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Tregua in Siria, spiragli per una pace più duratura

Alla mezzanotte tra venerdì 26 e sabato 27 febbraio dovrebbe essere entrata in vigore la tregua generalizzata in Siria, concordata una settimana fa tra il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov. Una telefonata tra Obama e Putin ha suggellato la “sintonia” tra le due grandi potenze. Sarà ad ogni caso una strana tregua, perché le operazioni militari continueranno, sia sul fronte sia nei comunicati e dichiarazioni ufficiali. A partire dallo stesso Kerry, co-promotore dell’iniziativa.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu dovrebbe adottare la sera di venerdì 26, una risoluzione a sostegno dell’accordo russo-americano. Il testo della Risoluzione, che esige a tutte le parti in conflitto di rispettare il cessate il fuoco, è proposto da Russia e Washington, e quindi non ci saranno ostacoli alla sua approvazione. In concomitanza sarà ascoltato in videoconferenza l’inviato Onu, Staffan de Mistura, sui progressi nei suoi contatti per la ripresa dei negoziati a Ginevra tra governo ed opposizione. La risoluzione chiede che “tutte le parti a cui si applica la cessazione delle ostilità la rispettino” ed esorta i membri del Gruppo di sostegno internazionale alla Siria di “usare la loro influenza sulle parti” per giungere a un “cessate-il-fuco duraturo”.

Al di là dei termini dell’accordo, che esclude giustamente dalla tregua le formazioni jihadiste legate alla galassia terroristica di Al Qaeda e di Daesh, tutte le premesse ci dicono che questa proposta non comporterà la fine delle ostilità. Diversi stati regionali facenti parte di quel Gruppo di sostegno Internazionale – citato nella risoluzione – che dovrebbero adoperarsi per la tregua, si smarcano.

Delegazioni militari e politiche di Arabia Saudita e Turchia si incontreranno ad Adana, non lontano dal confine siriano, per valutare la situazione sul terreno nel paese dilaniato da 5 anni di conflitto di tutti contro tutti. Sul tavolo sarà valutato anche quel piano B che il Segretario di Stato statunitense Kerry ha sbandierato in caso di fallimento del cessate il fuoco. Gli Usa non l’hanno mai specificato, ma la stampa turca e saudita sostengono che la prospettiva è quella dello smembramento della Siria in due o tre Stati e territori di influenza, compresa quella striscia di sicurezza che Ankara rivendica sulla linea di confine, per una profondità di 10 chilometri in territorio siriano.

Le forze governative siriane, con il pretesto della lotta contro il terrorismo, continueranno le loro operazioni militari, appoggiate dalle milizie Hezbollah libanesi, dagli istruttori iraniani e dai bombardamenti russi. Proprio nella notte tra il 25 e l’alba del 26 febbraio, le forze governative hanno preso il totale controllo di Khanasser, cittadina che controlla le vie di comunciazione e di rifornimento da sud verso Aleppo, strappandola dalle milizie daeshiste.

Questa tregua però ha degli aspetti positivi per i soccorsi umanitari verso le popolazioni assediate. Gli organismi dell’ONU si stanno mobilitando per far giungere derrate alimentari, medicine e carburante per una popolazione che viene valutata di circa 4,5 milioni di persone.

Se questa risoluzione sarà rispettata tra le due parti siriane che si sono confrontate al negoziato di Ginevra, cioè il governo di Assad e l’opposizione armata dialogante, forse uno spiraglio di una soluzione politica al conflitto siriano si potrà ricostruire. I negoziati di Ginevra infatti sono stati sospesi all’inizio di febbraio proprio per l’accanimento delle forze governative contro le città sotto il controllo dell’opposizione ed assediate dalle truppe del regime, sfruttando le difficoltà dell’opposizione politica divisa sulla scelta di andare o meno al tavolo del negoziato. De Mistura dovrebbe precisare al Consiglio di Sicurezza i risultati dei suoi colloqui e quali siano le prospettive per una ripresa.

La nuova tornata di incontri potrebbe tenersi in Svizzera alla fine della prossima settimana, a condizioni che la tregua tenga nel frattempo. Ricordiamo che la precedente tregua che avrebbe dovuto entrare in vigore venerdì scorso, 19 febbraio, secondo un altro accordo tra Mosca e Washington, è stata ignorata dai belligeranti. Anzi, le forze governative hanno intrapreso una massiccia offensiva che ha messo in difficoltà le formazioni militari dell’opposizione e costretto migliaia di abitanti della provincia di Aleppo alla fuga verso il confine turco. Ankara dal suo canto aveva intrapreso operazioni di cannoneggiamento da oltre confine contro le postazioni curde del Ypg-Pyd, le brigate che hanno liberato molti territori dalle mani del sedicente califfato.

Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha chiesto esplicitamente a Kerry di escludere i curdi dall’accordo di tregua, ma la richiesta è stata respinta.

L’immensità della tragedia siriana non lascia spazio a qualsiasi tipo di scetticismo e bisogna tentare tutte le strade per creare le condizioni per la pacificazione del paese e il ritorno dei profughi e degli sfollati. La via militare ha dimostrato il suo fallimento e soltanto “una pace dei coraggiosi” potrà lenire le sofferenze degli ultimi.

  • Autore articolo
    Farid Adly
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    “L'abbiamo vista arrivare”. La tecnica dell’odio secondo chi la studia da anni

    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

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    Le dita mozzate: un “very cold case” preistorico che indaga la sottomissione femminile

    Edizioni le Assassine pubblica e continuerà a pubblicare letteratura gialla nei suoi molteplici sottogeneri, proponendo e riscoprendo autrici del presente e del passato. L'obiettivo è quello di mettere in luce la capacità dello sguardo femminile di descrivere, decifrare e interpretare vari contesti sociali, senza mai sacrificare la suspense che è tipica di questo genere. Con gli stessi obiettivi, nasce ora la nuova collana Sisters, che apre a voci inedite in grado di creare storie appassionanti e memorabili, portando il lettore su sentieri narrativi inaspettati. Il primo titolo di Sisters è "Le dita mozzate" di Hannelore Cayre, un noir atipico in cui il nostro passato remoto diventa lo sfondo perfetto per indagare la nascita della sottomissione femminile e le sue origini, ambientato nella preistoria ispirandosi alla scoperta, avvenuta in Francia esattamente quarant'anni fa, della famosa Grotta Chauvet, con le sue pareti ricoperte di misteriose impronte di mani femminili mutilate. Ne ha parlato a Cult la traduttrice Simonetta Badioli.

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    Carceri. Pagano: “Serve lavorare sulle misure alternative alla detenzione”

    Luigi Pagano, già direttore di Bollate e San Vittore, ex provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria, è il nuovo garante dei detenuti di Milano e ci racconta cosa non funziona nel sistema carcerario ben oltre il sovraffollamento e il numero di suicidi e atti di autolesionismo fuori controllo: “La politica in atto mi sembra quella di utilizzare il carcere nell’ottica dell'ordine pubblico”. Decreti sicurezza e criminalizzazione di determinate fasce di popolazione riempiono le carceri delle questioni sociali: “Andando a guardare chi sono oggi i detenuti nella maggior parte sono irregolari, tossicodipendenti, malati di mente e poveri tout court che hanno commesso reati ma non hanno alcuna possibilità di ottenere misure alternative”. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia a Presto Presto.

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    Pubblica di lunedì 15/09/2025

    A distanza di qualche giorno, il discorso di Mattarella del 10 settembre scorso a Lubiana, in Slovenia, prende sempre più la forma di un sincero grido di allarme sui pericoli che sta correndo l'Europa e il mondo. La Russia di Putin e i droni minacciosi di Mosca sconfinati in Polonia, da un lato, e i bombardamenti dell'aviazione israeliana su Doha, dall'altro, rappresentano un pericolo crescente, un «crinale - ha detto Mattarella da Lubiana - in cui anche senza volerlo si può scivolare in un baratro di violenza incontrollata». E a governare questa situazione sembrano essere tornati i "sonnanbuli" di un secolo fa, quei goveranti che - secondo l'ormai classica tesi dello storico di Cambridge Christopher Clark - nel 1914 portarono l'Europa e il mondo alla prima guerra mondiale. Ma le preoccupazioni di Mattarella non finiscono qui. Nel messaggio inviato agli ospiti del Forum Ambrosetti di Cernobbio dieci giorni fa, il capo dello stato ha denunciato «il ruolo straripante delle corporazioni globali (Big Tech, ndr), quasi delle nuove Compagnie delle Indie». Secondo Mattarella, tali società globali «si arrogano un'assunzione di poteri che - insieme all'impulso di dominio neo-imperialista di alcuni paesi - rischia di essere letale per il futuro dell'umanità». Parola del presidente Sergio Mattarella. Pubblica oggi ha ospitato lo storico Giovanni Gozzini, dell'università di Siena, autore insieme a Marcello Flores di "Perchè la guerra" (Laterza, 2024).

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