la distruzione di un processo democratico: nel sud est del Paese a maggioranza curda è in corso un guerra che ha raso al suolo intere città e provocato centinaia di vittime, il Paese ha subito una serie di attentati, di matrice sia islamica che curda, che hanno fatto tante vittime innocenti, sedi di giornali e televisioni vengono chiuse e giornalisti arrestati con condanne pesantissime; l’ultima preoccupante iniziativa, la revoca dell’immunità parlamentare, in seguito alla quale la maggior parte dei parlamentari dell’opposizione, potrebbero essere arrestati o dovrebbero lasciare il paese.

Dove sta andando la Turchia?

Il parco si è salvato, ma il paese ancora no. Ad ogni modo, buon compleanno Gezi.

  • Autore articolo
    Serena Tarabini
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio lunedì 10/11 19:31

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 10-11-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve lunedì 10/11 18:29

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 10-11-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di lunedì 10/11/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 10-11-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di lunedì 10/11/2025 delle 19:47

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 10-11-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    From Genesis To Revelation di martedì 11/11/2025

    "From Genesis to Revelation" è una trasmissione radiofonica dedicata al rock-progressive, attiva regolarmente dal 1999. Condotta da Renato Scuffietti e Matthias Scheller, offre un'ora settimanale di musica prog, spaziando dai grandi classici dei seventies al newprog e al prog sinfonico, con interviste, recensioni e monografie sui sottogeneri. Nata come un hobby, è diventata un importante punto di riferimento per gli appassionati del genere.

    From Genesis To Revelation - 10-11-2025

  • PlayStop

    Jazz Anthology di lunedì 10/11/2025

    "Jazz Anthology", programma storico di Radio Popolare, esplora la lunga evoluzione del jazz, dalla tradizione di New Orleans al bebop fino alle espressioni moderne. Il programma, con serie monografiche, valorizza la pluralità e la continuità del jazz, offrendo una visione approfondita di questo genere musicale spesso trascurato dai media. La sigla del programma è "Straight Life" di Art Pepper, tratto da "Art Pepper Meets The Rhythm Section" (1957).

    Jazz Anthology - 10-11-2025

  • PlayStop

    News della notte di lunedì 10/11/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 10-11-2025

  • PlayStop

    Il Suggeritore Night Live di lunedì 10/11/2025

    Il Suggeritore Night Live, ogni lunedì dalle 21:30 alle 22:30 dall’Auditorium Demetrio Stratos, è un night talk-show con ospiti dello spettacolo dal vivo che raccontano e mostrano estratti dei loro lavori. Gli ascoltatori possono partecipare come pubblico in studio a partire dalle 21.00. E spesso, il Suggeritore NL vi propone serate speciali di stand up, slam poetry, letture di drammaturgia contemporanea, imprò teatrale. Vi aspettiamo!

    Il Suggeritore Night Live - 10-11-2025

  • PlayStop

    Jailhouse Rock di lunedì 10/11/2025

    "Jailhouse Rock", trasmissione di Radio Popolare e Popolare Network, esplora il legame tra musica e carcere. Ogni lunedì dalle 20.30 alle 21.30, a cura di Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, il programma include storie e suoni dal mondo delle prigioni, con la partecipazione di detenuti dei carceri di Rebibbia e Bollate che realizzano un Giornale Radio dal Carcere e cover di artisti. Scopri di più su http://www.jailhouserock.it/ e https://www.facebook.com/Jailhouse-Rock-451755678297925/

    Jailhouse Rock - 10-11-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte delle Venti di lunedì 10/11/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 10-11-2025

  • PlayStop

    Marcia indietro leghista: educazione sessuale alle medie solo se lo vogliono i genitori

    La Lega al Senato ha deciso di fare marcia indietro sull’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Dopo avere condiviso con Valditara la linea dura che prevede il no all’educazione nelle scuole medie e il sì alle superiori condizionato dal consenso dei genitori, ora la Lega dà il via libera alle lezioni anche alle medie, ma sempre subordinate al consenso dei genitori. Una giravolta dettata probabilmente dalla freddezza degli alleati ma ancor di più dall’opposizione che stava montando tra gli insegnanti. La proposta leghista in ogni caso non è la vera soluzione che sarebbe necessaria, perché in ogni caso tutto dipenderà dal sì dei genitori. Valeria Valente, ex presidente della commissione femminicidi, senatrice del Pd. L'intervista a Valeria Valente, ex presidente della commissione femminicidi e senatrice del Pd.

    Clip - 10-11-2025

  • PlayStop

    Esteri di lunedì 10/11/2025

    1) Al via la Cop30. A Belem, il presidente Lula ha aperto i negoziati sul clima. Parallelamente, è iniziato anche il controvertice dei popoli, che porta al centro le voci dei movimenti e delle comunità indigene. (Francesco Martone, presidente dell’assemblea dei giudici del Tribunale Internazionale dei Diritti della natura) 2) Trent’anni fa veniva ucciso Ken Saro Wiwa, l’attivista e poeta nigeriano ucciso per aver protestato contro le multinazionali dell’industria petrolifera e i loro danni ambientali. Il ricordo di esteri. 3) Un presidente siriano alla casa bianca. Per la prima volta nella storia del paese, il presidente Al Sharaa visita il presidente degli stati uniti in un incontro cruciale per il futuro della Siria. (Marco Magnano) 4) La BBC nell’occhio del ciclone. I vertici dell’emittente pubblica britannica si dimettono per uno scandalo sulla manipolazione delle notizie. (Elena Siniscalco) 5) India, esplosione a New Delhi all’esterno dello storico Red Fort. Almeno 8 persone uccise. La polizia indaga sull’accaduto. (Emanuele Valenti) 6) Francia, dopo 21 giorni di carcere Nicolas Sarkozy da oggi è in libertà vigilata. Si conclude così l’epopea che l’ex presidente aveva descritto come un martirio. (Francesco Giorgini) 7) Serie Tv. Pluribus, su AppleTv la nuova creazione dell’autore di Breaking Bad (Alice Cucchetti)

    Esteri - 10-11-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte di lunedì 10/11 18:35

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 10-11-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di lunedì 10/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 10-11-2025

  • PlayStop

    Identità perdute e ritrovate: gli Oodal raccontano il nuovo album

    È uscito “Vivere Le Vite degli Altri”, secondo album della band toscana Oodal che oggi è passata a trovarci a Volume. Scritto in gran parte in un casolare di montagna, l’album si muove tra elettronica e dream pop, esplorando il tema dell’identità: “Parla di perderla, ritrovarla e non capirla”, racconta la band ai microfoni di Radio Popolare, e di vivere esperienze così in simbiosi che a volte ti sembra di aver vissuto anche la vita di qualcun altro. Ascolta il MiniLive degli Oodal.

    Clip - 10-11-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di lunedì 10/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 10-11-2025

  • PlayStop

    Volume di lunedì 10/11/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

    Volume - 10-11-2025

Adesso in diretta