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L'Ambrosiano

Mattarella, il coro greco, i gusci della politica, lo zaino sulle spalle

Le parole valgono e pesano per l’affidabilità di chi le pronuncia. A dare spessore non son sufficienti luogo in cui vengono dette, occasione, qualifica di chi parla. Mattarella rende pregni, importanti, inequivocabili, credibili sotantivi, aggettivi, verbi. Se altri o altre al suo posto e lì avessero parlato di morti sul lavoro, disuguaglianze, violenza alle donne, Giustizia, cultura, cittadini indifesi, passione politica, solidarietà, libertà, ruolo del Parlamento forse molti tra il pubblico che ascoltava in tv il discorso del Presidente della Repubblica dopo il giuramento avrebbero cambiato canale.

Invece lo share ha retto e Mattarella è stato interrotto 55 volte dagli applausi dei mille grandi elettori, quelli cioè che la settimana prima avevan votato con spettacolo inverecondo tra scouting dissennato, deficit di coraggio e sogni; gli stessi politici che dan tutti giorni prove di non essere credibili, affidabili, coerenti in tweet e discorsi o in atti da essi iscritti nel segno di una delle parole usate dal Presidente: queste impiegate da loro suonano vuote, dal Capo dello Stato son vere linee di cambiamento. Potrebbe essere terapeutica la discrasia andata in scena a Camere riunite tra Mattarella e i suoi elettori, col pubblico a casa a far da Coro greco, comunità spesso inconsapevole, distratta, neghittosa che di fronte al conflitto in scena a Montecitorio si risveglia, prende coscienza della situazione insostenibile, dalla vivida rappresentazione trae impegno per cambiare; la catarsi: calato il sipario trasformare modi di pensare, vedere, agire, gesti individuali e collettivi.

A distanza sembrano affrettati i commenti che hanno associato Mattarella bis e sconfitta della politica. Può esser vero il contrario. Primo per la caratura del personaggio (ha anteposto il bene del Paese al proprio accettando). Secondo perché, col discorso, Mattarella ha mostrato che le parole son gusci se qualcuno le svuota, ma pietre su cui la democrazia si fonda («La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo»!). Condizione: far tesoro d’una delle espressioni del Presidente, Responsabilità, e di un’immagine in cui essa è declinata: «Prendere sulle proprie spalle il futuro del Paese». Con lui possiam caricarci lo zaino in spalla. Facendo ciascuno suo l’invito di Matterella ai giovani diveniamo noi credibili a noi stessi!

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Piovono Rane

Mattarella e l’applauso dei sordi

Mentre Mattarella parlava, giovedì a Montecitorio, sia i i parlamentari sia i giornalisti erano lì con l’orecchio teso a carpire qualsiasi possibile accenno su Draghi, sugli equilibri politici contingenti, su quelli che ci saranno dopo le prossime elezioni: a cui sia i politici sia i giornalisti guardano come il punto più lontano del loro orizzonte.

Ma se loro pensavano a  questo, il presidente rieletto invece guardava molto oltre. Molto oltre non in termini temporali, ma di profondità. 

Perché  Mattarella ha posto la questione gigantesca del divorzio tra politica e potere, quella a cui Zygmunt Bauman ha dedicato l’ultima parte della sua vita. 

La politica ha sempre meno potere, circondata com’è dall’economia e dalla finanza. 

E avendo sempre meno potere, esercita sempre meno il suo ruolo di rappresentanza di interessi o ideali dei cittadini. 

Quindi al divorzio tra politica e potere ne segue un altro, quello tra politica e cittadini: che alla politica non credono più, come mezzo di realizzazione dei propri interessi o dei propri ideali.

“Di fronte alle disuguaglianze, alla precarietà, al disagio sociale, la politica non fa nulla, sottomessa ai poteri economici internazionali che cercano di imporsi sulle democrazie”, testuale.

Un tema gigantesco, quello affrontato dal Capo dello stato, forse il tema per eccellenza del nostro tempo.

E Mattarella ha detto alla politica che deve avere – sempre testuale – “la forza e l’orgoglio” per proporsi come mezzo di realizzazione della democrazia, di “inveramento” della democrazia. E che senza questo  ruolo, i cittadini, specie quelli più deboli, restano indifesi, soli.

Non è chiaro se i politici in aula questo lo abbiano capito. 

Ma non è nemmeno chiaro se poi vogliono davvero provarci, a svolgere il compito chiesto da Mattarella. 

Quei continui applausi a interromperlo, tuttavia, sembravano quasi apotropaici. E non promettevano nulla di buono.

  • Alessandro Gilioli

    Nato a Milano nel 1962, laureato in Filosofia alla Statale. Giornalista dai primi anni 80, ho iniziato a Rp da ragazzo poi ho girato per diversi decenni tra quotidiani, settimanali e mensili. Ho scritto alcuni libri di politica, reportage e condizioni di lavoro, per gli editori più diversi. Tornato felicemente a Radio Popolare dall'inizio del 2021.

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

La storia ci ha barrato con una X, Generazione X: cari anni 90 vi scrivo…

Tutto iniziò con Beverly Hills 90210, che sarà stato stupido, vuoto e patinato quanto volete ma ha innegabilmente aperto le porte a un nuovo genere televisivo che ci torturerà negli anni a venire: il teen drama – per dirlo in modo figo, all’americana – o più semplicemente le serie televisive a puntate per ragazzi. Costruita sul modello delle telenovelas sudamericane per casalinghe annoiate, moderatamente aperta nell’affrontare tematiche attuali, seppur trattate con manate di vasellina e politically correct, BH 90210 ha segnato un paio di generazioni agli inizi degli anni novanta, compreso quella del sottoscritto. Classe 1975, vidi la prima puntata che non avevo nemmeno 16 anni e mi fece del male, visto che da allora tarai il pivello che ero sulle fattezze del bello e scorbutico Dylan McKay, una specie di James Dean ricco e problematico portato sullo schermo dal bravo e sfortunato attore Luke Perry. Capitemi, allora si andava in discoteca di sabato pomeriggio e la cosa più eversiva che si faceva era incollare il citofono del vicino calabrese del primo piano, un ex carabiniere in pensione, che ci bucava il pallone quando finiva sul suo terrazzo. Ero conteso da due ragazze in quel periodo, dolci e bellissime entrambe. Una era scura, l’altra bionda. Proprio come Dylan nel telefilm. E proprio come lui scelsi la bionda. Lo so, lo so, da rabbrividire quanto mi facevo coglionare dalla tv.
A staccarmi di dosso un po’ di patinatura, ci pensarono il cinema, i libri e la musica. A partire da “The Doors” di Oliver Stone, che mi presentò Jim Morrison. Il Re Lucertola spazzò via McKay in meno di un’estate e diventò la mia fonte d’ispirazione per la vita. Grazie a Jim, e alla sua scapestrata biografia ‘Nessuno Uscirà Vivo di qui’, scoprii l’amore per la poesia, la letteratura, Rimbaud, Baudelaire, Castaneda, la beat generation, e decisi che nella vita avrei fatto lo scrittore. E l’ho fatto, ragazzi. Ok, non sono diventato Bukowski ma ci campo con un certo stile.
Impossibile non citare poi, nella mia formazione artistoide, Twin Peaks, innovativo capolavoro di David Lynch, una serie capace di segnare per sempre un’epoca.
Alla voce disimpegno, invece, come dimenticare il Karaoke e quegli anni in cui folletto Fiorello fece credere agli italiani che anche senza il mandolino restavamo un popolo di cantanti. Oppure Non é la Rai, che invece ci ricordò che siamo sempre stati, e sempre saremo, un popolo di eterni segaioli. Già che si fa riferimento a Onan, meritano una citazione i culi al vento delle 18e30, quando su Italia 1 andava in onda Baywatch di Pamelona Anderson. E anche gli agghiaccianti balletti sexi di Spice Girls et simili.
Stasera la mia mente torna a quelle mattinate in giro, a saltare scuola appena possibile per gli scioperi o l’occupazione, ai bombardamenti nato sul’Iraq, alla guerra che, per la prima volta, arrivava in diretta televisiva. Craxi, tangentopoli, l’arrivo di Berlusconi, il Milan di Capello che vinceva molto ma stava sulle palle a tutti. Le domeniche allo stadio, noi sempre in uniforme: bomber, dr Martens, jeans strappati e sciarpa d’ordinanza. La camicia, il maglioncino a righe e il montgomery solo per entrare in discoteca.
E ancora: i film horror in vks affittati il sabato pomeriggio in videoteca, le playlist, che allora chiamavamo compilation, che facevi alla tipa che ti piaceva e dove non potevano mancare canzoni come Wind of Change degli Scorpions, Don’t Cry dei Guns e Home Sweet Home dei Motley Crue. Ma anche Vivere o Senza Parole del Blasco. E sto citando proprio le più ovvie. Senza scordare il wrestling commentato da Dan Peterson, le puntate di Willy Superfigo di Bel Air, di Casa Keaton, dei Robinson, fino ai concerti bubblegum ma indimenticabili di Michael Jackson. Cosby e Jackson: il papà buono che tutti avremmo voluto avere e lo zio strambo e pieno di talento che amava i bambini. Avessimo saputo cosa c’era dietro…
Poi arrivarono i Nirvana, e Kurt Cobain spazzò via la paura di noi ragazzi di mostrarci per quello che eravamo di fronte a un mondo che stava cambiando. All’improvviso far vedere le proprie debolezze, la propria rabbia e la propria paura non era più oggetto di vergogna come per il macho anni ottanta ma qualcosa che si poteva, anzi doveva fare.
Intanto tutto si stava contaminando, tutto cambiava, gli steccati fra i generi crollavano come castelli di carte vecchie. Il fenomeno dei rave invase le nostre notti, a livello mainstream si affermarono proposte musicali inusuali quali Prodigy, Moby, Fatboy Slim o i Chemical Brothers. Il rock inglese invece si vestiva di vintage e, ribatezzatosi brit pop, proponeva moderne versioni di Beatles e Rolling Stones con gruppi tipo Oasis, Blur, Verve, Stone Roses e così via.
Lontano dal mondo dei rave per una radicata idiosincrasia verso l’insopportabile cassa dritta, e mai stato troppo affascinato dai Fab Four – figurarsi i loro cloni – trovai rifugio nella mescola che odorava di contaminazione, nei libri e nei film: Manu Chao, il movimento delle Posse, il gansta rap di Pac e Biggie, i reportage di viaggio di Terzani, The Beach di Alex Garland, vera bibbia per chi in quegli anni virava verso l’Asia, lo schiaffo di Palhaniuk in Fight Club, la carezza pop di Nick Hornby con Alta Fedeltà, la siringata di poetico disgusto del Welsh di Trainspotting e Colla, o le botte di John King col suo Fedeli Alla Tribù. Ovviamente tutto Bukowski, e poi John e Dan Fante. Il Brizzi imbastardito di Bastogne e Tre Ragazzi Immaginari. Andrea De Carlo. Gli incubi up-class di Brett Easton Ellis e quelli profumati di minimalismo yuppie di Jay McInerney. I diari di basket del grande Jim Carroll, le illuminazioni tornate attuali di Hesse in Siddharta. E come dimenticare il caschetto scazzato e i pantaloni over size di Natalie Imbruglia, i Red Hot Chili Peppers di Under the Bridge, i film di Gus Van Sant, i surfisti fuorilegge di Point Break, e poi Intervista col Vampiro, i dialoghi surreali di Pulp Fiction, la scena underground italiana che diventa mainstream: Subsonica, Afterhours, Africa Unite, Prozac + (che la terra ti sia lieve Elisabetta Imelio), Esa, Bluvertigo, Sottotono, ecc. E poi Leo di Caprio che fa Romeo recitando Shakespeare in camicia hawaiana, l’ugola delicata di Jeff Buckley, quella consapevole di Ben Harper, oppure i video degli Aereosmith con Alicia Silverstone e Live Tyler.
“Non puó piovere per sempre” diceva il martire Brandon Lee nel Corvo.
“Io sono ancora vivo” rispondeva Eddie Vedder nell’iconica Alive dei Pearl Jam.
Ma vi ricordate?
Quanto si era belli, puri, appassionati, difettosi e fragili allora. Tanto tanto fragili. Non era neanche tutta colpa nostra. Eravamo una generazione brutalmente schiacciata, presa in mezzo tra la naufragata illusione che il capitalismo made in Usa ci avrebbe resi tutti ricchi degli ottanta, e la certezza che nel nome di quella falsa illusione ci avevano fregato persino la sedia da sotto il culo dei 2000 and more.
La storia ci ha barrato con una X, Generazione X, come il bel libro di Douglas Copeland. E così verremo trasmessi ai posteri.
Oggi di quello strano decennio restano solo i nostri ricordi, frammenti confusi, raffreddati dagli anni, di un momento che é stato veramente nostro giusto il tempo di uno sputo. Atterrato neanche troppo distante.
Ma Cristo di un Dio se ne é valsa la pena…

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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Il tè nel deserto

Open Arms, il film

È arrivato al cinema il film dedicato a Open Arms e alla sua opera di salvataggio dei migranti nel Mediterraneo.

Cosa può fare un film che si misura con una realtà e drammatica? Cosa possono suggerire le immagini di gente che cerca di salvarsi e di scappare alla ricerca di una vita migliore? La risposta la troverete dopo aver guardato “Open arms – La legge del mare”. Il film infatti è basato sulla storia vera di Oscar Camps, fondatore dell’omonima ONG, da quando decise di lasciare tutto per andare in mare a salvare i migranti. Diretto dallo spagnolo Marcel Barrena, il film ricostruisce i salvataggi in mare al largo di Lesbo, a partire dal ritrovamento sulla spiaggia del corpo esanime del piccolo Alan Kurdi, con quell’immagine drammatica che ha fatto il giro del mondo. Era il 2015, data in cui Camps, già esperto di salvataggi in mare decide di lasciare Barcellona, di formare una squadra di volontari e andare sulle coste del Mediterraneo per accogliere sulla sua barca i migranti che stavano annegando in mare. Oscar Camps, che ha collaborato alla realizzazione del film anche aiutando l’attore che lo interpreta Eduard Fernandez, sta accompagnando il film per discuterne con il pubblico. Dopo il festival di Roma, ha incontrato anche gli spettatori di Milano e di altre città. “Salvare vite umane è diventato un reato, la politica ha strumentalizzato l’azione dei soccorsi” ha dichiarato Camps, spiegando che all’inizio il film in Spagna era stato boicottato dall’estrema destra. Ora vedremo come andrà in Italia.

  • Barbara Sorrentini

    Laureata in filosofia, giornalista, conduttrice e autrice a Radio Popolare. Dal 2002 cura e conduce la trasmissione “Chassis” e per qualche anno ha realizzato “Vogliamo anche le rose”, dedicata ai documentari. Per Radio Popolare ha condotto i diversi contenitori culturali e tuttora realizza servizi e interviste per trasmissioni e Gr. Tra le ultime trasmissioni “A casa con voi” e “Fino alle 8” con la rassegna stampa del mattino. È stata direttrice artistica del Festival dei beni confiscati alle mafie. Ha collaborato con La Repubblica, E-Il Mensile, Pagina 99, blogger per MicroMega, Cineforum Web, Cinecittà News, 8 1/2. È tra i curatori del libro Entretiens- Nanni Moretti, edito dai Cahiers du Cinéma, ed è tra gli autori della Guida ai film per ragazzi (Il Castoro). È stata consulente dell’Assessorato alla Cultura di Milano (2012-2013).

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Mia cara Olympe

Il Mattarella bis e le ‘donne usate dalla politica’

Il giorno dopo la rielezione di Mattarella, si va ad archiviare la brutta settimana che, malgrado tutto e tutti seppur con pesi molto diversi nello schieramento politico, ha prodotto un risultato che lascia molte domande ma, almeno, rassicura sul fronte della stabilità e della credibilità del paese.

Quando si archivia, si sa, c’è la cartella principale e dentro, per ordine di importanza, i diversi file. Quello che riguarda le donne e il ruolo che hanno avuto nella vicenda quirinalizia, si sta mettendo via, nelle tante analisi tra media e social, sotto il titolo ‘Donne usate dalla politica’. Ancora una volta, come sempre. Donne mai effettivamente in corsa, strumentalmente usate in nome di una parità di genere tanto sventolata quanto farlocca da leader maschi che, alla fine, hanno giocato la partita solo loro e tra di loro.

Vero? Tutto vero? Molto di vero c’è, ma ci sono anche due punti da sottolineare. Il primo riguarda le donne che stanno nell’arena e noi, fuori, che la seguiamo, ce ne occupiamo a vario titolo e da diversi punti di vista, alcuni femminismi inclusi. Ancora una volta si dimostra che non c’è una capacità condivisa di fare massa critica nell’indicare un nome che possa fare effettivamente la sua corsa. Ancora una volta ci sono stati generici appelli per ‘una donna’ al Quirinale, di cui, certo, si indicavano le necessarie, altissime qualità, ma che continuava ad essere senza nome, senza una biografia. Errore e segno, mi sembra, di una minorità. Dentro e fuori dal Parlamento e dai partiti. Semplificando: se non ci crediamo fino in fondo noi, e facendo agire le nostre profonde differenze per dare volto e storia al nostro desiderio, il sentiero è già sbarrato in partenza. Naturalmente libere di non crederci quelle che, appunto, non ci credono e perseguono, con ottime ragioni, la loro politica altrove. 

Secondo punto: sono state le donne in contesa eguali come vuole il file di cui sopra? Nel file ‘Donne bruciate’  troviamo Casellati, duramente stoppata dal voto d’aula (e dei suoi e delle sue) e Belloni, quest’ultima ‘evaporata’ in un paio d’ore venerdì sera, dopo l’uscita di Salvini e Conte dalla strumentalità evidente sulla ‘figura’ femminile di alto profilo. Non lo credo. Casellati – la cui elezione a prima presidente della repubblica della nostra storia sarebbe suonata, per molte orecchie le mie incluse, come una beffa atroce – si è molto battuta prima e fino all’ultima scheda, dicono le cronache che avrebbe voluto, nonostante la sonora sconfitta in aula, insistere ancora sulla propria candidatura. Ciò rende meno ‘cattivi’  i leader che hanno lanciato la seconda carica dello stato nell’arena del voto senza paracadute? No, ma le posture e le responsabilità in politica contano e Casellati ha corso il suo rischio consapevolmente e con molte sgrammaticature vista la carica ricopre. Storia affatto diversa quella di Belloni: non un fiato è trapelato sui media da una donna di gran curriculum che ha continuato a fare il suo lavoro, mente si andavano facendo e disfacendo i giochi che la riguardavano. Qualche mia amica dice: avrebbe dovuto sottrarsi prima, dire pubblicamente ‘A questo gioco non ci sto’. Non credo: il gioco è quello che è e se, in attesa di cambiarlo (per chi ancora ci spera), qualcuna vuole giocarlo – lei inclusa-  deve mettere in conto strumentalità, sgambetti e altre amenità e trovare – lei lo  ha fatto – una postura adeguata, non quella di una ‘figura femminile a disposizione’. E chi guarda e giudica, noi donne soprattutto, dobbiamo valorizzare queste differenze, prepararci  a giocare le partite sul serio e non cadere, come sta succedendo, nella narrazione uniforme e un po’ vittimistica di pedine sacrificate dal gioco degli uomini

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    A cura di Marco Piccardi - Playlist: 1) Penguin Cafè Orchestra, Scherzo and Trio (sigla) 2) The Turtles, Happy Together 3) Zappa/Mothers, Tears Began to Fall 4) Afro Celt Sound System, Realese 5) Elvis Costello/Mingus Big Band, Invisible Lady 6) Franco Piersanti, Il Commissario Montalbano (titoli di testa) 7) Pink Floyd, The Narrow Way (Part One) 8) Fred Frith, Norrgarden Nyvla 9) Bozzio/Levin/Stevens, Black Light Syndrome 10) Anthony Braxton/Creative Orchestra, Take 3 11) Penguin Cafè Orchestra, Scherzo and Trio (sigla)

    Di palo in frasca - 18-09-2025

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    Labirinti Musicali di giovedì 18/09/2025

    "Labirinti Musicali" ideato dalla redazione musicale classica di Radio Popolare, in ogni episodio esplora storie, aneddoti e curiosità legate alla musica attraverso racconti che intrecciano parole e ascolti. Non è una lezione, ma una confidenza che guida l’ascoltatore attraverso percorsi musicali inaspettati, simili a un labirinto. Il programma offre angolazioni nuove su dischi, libri e personaggi, cercando di sorprendere e coinvolgere, proprio come un labirinto acustico da esplorare.

    Labirinti Musicali - 18-09-2025

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    News della notte di giovedì 18/09/2025

    L’ultimo approfondimento dei temi d’attualità in chiusura di giornata

    News della notte - 18-09-2025

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    Ogni giovedì alle 21.30, l’auditorium Demetrio Stratos di Radio Popolare ospita concerti, presentazioni di libri, reading e serate speciali aperte al pubblico.

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    Uscita di Sicurezza di giovedì 18/09/2025

    La trasmissione in collaborazione con la Camera del Lavoro di Milano che racconta e approfondisce con il vostro aiuto le condizioni di pericolo per la salute e la sicurezza che si vivono quotidianamente nei luoghi di lavoro. Perché quando succede un incidente è sempre troppo tardi, bisognava prevedere e prevenire prima. Una questione di cultura e di responsabilità di tutte e tutti, noi compresi. con Stefano Ruberto, responsabile salute e sicurezza della Camera del Lavoro di Milano.

    Uscita di Sicurezza - 18-09-2025

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    L'Orizzonte delle Venti di giovedì 18/09/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 18-09-2025

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    San Siro, Scavuzzo: “Se passano emendamenti sostanziali rischia di saltare tutto”

    Dopo che la Giunta del Comune di Milano ha licenziato la delibera per la vendita dello stadio di San Siro, la palla ora passa al Consiglio comunale, che dovrà votare il provvedimento giovedì 25 settembre, e non più il 29. Nonostante sia possibile presentare emendamenti al testo, per la giunta il documento è immodificabile: “È frutto di un lavoro che ha gli elementi essenziali del contratto, una cosa molto tecnica ma anche politica”, ha detto ai nostri microfoni la vicesindaca Anna Scavuzzo. Nel caso di un emendamento di sostanza votato dalla maggioranza dei consiglieri, infatti, “le squadre potranno rigettare l’intera proposta”. Una sorta di prendere o lasciare per i consiglieri comunali. Secondo la vicesindaca Scavuzzo, dopo due mesi di confronto e dopo le modifiche alla versione di luglio, adesso “si chiude”. L’intervista integrale di Luigi Ambrosio nella nostra trasmissione “L’Orizzonte”.

    Clip - 18-09-2025

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    Esteri di giovedì 18/09/2025

    1) “La gente non lascia Gaza City perché non sa dove andare o perché non può permetterselo”. Migliaia di persone restano nella città della striscia, mentre l’esercito continua a bombardarla. (Jacob Granger - MSF) 2) “Israele sta commettendo un genocidio, ma gli altri paesi hanno l’obbligo giuridico di fare tutto ciò che possono per impedirglielo”. In esteri la seconda puntata dell’intervista a Chris Sidoti, giudice della commissione Onu. (Valeria Schroter, Chris Sidoti - Commissione Onu d'inchiesta per i territori palestinesi) 3) La Francia ancora in piazza. Un milione di persone mobilitate dai sindacati per protestare contro la legge di bilancio di Bayrou. (Veronica Gennari) 4) La tragedia umanitaria della guerra in Sudan, e i sudanesi che resistono. Premiata in Norvegia una rete di associazioni comunitarie che lavorano per favorire l’ingresso di aiuti. (Irene Panozzo, analista politica) 5) Donald Trump alla corte britannica. La luna di miele tra Keir Starmer e il presidente Usa è soprattutto una questione di business. (Marco Colombo, giornalista) 6) World Music. Together for Palestine, il concerto organizzato da Brian Eno a Londra contro il genocidio. (Marcello Lorrai)

    Esteri - 18-09-2025

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    L'Orizzonte di giovedì 18/09 18:34

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 18-09-2025

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    Alessio Lega ricorda Fausto Amodei: "Sublime la sua scrittura, una persona tenera e ironica"

    È morto a 91 anni Fausto Amodei, figura cruciale per la canzone popolare italiana che alla fine degli anni cinquanta aveva contribuito a fondare il Cantacronache, il primo esperimento di canzone politica “d’autore” in Italia. Tra i suoi capolavori 'Per i morti di Reggio Emilia', una delle canzoni popolari e politiche più suonate nelle piazze d’Italia. Ma "le sue canzoni sono riuscite ad andare ben oltre il suo nome” diventando parte dell’immaginario collettivo, ricorda il cantautore Alessio Lega ai microfoni di Radio Popolare. Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia.

    Clip - 18-09-2025

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    Poveri ma belli di giovedì 18/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 18-09-2025

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    Vieni con me di giovedì 18/09/2025

    Inizia la Milano Green Week! gli eventi e iniziative le presenta l'assessora al verde, Elena Grandi. Rachele di Magiafiori, la nostra chef vegetale ci sugegrisce poi un menù tutto...green. Marcello ed Elisa, infine, ascoltatori/educatori ci han scritto per raccontarci La Rosa dei Venti, l'associazione che da anni nel comasco, lavora per l'inclusione di persone con disturbi di personalità. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 18-09-2025

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    Volume di giovedì 18/09/2025

    In compagnia di Niccolò Vecchia telefoniamo ad Alessio Lega per ricordare, nel giorno della sua scomparsa, Fausto Amodei, un vero simbolo della canzone politica d’autore italiana. Segue mini live in studio con il giovane jazzista Francesco Cavestri in vista del suo concerto al Blue Note di martedì prossimo. Nella seconda parte siamo in compagnia di Piergiorgio Pardo, nostro ospite fisso per la rubrica LGBT, con cui parliamo del film “I segreti di Brokeback Mountain” e alcuni eventi del weekend. Concludiamo con una telefonata a Marina Catucci da New York, per commentare l’improvvisa sospensione dello show di Jimmy Kimmel dalla rete Abc, a seguito di una frase “scomoda” su Charlie Kirk detta dal conduttore in trasmissione.

    Volume - 18-09-2025

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