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La scuola non serve a nulla

Carlo Pepi, il “Don Chisciotte” dell’Arte

Visita alla Casa-Museo di un personaggio molto singolare...

Ora, d’accordo che si sarebbe poi rivelatasi falsa, quella teoria enunciata a metà anni ’90 da Thomas Friedman sul New York Times – uno dei luoghi comuni della globalizzazione -, secondo cui “non sarebbe mai potuta scoppiare una guerra tra due paesi che hanno McDonald’s”, ma è dura scoprire che la cosa non vale neanche tra due paesi col Facebook. Siccome però bisogna imparare a scovare l’aspetto positivo in ogni cosa, se scoppiasse una guerra proprio oggi, 22/02/2022, data palindroma e pure ambigramma, si renderebbe un caro servizio agli studenti del futuro che saranno costretti a ricordarlo, l’inizio di questa guerra.

In ogni caso, non essendo un analista politico, farò finta che questa settimana c’è il rischio d’annoiarsi, che al mondo non succede davvero proprio niente niente che noia che barba chenoiachebarba, allora forse vi farà piacere sapere cose molto serie tipo che ho ripreso a Monopoli il mio spettacolo “TROVATA UNA SEGA! Racconto su Livorno, Modigliani e lo Scherzo del Secolo dell’estate ‘84”.

Le cose importanti, insomma.

Non dico niente della storia (lo dovete vedere, so’ mica scemo a spoilerare): sarà sufficiente accennare giusto quei pochi elementi che poi forse non pochi ricordano, cioè l’irripetibile goliardia di alcuni studenti livornesi che in quell’estate scolpirono una testa per burla e la gettarono nei fossi; ma dopo il ripescaggio, questa fu tragicamente ritenuta “opera autentica di Modigliani” dai maggiori critici d’Arte dell’epoca.

Chi avrà visto lo spettacolo (o chi conosce i dettagli della vicenda) ricorderà che a un certo punto appare un singolare personaggio, il quale, quasi unico e quasi subito (anche perché lui su Modigliani “non ne aveva sbagliata una”), dichiarò che quella e altre teste ripescate “l’eran false, l’eran ‘un trojao e l’era mejo ributtalle ner fosso”. Il destino volle che praticamente tutti, storditi dall’allucinazione collettiva dell’attribuzione modiglianesca, lo cassandrizzassero all’istante, e non fu creduto.

Be’, in effetti un po’ perché Carlo Pepi è veramente un personaggio incredibile, quasi da romanzo: dietro quel signore dalla gentile ma energica vocina toscana si cela un amante e intenditore d’arte come pochi al mondo. E siccome anche la sua casa è da romanzo, qualche tempo fa ho realizzato il sogno di andare a trovare entrambi.

Lui è un tipo che, amandola davvero, “l’Arte non la vende, ma la compra”, e infatti nella sua Casa-Museo (visitabile: dovete però contattarlo e mettervi d’accordo per formare un minimo gruppo, in genere la domenica) ci sono più di 20.000 dipinti. Nello spettacolo io dico “pure nel cesso”: ma quanto è stato bello appurare con i miei occhi che …è davvero così? Non solo c’ha veramente i Kandinski accanto alla tazza, ma pure i Mirò sul letto e i Picasso sul lavandino. Oltre a praticamente tutto Fattori e a tanti Modigliani originali, sparsi per casa.

Col tempo, seppur sprovvisto di titoli accademici, Pepi è diventato il più famoso “cacciatore di Falsi” del sommo pittore labronico (“…Ma è mai possibile che Modigliani ha dipinto più da morto che da vivo?”); in teoria un’Università statunitense gliel’avrebbe pure conferita, una laurea honoris causa in Storia dell’Arte, solo che lui l’ha rifiutata e l’ha rispedita indietro (“…mi basta la mia in Economia: io l’arte l’ho studiata per mi’ passione spontanea”).

Parla dei critici dell’arte con divertito disprezzo, perché “’un ne azzeccano una, ‘e ‘un c’han l’occhio”, e quando va nelle scuole a incontrare ragazzi, comincia parlando male dei docenti di Arte e invitando gli alunni a non seguirli, a formarsi una loro autonoma, critica e personale idea delle opere, che sia indipendente dal giudizio cattedratico (pure agli undicenni delle medie dice così!).

Certo, questo “Don Chisciotte dell’Arte”, non è solo un outsider: ha fondato e diretto la “Casa Natale” di Modigliani a Livorno e ha fatto parte degli “Archivi Legali Modigliani” per volere della figlia del pittore, Jeanne. Ma nella sua biografia risaltano indubbiamente come più significativi i momenti di rottura, di sfida all’establishment, di aperta contestazione alle attribuzioni accademiche: non a caso, per la sua opera di ripristino della verità artistica, ha dovuto subire persecuzioni sia dal mondo della critica ufficiale che da quello dei falsari, con corrispettivo losco giro d’affari. Lui dice che “è perché i due mondi sono troppo legati”. Lui lo dice, io lo riporto.

Più nel dettaglio, qualche sua sortita? Qualche anno fa, all’inaugurazione nel Palazzo dei Papi, a Viterbo, dichiara pubblicamente falsa l’intera mostra di disegni giovanili di Modigliani curata da Patani e presentata da Sgarbi, provocandone l’immediato sequestro. Ma non solo Modigliani: boccia immediatamente l’attribuzione a Michelangelo del famoso Crocifisso acquistato poi dallo Stato, e fa chiudere in anticipo, sempre per presenza di falsi, una mostra a Volterra incentrata su Micheli e sui suoi allievi. Alla mostra di Ribera a Napoli, realizzata dai massimi studiosi del pittore spagnolo, che della sua opera avevano curato anche l’intera catalogazione, cioè Spinosa (ai tempi Soprintendente di Napoli) e Sanchez (ai tempi Direttore del Museo del Prado), il nostro denuncia la presenza di venti opere di errata attribuzione, tra cui quella di proprietà Vittorio Sgarbi e di Federico Zeri (e non è tanto che i successivi risvolti legali gli daranno ancora una volta ragione; quanto che in quei giorni egli si offriva, in attesa del pronunciamento e a mostra ancora aperta, di far da guida ai visitatori indicando, lungo il percorso espositivo, quali erano i falsi e quali no… vi immaginate la scena? Per dire il personaggio!). Tornando a Modigliani, alcuni suoi interventi sono all’origine del sequestro di molte opere anche dalle mostre di Arezzo e, ultimamente, di Genova, sempre perché ritenute, a suo dire, false: ogni volta, con esiti giudiziari a confermare le sue tesi. In particolare, le indagini della Magistratura su quest’ultima mostra genovese a Palazzo Ducale, dell’estate 2017, hanno avuto una certa risonanza mediatica, visto il processo ancora in corso.

Ma dovete vedere la sua casa sulle colline di Crespina, davvero. Una mole di dipinti talmente grande da essere quasi grottesca, in linea con l’infinito amore per essi. Che quando è totalizzante, non ne ammette altri: e infatti, lui, scapolo, dice che una moglie non avrebbe mai accettato tutti quei quadri per casa…

È stato davvero un onore aver avuto la possibilità di una visita alla sua Casa. Visita che, ripeto, lui concede spesso, in maniera totalmente gratuita, ai gruppi che si organizzano e che lo contattano: solo per amor dell’Arte.

Non racconto di tanti dettagli che mi ha rivelato poi a pranzo, roba che in pratica dovrò riscrivere tutto lo spettacolo. Ma siccome anche in queste chiacchiere non si è limitato a Modigliani, più di tutto mi ha sconvolto sapere che… Ecco, lo sapete tipo che il Cenacolo Vinciano in Santa Maria delle Grazie a Milano è un falso?

Altro che Terza Guerra Mondiale… va be,’ ne riparleremo…

 

 

Che ne pensate? Per qualunque cosa vogliate dirmi riguardo ai miei articoli su questo Blog, dagli apprezzamenti, ai consigli, alle critiche fino agli insulti (questi ultimi però purchè formulati rigorosamente in lingue antiche), scrivete a: antonellotaurino1@gmail.com .

  • Antonello Taurino

    Docente, attore, comico, formatore: in confronto a lui, Don Chisciotte è uno pratico. Nato a Lecce, laurea in Lettere e diploma in Conservatorio, nel 2005 si trasferisce a Milano. Consegue il Diploma di attore nel Master triennale SAT 2005-2008 del M° J. Alschitz e partecipa a Zelig dal 2003 al 2019. Si esibisce anche inglese all’estero con il suo spettacolo di Stand-up, Comedian. Attualmente è in tournèe con i suoi spettacoli (non tutti la stessa sera): Miles Gloriosus (2011), Trovata una Sega! (2014), La Scuola non serve a nulla (2016) e Sono bravo con la lingua (2020). La mattina si diverte ancora tanto ad insegnare alle Medie. Non prende mai gli ascensori.

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Appunti sulla mondialità

La vera potenza della Russia

La Russia di Putin è una potenza fortemente sopravvalutata. E questo in virtù della sua storia, indissolubilmente legata all’esperienza dell’Unione Sovietica, e delle sue enormi dimensioni geografiche a cavallo tra Asia ed Europa. Ma le differenze con le due vere potenze globali, Cina e Stati Uniti, e anche con quella che fu l’Unione Sovietica, sono molto marcate. Piuttosto, la Russia è paragonabile ai grandi Paesi considerati “emergenti”, e in particolare al Brasile. La Russia è il primo Stato mondiale per superficie, il Brasile il quinto; entrambi ospitano le foreste più grandi del pianeta, l’Amazzonia e la foresta boreale siberiana; il peso demografico non è molto diverso; entrambi gli Stati sono organizzati in modo federale, il Brasile con un sistema presidenziale e la Russia semipresidenziale. Ma le somiglianze maggiori sono ravvisabili nella struttura economica: entrambi i Paesi sono grandi esportatori di commodities agricole e minerarie, e hanno praticamente un solo settore industriale di punta che contribuisce all’export: l’industria bellica per la Russia, quella aeronautica per il Brasile. Il PIL registrato nel 2021 è quasi uguale, attorno ai 1500 miliardi di dollari, 10 volte più modesto di quello cinese e 13 volte meno di quello degli USA. Sia il Brasile sia la Russia, infine, dipendono fortemente dalle importazioni di tecnologia e capitali, ma anche di beni di consumo.

La differenza tra queste grandi potenze regionali è data innanzitutto dalla collocazione geografica e dalla storia. Il Brasile è un Paese storicamente ancorato all’Occidente e fortemente legato agli Stati Uniti. Si trova in un contesto geografico, quello sudamericano, ritenuto marginale e nel quale da decenni non ci sono tensioni geopolitiche significative. La Russia, invece, a est si affaccia sugli Stati Uniti e sull’area del Pacifico, a sud confina con la Cina (e tramite i suoi  Stati-satellite anche con l’India), a ovest con l’Europa comunitaria. Occupa dunque una posizione centrale sullo scacchiere mondiale e le sue commodities, grano e soprattutto metano, alimentano le tavole e le case degli europei. Non è dunque solo il gigantesco apparato bellico nucleare russo a fare la differenza rispetto al Brasile, sotto il profilo geopolitico, ma anche la storia, la geografia e con essa la mappa dei “clienti”. Perciò Mosca, che una volta avremmo definito capitale di un Paese con caratteristiche da “Sud del mondo”, in questi ultimi mesi è stata meta di pellegrinaggi da parte dei big della Terra nel tentativo di risolvere la lunga crisi con l’Ucraina.

La Russia ha giocato tutte le sue fiches sulla partita ucraina, con l’obiettivo primario di archiviare definitivamente l’ipotesi di un ingresso della ex repubblica sovietica nella Nato. Ha deciso di affrontare un rischio calcolato, per il quale non ha valutato il proprio peso soltanto sulla base dei parametri esposti fin qui, ma ha anche usato il credito geopolitico accumulato negli ultimi anni con la guerra siriana, l’espansione in Africa e la penetrazione in America Latina. Soprattutto, Mosca ha messo sul piatto l’alleanza strategica con la Cina, il suo nuovo grande cliente e finanziatore, con la quale persegue interessi convergenti a livello globale. Proprio la Cina è il Paese che più ha da guadagnare con la crisi ucraina, che indebolisce gli Stati Uniti e l’Unione Europea e fa passare in secondo piano la propria competizione con gli USA, vera posta in gioco a livello globale.

In sintesi, la Russia di Vladimir Putin è una potenza regionale che può essere considerata globale per la sua estensione e posizione geografica e per la sua presenza geopolitica su altri scenari; ha un potente dispositivo militare ma un’economia modesta, dipendente dall’andamento dei prezzi delle commodities. Si tratta di un caso unico e irripetibile: spostando soldati e carri armati sta chiedendo un posto di riguardo tra i potenti, in quel G7 che non è mai diventato sul serio G8, e soprattutto vuole sedersi al tavolo con Cina e USA e trattare alla pari con la Nato. Chiede che siano riconosciuti i confini geopolitici della sua area d’influenza e respinge ogni interferenza sulla sua politica interna.

Alla fine, la Russia non pretende nulla di diverso rispetto a quanto il mondo ha riconosciuto a Cina e USA. Il punto è che per ottenere quello status, al netto del favore di Pechino, Mosca può contare essenzialmente solo sulla propria forza militare, che da sola non basta per essere considerati una potenza mondiale, soprattutto se la recita dura troppo a lungo.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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Il tè nel deserto

Una femmina colpita dalla censura

E’ uscito in Italia “Una femmina” il film di Francesco Costabile, presentato alla Berlinale 2022. La storia della giovane Rosa, che si ribella alla famiglia appartenente alla ‘ndrangheta è tratta dal libro di Lirio Abbate “Femmine ribelli” . La protagonista, interpretata dalla giovane e brava Lina Siciliano, è una di quelle donne che ha avuto il coraggio di rompere con i legami di sangue e i codici d’onore imposti dalla ‘ndrangheta. Ambientato in Calabria, nei luoghi in cui la criminalità organizzata ha fondato le sue regole all’interno dei nuclei famigliari. Chi si oppone è morto, anzi morta, perché sono soprattutto le femmine ad opporsi a questi legami criminali. Il regista Francesco Costabile ha descritto la sua Calabria “magica, ipnotica, territorio inconscio di qualcosa che è sommerso, che fatica ad emergere e a mostrarsi in tutta la sua bellezza.
“Una femmina” è uscito al cinema con il divieto ai minori di 14 anni, provvedimento inspiegabile per un film contro la violenza sulle donne e contro la mafia. Come ha spiegato il regista Francesco Costabile al microfono di Radio Popolare.

  • Barbara Sorrentini

    Laureata in filosofia, giornalista, conduttrice e autrice a Radio Popolare. Dal 2002 cura e conduce la trasmissione “Chassis” e per qualche anno ha realizzato “Vogliamo anche le rose”, dedicata ai documentari. Per Radio Popolare ha condotto i diversi contenitori culturali e tuttora realizza servizi e interviste per trasmissioni e Gr. Tra le ultime trasmissioni “A casa con voi” e “Fino alle 8” con la rassegna stampa del mattino. È stata direttrice artistica del Festival dei beni confiscati alle mafie. Ha collaborato con La Repubblica, E-Il Mensile, Pagina 99, blogger per MicroMega, Cineforum Web, Cinecittà News, 8 1/2. È tra i curatori del libro Entretiens- Nanni Moretti, edito dai Cahiers du Cinéma, ed è tra gli autori della Guida ai film per ragazzi (Il Castoro). È stata consulente dell’Assessorato alla Cultura di Milano (2012-2013).

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L'Ambrosiano

Tangentopoli, silenzio, “menti pulite”, salute per la Repubblica

Bisognerebbe celebrare Tangentopoli imparando a fare silenzio. A 30 anni dallo scandalo che per un attimo fece credere nel miracolo del “non sarà più come prima” dovremmo varare l’istituto di un minuto di silenzio ogni 17 febbraio, così da riflettere su ieri (luci ma quante ombre!), l’oggi (i fondi del Pnrr), il domani (riforme a parole da tutti volute). Col silenzio inauguriamo l’operazione “menti pulite”, cioè scevre dagli esercizi retorici resi immortali da Il Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Si tratta di far funzionare in modo onesto le menti, perché, s’è visto: le mani si lavano; poi si sporcano e da capo son da rilavare; e tutte e due lavan la faccia per renderla presentabile, se non proprio depurata.

La memoria, operazione d’igiene mentale per eccellenza, invece è indelebile. Il maquillage lì è impossibile: pena, niente futuro. Si posson tentare rimozioni, individuali e collettive, ma tracce mnestiche restano incise nei singoli e nella storia. Il silenzio è ricordare e rendere pensabile il cambiamento; è fare esami di realtà e di coscienza tutti: politici e singoli cittadini (ad esempio: pago tasse, Iva, emetto fatture, metto a libri colf o badante?). Le cerimonie sono armi di distrazione di massa, camuffano vizi sotto il rifacimento di facciate e relativi bonus (o camici, mascherine, concessioni balneari, reddito di cittadinanza). Il silenzio inquieta, dà fastidio, ma pone domande: fonti vitali, rigenerative. Le rievocazioni son scenografiche, non sempre frutto di studi e coscienza critica: merce rara questa in partiti, categorie, ordini professionali.

Il silenzio provoca; svela smarrimenti, deficit di analisi su origine dei fenomeni, discernimento e prospettive; ma proprio per la ridda di sentimenti e conflitti interni innescati rivela incoerenze, riserve mentali nel riconoscere quanto abbiam fatto noi nel determinare fenomeni; può far sentire vergogna (moto salutare!) se non si son tratte le conseguenze che si sarebbero potute trarre da eventi esterni accaduti proprio col contributo nostro. Dice un proverbio: «Passata la festa, gabbato lo santo». Il cumulo di furbizie che sta dietro a tale massima dice che Tangentopoli fu bene, “menti pulite” è meglio.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Mia cara Olympe

Fine vita: non fermiamoci, facciamo testamento

Ho, in maniera convinta e commossa, firmato il referendum per rendere finalmente legale in Italia l’eutanasia. Chiunque abbia vissuto la fatica di morire di una persona cara sa quanto ogni giorno si strappi un pezzo di orizzonte e quante domande si accavallino – quelle importanti  – sul senso, sulla responsabilità, sulla dignità, su cosa significa l’amore, e cosa la vita.

La Corte Costituzionale ha bocciato il quesito giunto al suo esame accompagnato dalla forza di un milione e 200 mila firme. Leggeremo le motivazioni,  abbiamo ascoltato il presidente Amato nella sua inusuale conferenza stampa e le controdeduzioni del comitato Luca Coscioni che quel referendum ha promosso e che continua a difendere la qualità dell’enorme lavoro svolto. Il dato resta: il fine vita,  questione che attraversa dolorosamente le storie di tanti e che tutti ci riguarda, resta la grande domanda inevasa, ancora oggi, Italia 2021.  Aldilà di ogni labirintica e specialistica motivazione giuridica, aldilà di ogni lettura ‘politica’ dell’operato della corte e della polemica che già infuria su questo e sull’altro quesito bocciato, quello riferito alla legalizzazione della cannabis che, pure, era corredato da seicentomila firme, credo sia questo il nodo. Una  richiesta forte, urgente che continua ad arrivare dalle cittadini e dai cittadini di questo paese incassa oggi un nuovo diniego, un nuovo stop che lascia a chi ne ha bisogno l’unica scappatoia nell’espatriare laddove è possibile scegliere, ma, attenzione, solo a chi questa libertà può pagarla. Sullo sfondo, tristemente, restano la politica e il parlamento: avrebbero dovuto essere invece in prima fila, fare il proprio mestiere, legiferare dunque, fossero capaci di ascoltare e tradurre i bisogni di noi cittadine e cittadini. Hanno dimostrato di non esserlo, e tocca ricordarselo quando parliamo di disaffezione, astensionismo, disinteresse.

Intanto c’è la vita, e c’è la fine della vita: quella non aspetta, quella  continua a chiedere prezzi quotidiani  a chi soffre, a chi sta loro accanto. C’è uno strumento alla portata di ognuno, ed è il testamento biologico che ci consente di dare disposizioni sulla nostra fine, sui trattamenti sanitari che ciascuno  vuole o non vuole ricevere. Leggo da un’ inchiesta dell’associazione Luca Coscioni  –  vox clamantis in deserto – che alla fine di settembre del 2019 risultavano depositati presso i comuni solo 170mila testamenti biologici, leggo anche che il Ministero della salute che dovrebbe dare dati aggiornati  e informazioni non lo ha ancora fatto.
Oggi, allora, questo mi aspetto e mi auguro: una grande campagna pubblica che informi i cittadini e li aiuti  a formulare una scelta consapevole. A proprio nome, per la propria vita, per la propria fine. Se la politica buona c’è  batta, almeno, questo colpo.
 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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    "From Genesis to Revelation" è una trasmissione radiofonica dedicata al rock-progressive, attiva regolarmente dal 1999. Condotta da Renato Scuffietti e Matthias Scheller, offre un'ora settimanale di musica prog, spaziando dai grandi classici dei seventies al newprog e al prog sinfonico, con interviste, recensioni e monografie sui sottogeneri. Nata come un hobby, è diventata un importante punto di riferimento per gli appassionati del genere.

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    "Jazz Anthology", programma storico di Radio Popolare, esplora la lunga evoluzione del jazz, dalla tradizione di New Orleans al bebop fino alle espressioni moderne. Il programma, con serie monografiche, valorizza la pluralità e la continuità del jazz, offrendo una visione approfondita di questo genere musicale spesso trascurato dai media. La sigla del programma è "Straight Life" di Art Pepper, tratto da "Art Pepper Meets The Rhythm Section" (1957).

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    "Jailhouse Rock", trasmissione di Radio Popolare e Popolare Network, esplora il legame tra musica e carcere. Ogni lunedì dalle 20.30 alle 21.30, a cura di Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, il programma include storie e suoni dal mondo delle prigioni, con la partecipazione di detenuti dei carceri di Rebibbia e Bollate che realizzano un Giornale Radio dal Carcere e cover di artisti. Scopri di più su http://www.jailhouserock.it/ e https://www.facebook.com/Jailhouse-Rock-451755678297925/

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    L'Orizzonte delle Venti di lunedì 10/11/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 10-11-2025

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    Marcia indietro leghista: educazione sessuale alle medie solo se lo vogliono i genitori

    La Lega al Senato ha deciso di fare marcia indietro sull’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Dopo avere condiviso con Valditara la linea dura che prevede il no all’educazione nelle scuole medie e il sì alle superiori condizionato dal consenso dei genitori, ora la Lega dà il via libera alle lezioni anche alle medie, ma sempre subordinate al consenso dei genitori. Una giravolta dettata probabilmente dalla freddezza degli alleati ma ancor di più dall’opposizione che stava montando tra gli insegnanti. La proposta leghista in ogni caso non è la vera soluzione che sarebbe necessaria, perché in ogni caso tutto dipenderà dal sì dei genitori. Valeria Valente, ex presidente della commissione femminicidi, senatrice del Pd. L'intervista a Valeria Valente, ex presidente della commissione femminicidi e senatrice del Pd.

    Clip - 10-11-2025

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    Esteri di lunedì 10/11/2025

    1) Al via la Cop30. A Belem, il presidente Lula ha aperto i negoziati sul clima. Parallelamente, è iniziato anche il controvertice dei popoli, che porta al centro le voci dei movimenti e delle comunità indigene. (Francesco Martone, presidente dell’assemblea dei giudici del Tribunale Internazionale dei Diritti della natura) 2) Trent’anni fa veniva ucciso Ken Saro Wiwa, l’attivista e poeta nigeriano ucciso per aver protestato contro le multinazionali dell’industria petrolifera e i loro danni ambientali. Il ricordo di esteri. 3) Un presidente siriano alla casa bianca. Per la prima volta nella storia del paese, il presidente Al Sharaa visita il presidente degli stati uniti in un incontro cruciale per il futuro della Siria. (Marco Magnano) 4) La BBC nell’occhio del ciclone. I vertici dell’emittente pubblica britannica si dimettono per uno scandalo sulla manipolazione delle notizie. (Elena Siniscalco) 5) India, esplosione a New Delhi all’esterno dello storico Red Fort. Almeno 8 persone uccise. La polizia indaga sull’accaduto. (Emanuele Valenti) 6) Francia, dopo 21 giorni di carcere Nicolas Sarkozy da oggi è in libertà vigilata. Si conclude così l’epopea che l’ex presidente aveva descritto come un martirio. (Francesco Giorgini) 7) Serie Tv. Pluribus, su AppleTv la nuova creazione dell’autore di Breaking Bad (Alice Cucchetti)

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    L'Orizzonte di lunedì 10/11 18:35

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 10-11-2025

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    Poveri ma belli di lunedì 10/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 10-11-2025

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    Identità perdute e ritrovate: gli Oodal raccontano il nuovo album

    È uscito “Vivere Le Vite degli Altri”, secondo album della band toscana Oodal che oggi è passata a trovarci a Volume. Scritto in gran parte in un casolare di montagna, l’album si muove tra elettronica e dream pop, esplorando il tema dell’identità: “Parla di perderla, ritrovarla e non capirla”, racconta la band ai microfoni di Radio Popolare, e di vivere esperienze così in simbiosi che a volte ti sembra di aver vissuto anche la vita di qualcun altro. Ascolta il MiniLive degli Oodal.

    Clip - 10-11-2025

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    Vieni con me di lunedì 10/11/2025

    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 10-11-2025

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    Volume di lunedì 10/11/2025

    Dal lunedì al venerdì dalle 14.00 alle 16.00, Elisa Graci e Dario Grande vi accompagnano alla scoperta del suono di oggi: notizie, tendenze e storie di musica accompagnate dalle uscite discografiche più imperdibili, interviste con artisti affermati e nuove voci, mini live in studio e approfondimenti su cinema, serie TV e sottoculture emergenti. Il tutto a ritmo di giochi, curiosità e tanta interazione con il pubblico. Non fartelo raccontare, alza il Volume!

    Volume - 10-11-2025

Adesso in diretta