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Stresa: quel cavo che non si doveva tranciare

magistrati strage Stresa funivia

Perché una funivia rifatta da testa a piedi cinque anni fa è caduta?
La notte  di  Stresa, nel Verbano, è stata illuminata dalle luci delle foto elettriche, a oltre mille metri di altezza, nei boschi del Mottarone. Si è lavorato senza sosta durante la notte per cercare le prove o anche solo gli indizi. Il cavo trainante si è spezzato e fino a ieri sera non c’era una versione univoca.

Si è tranciato il cavo portante, diceva il comandante dei Carabinieri. Il cavo portante è quello che regge il peso della cabina e dei suoi passeggeri. Ha ceduto il cavo trainante, quello che fa muovere la cabina, tirandola verso l’alto o verso il basso, secondo la versione fornita dal comandante dei Vigili del Fuoco.
Una cosa è chiara, secondo gli investigatori. Riguarda i sistemi di sicurezza. O non c’erano o non funzionavano o non sono stati sufficienti.
Eppure l’impianto era nuovo e tutti erano increduli, sgomenti. La sindaca di Stresa, Marcella Severino, della Lega, che non riusciva a dire che c’erano dei bambini morti, si interrompeva, si commuoveva, piangeva. L’impianto è del comune, i proprietari della società di gestione non si son fatti vedere, ha scritto una nota il loro avvocato per dire che i controlli erano a posto poi quel che è successo è tutto da verificare. Controlli sulle funi appena fatti, dovevano durare, dice la società.
La funivia ha ceduto nel punto di massima tensione, a poche centinaia di metri dalla vetta. Uno, due tonfi secchi dopo il volo nel vuoto, lo schianto, il sibilo dell’enorme cavo nell’aria come una frustata. Questo ha sentito la testimone che stava in un maneggio a due chilometri dal punto dell’incidente, il cavo ha sfiorato la sua proprietà e lei mostrava le foto della fune d’acciaio a terra.
Per noi è finita, avevamo appena riaperto, si dispera il ristoratore all’imbarcadero.
La sicurezza, indaghiamo su quello, dicevano i Carabinieri nei boschi di Mottarone mentre transitavano i furgoni che portavano a valle i morti.
La funivia era appena stata rifatta. La funivia è caduta. E non può essere caduta senza un perché

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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