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Donald Trump: “Via i trattati di commercio”

“Il messaggio è soprattutto uno. Compra americano. Assumi lavoratori americani“.

La frase è stata pronunciata da Donald Trump durante il suo discorso di inaugurazione. Puntuale, è arrivata la messa in pratica. Con un ordine esecutivo, il nuovo presidente cancella il TPP, la Trans Pacific Partnership, il trattato di commercio tra i Paesi che si affacciano sul Pacifico, che era stato per anni negoziato da Barack Obama con il consenso e l’appoggio convinto dei repubblicani – e che non era ancora stato approvato dal Congresso.

Stessa cosa avviene con il Nafta, il North American Free Trade Agreement negoziato da George HW Bush e firmato da Bill Clinton nel 1994 (anche questo accolto da un consenso bipartisan di democratici e repubblicani). Trump intende rinegoziarlo insieme al primo ministro canadese Justin Trudeau e al presidente messicano Enrique Peña Nieto, allargando la discussione “alle questioni dell’immigrazione e della sicurezza ai confini”.

Si tratta, da parte di Trump, di un modo per ripagare l’appoggio elettorale che gli hanno dato i settori della working class di Michigan, Wisconsin, Ohio. Una decisione che però rischia di mettere Trump in conflitto aperto con i repubblicani dei Congresso, che invece in questi anni hanno sempre appoggiato in modo convinto i trattati di commercio internazionale.

Una prima reazione di Paul Ryan, lo speaker della Camera, è comunque prudente. “Il presidente Trump non ha perso tempo a tener fede alle sue promesse”, ha detto Ryan, inizialmente un convinto sostenitore del TPP – tanto da appoggiare con convinzione i i tentativi di approvarlo da parte di Barack Obama -, in seguito più tiepido e elusivo.

Del resto, la richiesta forte di isolazionismo commerciale, che la candidatura di Trump ha raccolto e rilanciato, ha presto gettato una luce poco positiva sul TTP. La stessa Hillary Clinton, che da segretario di stato ha negoziato il patto, aveva espresso la preoccupazione che il TPP portasse benefici alle corporation a spese di lavoratori e ambienti.

Incontrando alcuni rappresentanti del mondo degli affari alla Casa Bianca a inizio mattinata di lunedì, Trump aveva in qualche modo anticipato le sue decisioni: “Vogliamo riportare l’industria manifatturiera nel nostro paese… Vogliamo tornare a fare i nostri prodotti, non vogliamo importarli, vogliamo farli qui. Questo non significa che non vogliamo commerciare. Vogliamo commerciare, ma vogliamo fare le cose nostre a casa nostra”.

Gli ordini esecutivi sul commercio non sono gli unici decisi da Trump nel suo primo giorno di lavoro. Trump ha anche deciso di bloccare le assunzioni di impiegati federali e ogni aumento di stipendio – altra promessa fatta in campagna elettorale. E, ancora, Trump ha reintrodotto un bando, che c’era già ai tempi di George W. Bush, per bloccare il finanziamento a quegli organismi internazionali che praticano aborti o danno informazioni sull’aborto.

Nel complesso, si tratta chiaramente di una serie di provvedimenti che come previsto intendono smantellare l’eredità di Barack Obama.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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