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Tra Buddha e Jimi Hendrix

La vita accade per te

È il 2005 e sono agli inizi della mia carriera di scrittore. Mi trovo a Sestri Ponente, quartiere operaio dove sono nato e cresciuto, in una palestra da sangue e sudore. Devo scrivere di una manifestazione legata al pugilato. È in quell’occasione che parlo per la prima volta con Walter Nudo, che si sta allenando duramente al sacco. Negli anni l’ho incrociato spesso in giro, da ragazzino facevo colazione al bar di suo papà vicino alla stazione prima di andare a scuola, e già allora Walter era un personaggio che non passava certo inosservato, coi capelli lunghi fino a metà schiena e gli stivali da cowboy.
Quel giorno in palestra, Walter mi parlò della boxe, degli incontri, della vita. Di come il trovarsi su un ring gli servisse per capire chi era. Dei momenti in cui – in balia di qualcosa o qualcuno che vuole solo stenderti e nessuno a cui chiedere aiuto – impari che quello che sei o credi di essere non conta nulla, e che per uscire da quell’angolo è solo sulle tue forze che puoi contare. In quel momento prendi coscienza di te stesso, delle tue paure, delle tue debolezze, ma anche delle possibilità che hai dentro.
Ricordo ancora chiaramente quanto la determinazione e la convinzione di Walter mi colpirono. Ma più ancora mi colpì il fatto che quello strano tipo bello come un modello che lavorava alla tv avesse bisogno di farsi rompere la faccia su un ring per non perdersi nel mondo dello showbiz.
Era chiaro a tutti come Walter con quell’ambiente c’entrasse poco o nulla. Più pugile che attore. Più cercatore che star. Più sostanza che apparenza.
In quel periodo non se la stava passando bene. Non lavorava da un po’, le cose con la prima moglie andavano a rotoli, e c’erano due figli piccoli di mezzo. Insomma un vero casino. Ma proprio pochi giorni dopo il nostro incontro gli era arrivata la chiamata per partecipare alla prima edizione dell’isola dei famosi in sostituzione di un concorrente infortunato.
“Vado, vinco e mi riprendo tutto” disse Walter agli amici della palestra.
E per Dio lo fece!
Si riprese la carriera, su questo non ci piove, ma non la serenità. Seguirono anni di alti e bassi perché, alla fine, questo suo essere più cercatore che star lo portava continuamente a rimettere in discussione tutto.
Un uomo inquieto, che leggeva libri di miglioramento personale, si interrogava sul senso della vita ma allo stesso tempo era ancora vittima della bramosia del successo, della popolarità, della vita sotto i riflettori. Forse per via di quegli anni trascorsi da “bambino non voluto” dalla mamma, che il piccolo Walter vedeva felice solo quando insieme guardavano la notte degli Oscar, convincendosi inconsciamente di dover diventare un attore bello e impossibile per potersi guadagnare l’amore materno.
Roba da psicologi, questa. Fermiamoci qui. Fatto sta che la vita di Walter è un saliscendi di gioie e dolori, successi e cadute, alti e bassi, ricerca di elevazione spirituale e attaccamento. Finché nel 2016 arriva il crash. Mentre si trova a Los Angeles per tentare di sfondare in America, è vittima di un incidente in moto e gli va in frantumi una gamba.
Senza soldi, con un nuovo matrimonio naufragato, e il rischio di restare zoppo, il pattern del ring dei nostri anni “sestresi” si ripete. Già perché Walter è così, per funzionare necessita della competizione, possibilmente con l’avversario più forte in circolazione: se stesso!
Ma stavolta, complice gli anni, la sfida si gioca su un altro tavolo: quello della comprensione, della crescita e della consapevolezza.
L’inizio di questo percorso è la Meditazione Trascendentale di Maharishi Mahesh Yogi. Poi un viaggio in India, un altro nell’altrettanto mistica Indonesia e poi via fino all’Australia, le Hawaii e poi di nuovo gli Stati Uniti.
Per conoscere. Per conoscersi.
Un viaggio spirituale autentico, doloroso e a tratti commovente che Walter ci racconta nel libro “La Vita Accade per te” edito da Roi, l’ennesimo scalino salito da un uomo che, pur avendo sbagliato tanto, al mondo patinato dell’effimero ha sempre preferito il sentiero stretto e tortuoso della coscienza. Un viaggio che si completa veramente quando Walter, già parzialmente cambiato, si scopre vulnerabile a seguito di due terribili ictus e decide di rallentare la sua corsa, ritirarsi definitivamente dalle scene e mettere a disposizione degli altri le tante cose imparate nella sua vita meravigliosamente complicata.
Per scoprire, alla fine, che ancora una volta è nella via di mezzo di cui tanto ci parlò il Buddha ormai 2500 anni fa, che risiede la verità, per Walter come per tutti noi.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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La nave di Penelope

Caos e ritorni

“Ripartiamo il 7 gennaio, no aspetta rimandiamo. Meglio il 10. Chiediamo conferme al Comitato tecnico scientifico. Proponiamo la Dad per gli studenti non vaccinati in caso di contagi in classe”. La scuola ha mandato in tilt le Regioni che, in questi giorni, sembrano correre all’impazzata in una stanza chiusa, avanzando proposte, cambiando idea, confrontandosi di nuovo.

Scuola e caos, due parole che – talvolta accompagnate dalle parole Dad e quarantena – viaggiano sempre più spesso insieme in questi mesi.

Ora si ragiona sul rientro dalle vacanze, dopo un Natale passato quasi come in epoca prepandemica, con i pranzi tra parenti e le cene tra amici, come non eravamo più abituati. Un piccolo ritorno alla normalità di cui avevamo tutti bisogno, ma che è stato accompagnato, purtroppo, da un’impennata dei contagi e una riattivazione, in alcuni casi, della zona gialla.

Ma torniamo alla scuola. Il rientro in aula era previsto per il 7. Perché, come si dice, “l’Epifania tutte le feste si porta via”. Quest’anno però la Befana si presenta di giovedì, quindi alcune Regioni hanno pensato di utilizzare la fortuita coincidenza per far tornare tutti a scuola direttamente lunedì 10. Un modo per temporeggiare davanti al muro di contagi e alle possibili quarantene delle classi.

Franco Locatelli, coordinatore del Cts, aveva proposto di posticipare di una settimana il rientro, per poi recuperare i giorni a giugno. Il governo ha bocciato l’idea, che invece era stata ben accolta da alcuni presidenti di Regione. Come il veneto Luca Zaia, che valutava positiva anche la possibilità di attendere fino all’inizio di febbraio per un ritorno in sicurezza. E poi Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania, che, coerente con la sua linea chiusurista, aveva proposto di far slittare la riapertura delle scuole di un mese.

Ma il governo ha tenuto botta: si torna a scuola il 7 o il 10, nessuno slittamento sarà consentito.

Nel frattempo si discute su regole delle quarantene, misure di sicurezza e dad. E così si moltiplicano i vertici: sindacati-ministero dell’Istruzione, cabina di regia, consiglio dei ministri, incontri tra ministri e commissario straordinario, confronti tra Regioni. Il tutto con una punta di polemica che accompagna sempre gli incontri tra ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e sindacati di categoria.

Ma tra discussioni, litigi, confronti, idee, slittamenti e paroloni, siamo al secondo anno di pandemia e di nuovo sembra che si stia affrontando per la prima volta questa situazione.

Eppure si sapeva che ci sarebbero state le vacanze di Natale, che questa volta si sarebbero potute trascorrere quasi normalmente, recuperandone la dimensione sociale, e c’era il forte sospetto che i contagi sarebbero aumentanti. Si sapeva anche che le vacanze finiscono e che gli studenti e i docenti sarebbero dovuti tornare a scuola. Ora, come è possibile essere arrivati alla vigilia del rientro con ancora tutti questi interrogativi e il panico organizzativo che accompagna una situazione imprevista e inedita?

Che cosa ne pensate? Mi piacerebbe conoscere le vostre idee. Scrivetemi a: lanavedipenelope@gmail.com

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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Mia cara Olympe

Il grande gioco del Quirinale: che (non) sia una donna…

Sentite anche voi questo bisogno di aria nuova, fresca, di un po’ di vento che scompigli il copione appesantito dalla pandemia delle nostre vite? Immaginare che questo desiderio non riguardi solo il nostro privato e possa investire anche la corsa al Quirinale, con i suoi bilancini, gli equilibrismi, tutte le ritualità del caso, ci rendiamo conto, è esercizio quasi di fantascienza. Ma oggi, primo gennaio 2022, dopo aver ascoltato l’ultimo discorso di  Sergio Mattarella – contenuti, sobrietà, stile c’erano tutti –  abbiamo un desiderio da esprimere sulla  sua successione. Ah certo direte, che sia una donna. Sarebbe la prima, e sai che forza simbolica avrebbe una scelta del genere in un paese come il nostro in cui la questione della rappresentanza politica delle donne è da sempre aperta e non riesce a fare quel salto di ‘normalità’ che altrove si è verificato? Aria fresca, insomma.

Ecco, appunto, no. Il desiderio di oggi è che non sia una donna. Che dall’ondata di ipotesi, analisi, articoli, retroscena a tema Quirinale che ha già da tempo cominciato a sommergerci scompaia, si autocancelli, evapori non appena scritta come accade nelle favole migliori, la frase ‘E se fosse una donna?’ nelle sue varianti ‘Perché non una donna?’, ‘E se sparigliassimo con una donna?’ ‘Ipotesi donna’ e via dicendo.
Basta così, grazie. Quella frase è ancora una volta il segno dell’eccezione e contiene un accento sminuente. Come se una valesse un’altra, e allora Cartabia vale Bindi, Casellati è eguale a Bonino, Moratti e Finocchiaro chi le distingue, tanto alla fine, è il sottinteso, tutte donne sono e nel grande gioco del Quirinale chi ci crede che non abbiano soltanto il ruolo di figuranti, di carte che, come capita nel Mercante in fiera con il Lattante, escono subito e non vincono mai?

Ecco, appunto. Le donne sopracitate – sono i loro nomi quelli che le cronache più di frequente avanzano – hanno idee, storie personali e politiche diversissime tra loro: un primo passo verso un paese più democratico ed equo è che queste biografie, queste differenze che sono importantissime venissero riconosciute, nominate e pesassero nelle analisi e nella valutazioni come pesano quelle degli uomini in gara per il Colle. Poi certo la corsa al Quirinale – e il  fatto che ci sia in campo Berlusconi  lo conferma – è fatta anche di una sostanza assai meno nobile, di accordi, trame e quant’altro. Ma che una o più donne, ciascuna con il proprio nome e cognome e la propria storia, comunque la si valuti, entrassero effettivamente nella partita del Colle, non strumentalmente, non per fare la fine del Lattante, non come espediente retorico di un giornalismo pigro e di una politica che non si schioda dalla propria arretratezza culturale (e questo purtroppo vale anche per alcune donne che stanno in quell’arena), beh, sarebbe bello. È il primo gennaio,  in fondo ci si può illudere che qualcosa anche in questo paese lento possa cambiare.

 

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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Appunti sulla mondialità

Le due sinistre latinoamericane

L’anno elettorale latinoamericano è stato ricco di appuntamenti molto importanti sia per il loro peso specifico sia per quello simbolico. La prima lettura riguarda la legittimità del processo elettorale. Non sempre sono state rispettate le regole, come nel clamoroso caso del Nicaragua dove il regime guidato da Daniel Ortega ha inscenato elezioni presidenziali senza opposizione. Ma anche buone notizie in questo senso, come le elezioni dell’Honduras, paese nel quale negli anni si sono succeduti colpi di stato e manipolazione dei risultati, e dove ha vinto la candidata della sinistra senza che ci siano dubbi sulla trasparenza del voto. Lo stesso si può dire del Venezuela, dove pare siano state rispettate le regole nelle elezioni amministrative che hanno visto la vittoria del partito di Nicolas Maduro. I segnali più interessanti arrivano però da tre paesi andini, Ecuador, Bolivia e Cile. In Ecuador il candidato della nuova sinistra e dei movimenti indigeni Yaku Pérez non riuscì per 30.000 voti a passare al secondo turno, nel quale l’imprenditore Guillermo Lasso riuscì a battere il candidato correista per 400.000 voti.

Chiaramente buona parte degli elettori di Pérez non votarono per Andrés Aráuz al secondo turno, anche se di “sinistra”, e questo perché ormai esistono due progetti di sinistra che spesso, come in Ecuador, si scontrano. Una sinistra ormai “tradizionale” e che ha governato a lungo, dai forti tratti populisti, poco ambientalista e lontana ormai dalle minoranze. Sono il correismo ecuadoregno, il peronismo argentino, il post chavismo venezuelano, l'”evismo” boliviano. L’altra nata dalla lotta recente dei movimenti sociali, minoranze etniche e di genere, ambientalisti, contadini, talvolta opponendosi a misure della sinistra “classica”. E lo schieramento di forze che ha sostenuto Pérez in Ecuador, Verònika Mendoza in Perù, che sosterrà Petro in Colombia e che ha fatto vincere Boric in Cile; le due sinistre hanno in comune molti riferimenti culturali, ma una diversa concezione della democrazia. Per i primi, ad esempio Cuba è legittimata anche a reprimere per tutelare la rivoluzione, per gli altri il diritto a protestare e a opporsi è sacro; per i populisti lo stato deve essere gestore ed erogatore di assistenza senza preoccuparsi dell’economia, per gli altri deve guidare una crescita economica in senso inclusivo; per i primi le denunce di corruzione sono solo un complotto ai loro danni, per la nuova sinistra la politica deve anzitutto avere le mani pulite.

Il Sudamerica dei due progressismi sta velocemente virando di nuovo a sinistra a maggioranza e per il 2022 si prevede che altri due grandi paesi cambino guida: Colombia e Brasile. Se questo sarà confermato resteranno piccole isole di centrodestra in Uruguay, Paraguay ed Ecuador. Rispetto allo scenario precedente simile, quello degli anni 2000, le cose sono però radicalmente cambiate: si sono spenti gli slanci continentali, cioè le ipotesi di creazione di aree di libero scambio e di democrazia multilaterali; si è tornati drammaticamente a dipendere dalle commodities, che tra l’altro in questo periodo hanno subito un calo del loro prezzo internazionale; l’alleanza con la Cina ha indebolito la democrazia e rinforzato i circuiti di corruzione. Il Sudamerica in questa fase non interessa a nessuno, nemmeno agli Stati Uniti di Biden che hanno come unica priorità fermare l’immigrazione centroamericana.

Soprattutto mancano leadership. La politica sudamericana si è rimpicciolita per quanto riguarda la capacità dei nuovi leader. Nel 2022 potremo vedere sorgere forse due nuovi punti di riferimento, Gabriel Boric e Lula da Silva se sarà presidente. Il Brasile isolato da Bolsonaro non è stato solo un danno per se stesso, ma anche per tutto il processo politico sudamericano; il ritorno di Lula alla presidenza potrebbe segnare l’avvio di una nuova fase, ma prima ancora si dovrà dirimere cosa si intende per progressismo e come lo si aggiorna di fronte alle sfide del domani. Da questo punto di vista la lezione boliviana è illuminante: quando Evo Morales forzò la sua stessa costituzione per perpetuarsi al potere, disconoscendo il parere del suo popolo che aveva bocciato la proposta con un referendum, la sua caduta era già scritta. Anzi, quella mossa è stata la miccia che aspettavano i settori golpisti e della estrema destra boliviana per spazzare via dal potere l’esperienza del Mas; quello stesso Mas che con un nuovo candidato, Arce, nel rispetto del dettato costituzionale è tornato al potere a grandissima maggioranza. È questa la morale valida per tutto il continente: quella sinistra sopravvissuta agli anni Settanta, uscita dalle lotte popolari e arrivata al potere grazie alla fine della Guerra Fredda e quindi dei vincoli di schieramento dovrebbe essere paladina della democrazia e della trasparenza, seguendo l’esempio di grandi presidenti come Raul Alfonsin o Pepe Mujica. Non sempre è così, è questo resta uno dei grandi spartiacque irrisolti che comunque non impediscono di vincere e governare in assenza di una destra seria e con un progetto che non sia la tutela dei propri interessi. In America Latina la democrazia, malgrado i problemi enumerati, è solida e la gente vota ormai chi gli somiglia. Grande conquista mai scontata che nel 2022 si consoliderà.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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La scuola non serve a nulla

Il “SERVICE LEARNING”: la scuola come servizio

Un Festival a Mestre per riflettere su questa innovativa pratica didattica

A Natale siamo tutti più buoni. Così dicono.

E anche in festività surreali come queste, con la spada di Omicron sul collo e la corsa ad arrivare negativi almeno a Capodanno, vien da pensare che se anche non lo siamo, magari sarà che almeno appariamo così, più disposti ad aiutare il prossimo e a servirlo. Sì, sì, sicuro. Sarà così.

E allora dovrebbe valere anche a scuola… anche se questa sembrerebbe in tutto ciò non averci niente a che fare (sono pure chiuse, in questo periodo… e forse pure il 10 gennaio quando ritorneremo?… Dad? Non Dad? Boh…). Ma, in ogni caso, è comunque questo il momento migliore per raccontarvi ciò che è successo, un mesetto fa, a Mestre, dal 24 al 26 Novembre 2021, al “Festival Nazionale del Service Learning”, organizzato da INDIRE.

Io c’ero: e solo ora vi sarà chiaro il pietoso e raffazzonato espediente narrativo del collegamento alle feste, alla bontà e al servizio: semplicemente, se ci fosse andato qualcun altro, questo pezzo lo avrebbe scritto molto prima.

Ma ciancio alle bande: innanzitutto, che è cos’è il “Service Learning”? Il concetto sarebbe semplice: dicesi “Service Learnig” qualunque attività didattica “atta a promuovere l’ideazione di percorsi di apprendimento (learning) finalizzati alla realizzazione di un servizio (service) che soddisfi un bisogno vero e sentito sul territorio”.  In pratica, è quando una scuola progetta attività a partire da situazioni problematiche reali del contesto socio-economico della zona o del quartiere in cui si trova: gli studenti sono guidati a compiere, mentre imparano, concrete azioni in favore della comunità. Si capisce subito che così inteso il Service Learning non è tanto un metodologia, specifica e prescrittiva, quanto un valorizzatore dei metodi didattici.

“Quindi, prof. di Tecnica, prepariamo il catrame per coprire le buche dell’asfalto davanti scuola, cosi noi apprendiamo qualcosa sui materiali, e giacché tutto il quartiere la smette di versare lo stipendio direttamente al gommista, con corredo di bestemmie?” Non proprio, andiamoci piano, ma l’esempio potrebbe rendere l’idea, perché queste iniziative si propongono di attivare, sempre al fine di stabilire un circolo virtuoso tra apprendimento degli alunni in aula e servizio solidale alla comunità, anche una fattiva collaborazione con le Istituzioni locali. Si possono fare tante cose, in effetti, in questo senso: affidare agli studenti la raccolta di alcuni tipi di rifiuti del quartiere e progettare un loro riutilizzo; subappaltare l’animazione del Centro Anziani della parrocchia ai ragazzi della Media vicina; coltivare un pezzo di terra del giardino scolastico per condividere con la comunità frutti, cura e competenze necessarie a far crescere il nostro bel ravanello… e così via. Tutti progetti realmente presentati al Festival.

E tanti i relatori presenti a dir la loro.

Ad esempio, Italo Fiorin, di Lumsa-Scuola di Alta Formazione EIS (che introduce e modera), sottolinea subito come questo approccio didattico, nato negli Stati Uniti e che vive oggi un momento di vivissima fioritura in America Latina, sia arrivato in Italia abbastanza in ritardo. É un peccato, perché niente come il Service Learning aiuta un sistema scolastico non solo ad aprirsi alle esigenze concrete del territorio (molto più di qualunque “Alternanza Scuola-Lavoro”), ma anche a ispirare attività concrete per il nuovo insegnamento di “Educazione Civica”, secondo la Legge 92/2019, di cui il Service Learning dovrebbe essere il cuore. Attraverso di esso, la qualità del servizio offerto migliora, e nel momento stesso in cui si contribuisce a un apprendimento più profondo dell’alunno grazie all’esperienza maturata. Evidenti sono infatti i punti di qualità del Service Learning: il protagonismo degli studenti, la risposta a un bisogno reale, l’integrazione nel curricolo, un apprendimento collaborativo e la partecipazione. Quindi, la diciamo brutale? Se in Italia questa pratica fosse più diffusa di quanto non lo sia effettivamente oggi, magari a nessuno al Ministero saltava il ghiribizzo di partorire una legge bislacca come la sopra menzionata sull’Educazione Civica (in teoria ottima, ma con tante di quelle falle organizzative da vanificare ogni buona intenzione): tanto è già tutto nel Service Learning.

Il prof. Andrew Furco (University of Minnesota, e prima a Berkeley) dal 2005 ha fondato in USA varie associazione di ricerca sul Service Learning. Spiega che il termine è stato usato per la prima volta da Ramsey e Sigmon, dell’Università del Tenesse nel 1966, ma solo dagli anni ’80 questa pratica ha cominciato a diffondersi ampiamente, tanto che nel 1993 è stata varata una legge per regolamentare e proteggere le attività di questo settore. Che sono diffuse soprattutto nelle Università (con una decisa battuta d’arresto dopo solo dopo crisi del 2008), e che ok, sono simili a tante altre cose che già si facevano, si fanno e si faranno nel campo dell’Istruzione, ma questa pratica si contraddistingue per l’intenzionalità, cioè la chiarezza con cui si individuano e si perseguono, già dal momento della progettazione, certi obiettivi e scopi: il miglioramento personale all’interno di un momento di miglioramento sociale, in modo che sia il ricevente (la comunità) che il fornitore del servizio (lo studente che impara) ne traggano un beneficio. Perfetto, no?

Dal “Centro Latinoamericano de Aprendizaje y Servicio” di Buenos Aires arriva Nives Tapia. Lei, tutto questo l’ha diffuso per il Sud America, e, quasi in controcanto con Furco, racconta che “qui la pratica è più antica del nome”, tanto che un momento importante è stata la rivolta degli studenti dell’Università di Cordoba, per istituire una sorta di “Servizio Civile” obbligatorio: cioè per laurearti devi fare almeno 350 ore di servizio presso la tua comunità (ovviamente, qui gli studenti protestavano affinché il Senato Accademico approvasse questa legge sul Service Learning obbligatorio!). Del resto, il tessuto sociale sudamericano meglio si presta a queste dinamiche orizzontali di solidarietà (“fare con”) rispetto al paternalismo di atti, anche molto generosi ma calati dall’alto, di beneficenza (“fare per”). Tra i servizi più diffusi lì in Argentina, la rialfabetizzazione degli anziani, la costruzione di abitazioni, il controllo dell’acqua potabile.

Poi, per parlare di tutto questo in Europa, Pilar Aramburuzabala, da Madrid, docente e ricercatrice. Il suo compito è, essenzialmente, creare una rete globale di Service Learning, per connettere l’Università alla Società civile: nel 2019 ha pure fondato ad Anversa, con altri docenti, l’Associazione Europea di Service Learning, e nello stesso anno è nata quella italiana. Varie le citazioni nel suo intervento a sostenere l’importanza di questa pratica: “Se l’educazione non può cambiare il mondo, può cambiare le persone che possono cambiare il mondo” (P. Freire), “La riforma più difficile non è la riforma degli insegnamenti, ma la riforma del pensiero” (E. Morin) e “Se la pelle non sente, la testa non capisce” (D. Dolci). Ma la migliore è sua, quasi una chiusa sibillina del suo intervento: “Perché il Service Learning è arrivato così tardi in Europa? Forse perché pensavamo di non averne bisogno… e invece adesso…”

Mario Castoldi, dell’Università di Torino, si pone il problema di come valutare tutto ciò. Se il Service Learning è l’exemplum del rinnovamento della didattica scolastica, allora esso, parallelamente, può essere davvero il “cavallo di Troia” per scardinare non solo il vecchio paradigma di istruzione passiva/trasmissiva, ma sopratutto un ulteriore strumento per passare da una cultura del voto numerico, “ragioneristico”, alla complessità delle rubriche “di valorizzazione”, più adatte a una valutazione per competenze.

Chiude Juan Garcia Gutierrez (Universidad Nacional de Educación a Distancia/Madrid) sul tema del Service Learning on-line. Si possono adattare queste pratiche anche in lockdown, in pandemia, in Dad? Certo che sì (e chi meglio di lui può saperlo, visto che lavora nella più grande Università europea a distanza, dove con la didattica on-line ci lavorano da ben prima del Covid?). E siccome la pandemia è stata la più grande e impetuosa migrazione umana sul digitale (tra l’altro, non programmata), che ha rivelato l’endemica povertà di educazione digitale, è stato dunque facile per loro decidere di riversare su questa grave fragilità sociale tutti i loro programmi educativi di Service Learning.

E io che ci facevo lì? La mia classe era finalista con un progetto di Service Learning interamente realizzato dai marmocchi: la registrazione completa di un audiolibro da casa, collegati in Dad, di un testo da donare simbolicamente agli anziani della Casa di Riposo “Giuseppe Verdi” di Milano. Qui il filmato!

 

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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    Uscita di Sicurezza di giovedì 18/09/2025

    La trasmissione in collaborazione con la Camera del Lavoro di Milano che racconta e approfondisce con il vostro aiuto le condizioni di pericolo per la salute e la sicurezza che si vivono quotidianamente nei luoghi di lavoro. Perché quando succede un incidente è sempre troppo tardi, bisognava prevedere e prevenire prima. Una questione di cultura e di responsabilità di tutte e tutti, noi compresi. con Stefano Ruberto, responsabile salute e sicurezza della Camera del Lavoro di Milano.

    Uscita di Sicurezza - 18-09-2025

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    L'Orizzonte delle Venti di giovedì 18/09/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 18-09-2025

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    San Siro, Scavuzzo: “Se passano emendamenti sostanziali rischia di saltare tutto”

    Dopo che la Giunta del Comune di Milano ha licenziato la delibera per la vendita dello stadio di San Siro, la palla ora passa al Consiglio comunale, che dovrà votare il provvedimento giovedì 25 settembre, e non più il 29. Nonostante sia possibile presentare emendamenti al testo, per la giunta il documento è immodificabile: “È frutto di un lavoro che ha gli elementi essenziali del contratto, una cosa molto tecnica ma anche politica”, ha detto ai nostri microfoni la vicesindaca Anna Scavuzzo. Nel caso di un emendamento di sostanza votato dalla maggioranza dei consiglieri, infatti, “le squadre potranno rigettare l’intera proposta”. Una sorta di prendere o lasciare per i consiglieri comunali. Secondo la vicesindaca Scavuzzo, dopo due mesi di confronto e dopo le modifiche alla versione di luglio, adesso “si chiude”. L’intervista integrale di Luigi Ambrosio nella nostra trasmissione “L’Orizzonte”.

    Clip - 18-09-2025

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    Esteri di giovedì 18/09/2025

    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

    Esteri - 18-09-2025

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    L'Orizzonte di giovedì 18/09 18:34

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 18-09-2025

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    Alessio Lega ricorda Fausto Amodei: "Sublime la sua scrittura, una persona tenera e ironica"

    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

    Clip - 18-09-2025

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    Poveri ma belli di giovedì 18/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 18-09-2025

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    Vieni con me di giovedì 18/09/2025

    Inizia la Milano Green Week! gli eventi e iniziative le presenta l'assessora al verde, Elena Grandi. Rachele di Magiafiori, la nostra chef vegetale ci sugegrisce poi un menù tutto...green. Marcello ed Elisa, infine, ascoltatori/educatori ci han scritto per raccontarci La Rosa dei Venti, l'associazione che da anni nel comasco, lavora per l'inclusione di persone con disturbi di personalità. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 18-09-2025

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    Volume di giovedì 18/09/2025

    In compagnia di Niccolò Vecchia telefoniamo ad Alessio Lega per ricordare, nel giorno della sua scomparsa, Fausto Amodei, un vero simbolo della canzone politica d’autore italiana. Segue mini live in studio con il giovane jazzista Francesco Cavestri in vista del suo concerto al Blue Note di martedì prossimo. Nella seconda parte siamo in compagnia di Piergiorgio Pardo, nostro ospite fisso per la rubrica LGBT, con cui parliamo del film “I segreti di Brokeback Mountain” e alcuni eventi del weekend. Concludiamo con una telefonata a Marina Catucci da New York, per commentare l’improvvisa sospensione dello show di Jimmy Kimmel dalla rete Abc, a seguito di una frase “scomoda” su Charlie Kirk detta dal conduttore in trasmissione.

    Volume - 18-09-2025

Adesso in diretta