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Mia cara Olympe

Sessualità in carcere, che pena l’Italia

Forse ne avrete letto o sentito nei giorni scorsi: ne hanno scritto i giornali e i siti di news, diffusamente quelli di destra, hanno levato alti lai settori di polizia e della politica, in una trasmissione televisiva se n’è dichiarato scandalizzato, per motivi di sicurezza, il pm Gratteri.

Il tema, pare ‘per merito’ di Franco Bechis primo a usare sulla Verità la locuzione per dirne tutto il male possibile, è ora rubricato sotto il titolo ‘Case dell’amore in carcere’. L’occasione è lo stanziamento deciso dal governo di 28 milioni di euro che verranno diluiti nel tempo per garantire ai detenuti in alta sicurezza, che non possono usufruire di permessi, relazioni affettive e d’incontro con i loro familiari in appositi spazi da realizzare o ristrutturare all’interno degli istituti di pena. Una questione che peraltro nella grande maggioranza dei paesi europei ha già trovato civili soluzioni, di cui da decenni si dibatte in Italia e che, ancora una volta, squaderna una doppia arretratezza culturale: del pensiero collettivo sul carcere, del pensiero collettivo sulla sessualità e sull’affettività degli essere umani, detenuti e non.

E così – il linguaggio è sempre rivelatore – abbiamo in questi giorni letto e annotato: case o casette dell’amore, esigenze di carnalità, la sessualità del mafioso assicurata anche per defatiganti 24 ore consecutive, carcere a luci rosse, carcere-casino, agenti obbligati a fare i guardoni di stato… Il catalogo e il tenore delle critiche è questo, e se non bastasse qualcuno, il sito di un sindacato della polizia penitenziaria, ci ha aggiunto un paio di immagini sessiste.

Sempre il solito copione: a evocare la Costituzione e a sottolineare il valore rieducativo della pena – quel famoso articolo 27 che dice che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato – non ci si mette nulla, altro è mettere nero su bianco ipotesi e proposte perché il carcere non sia una discarica sociale e i detenuti e le detenute possano scontare la loro pena all’altezza di quel dettato, come oggi di certo non avviene. E quando accade, quando si affacciano proposte che vanno in quella direzione, ecco saltar fuori l’ideologia antica ed esclusivamente coercitiva della pena che si coniuga a meraviglia con un immaginario sessuale pruriginoso e retrivo, specchio di un paese, o di un suo pezzo abbastanza diffuso, di cui non andare certo orgogliosi.

Dal primo giugno in poi in oltre settanta istituti di pena si disputerà ‘La partita con papà’, iniziativa che riprende dopo due anni di sospensione perché la pandemia ha chiuso ancora di più il carcere all’esterno. Scenderanno in campo papà reclusi e bambine e bambini, organizza, in collaborazione con il ministero della giustizia, ‘Bambini senza sbarre’, associazione che si occupa del diritto all’affettività di quei centomila – capito bene, centomila –  figli e figlie di detenuti che, a loro volta, scontano non una ma molte pene. Dietro quel pallone in campo c’è un’altra idea di detenzione, opposta a quella di cui sopra abbiamo detto: e se non si può tifare, perché di carcere sempre si tratta, resta l’unica per la quale vale la pena spendersi in un paese che si voglia civile.

 

 

 

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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L'Ambrosiano

«Mai più, per sempre»: fidarsi della vita, e dal dolore si può ripartire

«Da mai più a per sempre» è un libro prezioso di Marina Lazzati, pubblicato da “Terre di mezzo”, nome che vale un programma di vita per i singoli, ma anche i governanti, per chi ha perso la Trebisonda. Un critico di professione direbbe che il volume racconta l’elaborazione d’un lutto. Cinque anni fa, infatti, Marina in un incidente in montagna ha perso il marito, Marco Liva, amato compagno di vita, padre dei loro bellissimi 4 figli, imprenditore, presidente della Fondazione Marcello Candia da decenni in Brasile per fragili, poveri, emarginati. Uno psicoanalista corroborerebbe con supporti autorevoli: talking cure chiamò Freud la Psicoanalisi in fasce; con Le storie che curano James Hillman ha reso fertile l’incontro tra narrazioni individuali e miti collettivi, talvolta esemplare. Io prendo il libro come vademecum, un «va’, vieni con me» (è l’illuminante definizione Treccani), un manuale per accogliere una verità durissima: «dal dolore («un compagno particolare, inseparabile» lo chiama Marina) si può ripartire».

Le verità umane sono carne di singoli individui, ma le sofferenze personali son realtà universali condivise da creature che all’unisono gemono in cerca d’un senso. A Milano per persone, famiglie, culture, ideali di cui il libro è vertice; a Kiev, Bucha, Mariupol per le ferite che l’aggressione di Putin ha reso indelebili; a Ginevra per il diplomatico russo che s’è dimesso vergognandosi dei suoi governanti: e sa che la pagherà; a Kabul per le donne ormai sepolte vive; a Uvaldo, per un’America che sfoga infelicità e ineguaglianze sparando sulla folla; altri mettano i loro luoghi. Il dolore si fa meditazione, compagna d’un viaggio intrapreso «perché decido di fidarmi della vita», da «pellegrina». Il vademecum bandisce retori consolatori e pacifisti che terrebbero i conflitti lontani per conservare il loro benessere. Trebisonda, nell’immaginario porto sicuro smarrito, è sul Mar Nero. Grazie a donne come Marina io dico: «mai più» sia mare di guerra; «per sempre» invece terra di mezzo in cui – direbbe l’Autrice – «Dio compirà il nostro incompiuto». Ha scritto Nazim Hikmet, poeta turco: «I più belli dei nostri giorni / non li abbiamo ancora vissuti».

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

Sadhguru – Il Santone motociclista che corre per l’ecologia

Sadhguru, all’anagrafe Jaggi Vasudev, è un uomo straordinario, credetemi sulla parola. Un mistico, filosofo e attivista diverso da tutti gli altri, più o meno un incrocio tra Osho, Eddie Murphy, Valentino Rossi e una rockstar. Gira in moto, porta la barba lunghissima, indossa occhiali da sole scuri e alterna vestiti sportivi a tradizionali abiti indiani. Sessant’anni passati da un pezzo, questo santone dal cervello affilato come la lama di un coltello sta cambiando un discorso alla volta l’approccio con cui tante persone si relazionano al divino e alla vita. In quello che dice, in quello che fa, in quello che porta avanti, Sadhguru trova sempre nuovi spazi di comprensione. Mai una parola fuori posto. Concetti difficili spiegati in maniera semplice, diretta e ironica. Spesso è proprio grazie a una risata che riesce ad accendere il fuoco della consapevolezza.
In India è famoso come i Rolling Stones. In America lo amano in tanti, soprattutto fra le star di Hollywood. Will Smith lo ha pure invitato a casa sua. In Italia personaggi pubblici tipo Fabio Volo e Paola Maugeri ne parlano spesso. I suoi libri, divertenti e illuminanti quanto lui, qui da noi li pubblica Corbaccio, e la sua pagina Facebook – Sadhguru Italia – è seguitissima. Fidatevi di me e fatevi un favore, andate su internet e ascoltate qualcuno dei suoi discorsi: non costano nulla ma arricchiscono tanto.
Da qualche mese poi, il guru motociclista sta compiendo qualcosa di straordinario. Un giro in moto in solitaria lungo mezzo mondo per il progetto “Save the Soil” (Salviamo il suolo). Un viaggio che lo porterà a coprire circa 30.000 chilometri, incontrando centinaia di migliaia di persone attraversando decine di Paesi.
Il suo obiettivo? Sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi ambientale.
Il Movimento lanciato da Sadhguru ha l’obiettivo di raggiungere 3,5 miliardi di persone – il 60% dell’elettorato mondiale.
E bisogna fare in fretta visto che, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD), oltre il 90% del suolo della Terra potrebbe deteriorarsi entro il 2050 portando a crisi catastrofiche a livello globale: scarsità di cibo e acqua, siccità, carestie, cambiamenti climatici, migrazioni di massa e l’estinzione senza precedenti di intere specie animali.
E così il primo giorno di primavera Sadghuru è partito da Londra per la prima di una serie di tappe che lo hanno portato in tutta Europa, poi in Medio Oriente e che si concluderanno in India, non prima di una deviazione in Costa d’Avorio per la Conferenza delle Parti (COP15) dell’UNCCD sul futuro della gestione del suolo.
Come ben ricorda un articolo degli amici di Italia che Cambia, Sadhguru ha già dato il via a Karnataka – stato del Sud dell’India, meta finale del tour – al progetto Cauvery Calling, che ha lo scopo di facilitare la piantumazione di 2,42 miliardi di alberi in terreni agricoli privati nel bacino del fiume Kaveri. L’obiettivo è ripristinare la portata gravemente ridotta del fiume e rivitalizzare il suolo. Ad oggi i volontari di Cauvery Calling hanno permesso a 125.000 agricoltori di piantumare 62 milioni di alberi per risanare il suolo e rivitalizzare il fiume.
“Non importa quanto siamo facoltosi, istruiti e ricchi, i nostri figli non potranno vivere bene se non saremo capaci di recuperare il suolo e l’acqua” dice Sadhguru.
E allora accelera amico, macina un chilometro dopo l’altro e ricorda a tutti come ci sia un solo modo per combattere il buio: accendere la luce.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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Appunti sulla mondialità

Il Risiko della tassa globale

Sono stati il G20 e poi l’OCSE a dare il via a una piccola rivoluzione dal grande significato: quella della Global Tax, proposta da Joe Biden. Un provvedimento che dovrebbe introdurre un principio di equità fiscale globale, chiudendo una parentesi durata tre decenni in cui le grandi multinazionali, soprattutto quelle del settore digitale, sono riuscite legalmente a non versare tasse sui loro profitti, grazie ad abili giochi di fantasia fiscale. Si tratta di un tema di equità che si è fatto urgente: non a caso la decisione è stata presa durante il G20 di Roma, in piena pandemia, da parte di Stati che si stavano indebitando per sostenere società alle prese con il lockdown mentre alcuni comparti industriali e del terziario, proprio grazie alla pandemia, crescevano come mai in passato.

Il percorso della Global Tax verso un’applicazione efficace appare però tortuoso. Il provvedimento introduce una tassazione minima al 15%, nettamente inferiore al 22% proposto dagli Stati Uniti all’inizio delle trattative. Dovrebbe interessare le multinazionali con un fatturato globale sopra i 750 milioni di euro che versano le tasse in Paesi con aliquote inferiori, chiamate ora a versare al fisco del Paese di residenza la “quota mancante” per raggiungere la soglia del 15%. Inoltre, la Global Tax istituisce per le imprese digitali l’obbligo di versare una parte delle tasse nei Paesi in cui vendono e producono il loro fatturato, anche se hanno sede altrove; in questo secondo caso, però, il fatturato deve superare i 20 miliardi con un margine di profitto superiore almeno del 10% rispetto ai ricavi.

Visti questi numeri, parliamo di una tassazione poco più che simbolica. Anzitutto perché il 15% di tasse sui profitti è una delle aliquote più basse al mondo, se si escludono i paradisi fiscali, e poi perché le aziende digitali non avranno difficoltà a mostrare a bilancio che i loro profitti non superano il 10% dei ricavi. Dunque l’aspetto più forte di questo provvedimento dovrebbe essere il suo valore politico e simbolico. Ma la tassa, che avrebbe dovuto entrare in vigore all’inizio del 2023, è già stata rimandata di un anno. E non è nemmeno detto che alla fine venga davvero applicata, perché nel fronte dei Paesi che dovrebbero “spingere” per l’introduzione della nuova tassa si sono evidenziate diverse spaccature. Nel Consiglio Ecofin dell’Unione Europea dello scorso aprile sono rientrate le resistenze di Svezia, Malta ed Estonia, ma non quelle della Polonia, che minaccia di porre il veto alla riunione di fine maggio. In realtà Varsavia non è interessata alla questione della Global Tax: sta semplicemente tentando di ricattare l’Unione Europea per via del blocco dei pagamenti del PNNR decretato da Bruxelles verso i Paesi responsabili di violazioni dello Stato di diritto.

Negli Stati Uniti le cose non vanno meglio, il Senato è spaccato e i repubblicani non vorrebbero l’aumento della tassa introdotta da Donald Trump sui profitti all’estero delle multinazionali statunitensi, oggi al 10%.

In conclusione, la Global Tax è appesa a un filo. Con ogni probabilità seguirà la scia di altre riforme globali, come quella sul protezionismo in agricoltura in discussione al WTO dal 2003, indirizzata verso l’insabbiamento.

I grandi gruppi che sarebbero stati chiamati a fare la loro parte, versando cioè una parte dei profitti agli Stati in cui operano, sono diventati così potenti da impaurire e condizionare la politica. Chi li attacca rischia di morire, politicamente parlando, per via della grande massa di informazioni e della grande capacità di manipolazione dell’opinione pubblica di cui queste società dispongono.

Nel frattempo gli Stati continuano a indebitarsi, prima per la pandemia e ora per la corsa al riarmo, mentre interi comparti produttivi (sanità, logistica, informatica, armi) ingrassano ulteriormente. L’osmosi tra Stato ed economia rischia così di diventare un abbraccio soffocante da parte di operatori economici sempre più grandi e meno numerosi, che usufruiscono dei servizi materiali e immateriali offerti dagli Stati ma si sottraggono sistematicamente alle loro responsabilità. Prima di parlare di Global Tax al G20, forse andava riscritto il patto di convivenza tra il grande capitale e gli Stati. Perché i grandi capitalisti sono convinti, a ragion veduta, che le loro iniziative non abbiano più limiti né comportino costi, mentre i secondi si ostinano a tentare lotte di retroguardia che non hanno più la capacità di portare a termine.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

La scialuppa di salvataggio

«Ho scelto di fare la pace con la vita e con gli altri». È il modo che Gemma Capra ha scelto per ricordare il marito Luigi Calabresi, commissario di Polizia assassinato 50 anni fa. Quelle parole m’han toccato il cuore. Sono semplici, sembran venute da un altro mondo: un meteorite su Milano e, per la valenza simbolica delle cose piccole e vere, su Italia, Europa, mondo. Su Milano dove la violenza esplose in piazza Fontana, ma i germi della reazione covavano da quando col centrosinistra l’Italia parve matura da attuare Costituzione, democrazia dell’alternanza, incontro tra cattolicesimo popolare e riformismo socialista. Sul Paese gnucco nel non fare i conti con memoria e verità: son giorni, oltre che per Calabresi di ricorrenze per Pio La Torre, Falcone e Borsellino e grazie a Bellocchio l’omicidio Moro.

Su Europa e altri attori internazionali (Onu, Nato, Usa, Bruxelles, Cina, India, Turchia, Israele) di fatto impotenti perché sempre più irretiti da Putin. Lui continua a condurre il gioco; lascia agli altri d’agire di rimessa. Possono schierarsi in difesa dell’aggredita Ucraina, ma forte è la miopia di usare la politica estera per regolamenti interni (Italia docet!); decidere sanzioni, che però con gli assetti europei sono efficaci sinché non toccano l’interesse di uno Stato o di gruppi. Putin può addirittura alzare la posta, evocare l’incidente nucleare, giustificare la sua invasione con la paura di tutti. La scialuppa di salvataggio Vale per individui, gruppi, Stati. La navigazione della scialuppa, rischiosa e lunga, richiede scorte di: immaginazione, coraggio, pensieri, verità, utopie, cultura, fiducia, umiltà. Ci son scialuppe più di quanto si creda.

Nelle stesse ore in cui Gemma Capra dava respiro a Milano colla sua libertà, ai funerali di Valerio Onida è stato rivelato che, da Presidente della Consulta, il professore s’era prenotato come consulente per i diritti dei detenuti del carcere di Bollate. Fino alla fine fu la sua scialuppa. Ciascuno armi la propria se vuole la pace.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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    Doppio Click è la trasmissione di Radio Popolare dedicata ai temi di attualità legati al mondo di Internet e delle nuove tecnologie. Ogni settimana, dal lunedì al giovedì, approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. Ogni settimana approfondiamo le notizie più importanti, le curiosità e i retroscena di tutto ciò che succede sul Web e non solo. A cura di Marco Schiaffino.

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    L'Orizzonte delle Venti di mercoledì 17/09/2025

    A fine giornata selezioniamo il fatto nazionale o internazionale che ci è sembrato più interessante e lo sviluppiamo con il contributo dei nostri ospiti e collaboratori. Un approfondimento che chiude la giornata dell'informazione di Radio Popolare e fa da ponte con il giorno successivo.

    L’Orizzonte delle Venti - 17-09-2025

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    Vade retro gay: l'offensiva dei conservatori in Vaticano

    Gli omosessuali? Sono in peccato mortale e la chiesa non deve benedire le coppie gay. Sono parole del cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito per la congregazione della dottrina della fede. Il porporato è uno dei punti di riferimento dell’ala più conservatrice in Vaticano, che osteggiò papa Francesco. Müller ha detto anche che aver fatto passare le associazioni cattoliche dalla Porta Santa di San Pietro in occasione del Giubileo è “solo propaganda”. A chi si rivolge il cardinale? Vuole provare a influenzare Papa Leone? Ne abbiamo parlato con il giornalista vaticanista e scrittore Marco Politi, autore di "La rivoluzione incompiuta, la Chiesa dopo Francesco". L'intervista di Alessandro Principe.

    Clip - 17-09-2025

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    Esteri di mercoledì 17/09/2025

    Il giro del mondo in 24 ore. Ideato da Chawki Senouci e in onda dal 6 ottobre 2003. Ogni giorno alle 19 Chawki Senouci e Martina Stefanoni selezionano e raccontano fatti interessanti attraverso rubriche, reportage, interviste e approfondimenti. Il programma combina notizie e stacchi musicali, offrendo una panoramica variegata e coinvolgente degli eventi globali.

    Esteri - 17-09-2025

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    L'Orizzonte di mercoledì 17/09 18:33

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 17-09-2025

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    A Milano arriva il Godai Fest: Rodrigo D'Erasmo, tra gli ideatori, ce l'ha raccontato

    Sabato 20 e domenica 21 settembre al Paolo Pini di Milano si terrà la prima edizione del Godai Fest, il festival multidisciplinare che unisce la musica alle arti performative e visive nato da un’idea del musicista Rodrigo D’Erasmo, del produttore Daniele Tortora e dell’artista visivo Cristiano Carotti per abbattere i recinti di genere e di partecipazione, connettere le arti, sperimentare nuovi linguaggi, ampliare le visioni. L’arte, in tutte le sue declinazioni, sarà protagonista di un viaggio attraverso i 4 elementi della cultura umana (Fuoco, Terra, Acqua, Aria) ai quali si aggiunge, secondo la filosofia orientale, il principio del Vuoto. Ad ogni elemento corrisponde un curatore: Rodrigo D'Erasmo in questa intervista di Elisa Graci e Dario Grande a Volume ci ha presentato il concetto e il programma di questo festival.

    Volume - 17-09-2025

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    Poveri ma belli di mercoledì 17/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 17-09-2025

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    Vieni con me di mercoledì 17/09/2025

    Il primo Pride della Valtellina Chiavenna. L'emozione, ha fatto salir la fame! Per merenda: pane burro e acciughe con bollicina,. Poi via si torna a Milano, al Piccolo Salone del Libro Politico al Conchetta. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

    Clip - 17-09-2025

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    Volume di mercoledì 17/09/2025

    Oggi a Volume abbiamo iniziato parlando del Festival Suoni Delle Dolomiti giunto alla sua 30a edizione, ma anche del Godai Fest, evento che si terrà nel weekend al Parco Ex Paolo Pini di Milano e che ci racconta Rodrigo D'Erasmo in qualità di direttore artistico. A seguire segnaliamo il concerto-evento pro Palestina organizzato da Brian Eno che si terrà questa sera a Londra, e concludiamo con il quiz dedicato al cinema, oggi incentrato sul film Il Diavolo Veste Prada del 2006.

    Volume - 17-09-2025

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