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Spagna, approvata la prima riforma delle pensioni di sinistra

riforma pensioni - spagna

Fare le riforme è un quasi sempre sinonimo di tagli alla spesa pubblica e aumento delle tasse. Per i paesi del sud dell’Europa coincide spesso con la medicina dell’austerità, prescritta da Bruxelles a ogni crisi economica. Per i governi di sinistra fare le riforme è sempre stato un problema. Ma tra le cose che la pandemia e la guerra in Ucraina hanno cambiato c’è l’atteggiamento dell’Unione Europea verso le capitali, a cui è stato lasciato un maggior margine di manovra nelle questioni interne a cambio dell’unità sull’appoggio a Kiev. A Madrid il nuovo stile della Commissione Europea ha aiutato il governo socialista di Pedro Sánchez ad approvare una riforma delle pensioni scritta insieme a Podemos, un partito contrario a qualsiasi taglio ai diritti sociali. “Con questa riforma delle pensioni vogliamo garantire il potere d’acquisto delle pensioni l’equità e la sostenibilità del sistema,” ha detto Sánchez presentando la riforma approvata venerdì lo scorso 10 marzo in consiglio dei ministri.

Tra le prime novità è che l’età per andare in pensione non cambia, rimane fissata a 65 anni per uomini e donne (che diventeranno 66 a partire dal 2027). Quello che cambia è il modo di calcolare l’assegno, cioè quanti soldi arrivano a fine mese a ogn pensionato. Podemos è riuscito a far passare un importante principio in questa riforma: chi guadagna di più’ dovrà contribuire di più al sistema pensionistico. Dal 2025 i salari più alti saranno soggetti a una ritenuta maggiore. E a partire dai 54 mila euro lordi annuali scatterà una “quota di solidarietà”. Aumenta anche il cosiddetto meccanismo di equità intergenerazionale, una piccola percentuale prelevata dallo stipendio di tutti i lavoratori per garantire la sostenibilità delle sistema previdenziale negli anni.

“Contrariamente alle riforme fatte fin’ora nella storia recente della Spagna, per la prima volta non ci sono tagli ma un aumento delle entrate”, ha riconosciuto la ministra del lavoro Yolanda Diaz, di Podemos. Le riforme del sistema previdenziale sono cicliche, perché la speranza di vita si è allungata ma la piramide demografica si è ristretta. Cioè nascono sempre meno figli per sostenere le pensioni dei genitori, con lavori sempre più precari e malpagati il cui contributo al mantenimento del sistema è minimo. E per questo per i prossimi 12 anni verrà cambiato anche il computo dell’assegno previdenziale. Per permettere al lavoratore di ottenere una pensione maggiore, potrà scegliere tra due sistemi di calcolo. Nel primo, per stabilire la quantità della pensione, verranno presi in considerazione gli ultimi 25 anni di contributi. Nel secondo potrà scegliere di ampliare il calcolo a 29 anni, da cui verranno sottratti i due in cui si è guadagnato di meno. Questa flessibilità aiuterà chi ha avuto lavori precari, concatenando diversi contratti nello stesso anno o chi avuto dei periodi di inattività provocati da un licenziamento. Tra gli obiettivi della riforma c’è poi quello di aumentare le pensioni minime da 700 a 900 nel 2027 e quelle di vecchiaia, che sono ancora al disotto dei 500 euro.

FOTO| Un manifestante indossa una maschera del Ministro dell’Inclusione, della Sicurezza Sociale e delle Migrazioni, Jose Luis Escriva, durante una protesta a Madrid, in difesa del sistema pensionistico pubblico in Spagna.

  • Autore articolo
    Giulio Maria Piantadosi
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    Una casa editrice di estrema destra si iscrive alla Fiera nazionale della Piccola e Media Editoria “Più libri, Più liberi”, organizzata dall’Associazione editori italiani. Alcuni intellettuali si chiedono se sia opportuno ospitare pensieri razzisti o apologie del nazismo e come spiega la filosofa e scrittrice Donatella Di Cesare, esperta internazionale di "negazionismo" (l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola “Tecnofascismo”): “Non discutiamo la libertà di pensiero e di pubblicazione per una casa editrice, ma l’idea della Fiera intitolata Più libri, Più Liberi a cui chiediamo se è giusto offrire questa vetrina ulteriore, così emblematica e significativa, dove verranno esposti autori e tematiche che in altri paesi europei come la Germania non sono tollerate”. “In Italia c’è una soglia molto bassa di attenzione, forse perché i temi storici non vengono approfonditi e siamo ancora nella vulgata del rigurgito del passato che ritorna o di temi folcloristici da non prendere seriamente e secondo me è un elemento critico e una mancanza di vigilanza culturale ed etica”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli.

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    C’è un tesoro in Italia, ambito da sempre, ed è il tesoro delle Assicurazioni Generali. Chi comanda a Trieste, comanda su un pezzo importante del paese. Per 70 anni il tesoro delle Generali è stato controllato da Mediobanca, che una volta era il salotto del capitalismo familiare italiano e oggi è una solida banca milanese. Nell’ultimo anno, grosso modo, due capitalisti nostrani, non si sa se anche coraggiosi, Francesco Gaetano Caltagirone, insieme a Francesco Milleri, hanno portato a termine il colpo del secolo: con un’operazione di scambio di azioni – e con il concorso esterno del MPS, fino a qualche mese fa banca di stato - hanno cacciato i vecchi azionisti dagli uffici di piazzetta Cuccia a Milano (Mediobanca) e al loro posto ci hanno messo se stessi più alcuni amici. In questo modo l’immobiliarista e editore Caltagirone, insiene al socio un po’ litigioso degli eredi Luxottica, hanno preso il controllo di Mediobanca. E lo hanno fatto con l’aiuto del MPS, banca pubblica privatizzanda. Preso il controllo di Mediobanca, i “nostri” Caltagirone&Soci hanno cominciato a vedere terra, la costa triestina, la casa mitteleuropea di Generali. Ora, su tutta questa operazione – sommariamente sintetizzata – qualcosa non ha funzionato. La Procura di Milano sta indagando per il mancato rispetto di alcune importanti formalità da codice penale: il “concerto” non previsto, il rispetto del “mercato” e delle autorità di controllo. Aspettiamo fiduciosi che la giustizia faccia il suo corso, mentre la politica rivendica i suoi meriti, giusti o sbagliati che siano. Pubblica oggi ha ospitato il giornalista e saggista Vittorio Malagutti (Domani) e il senatore del Pd Antonio Misiani.

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    Mara Morini politologa dell’Università di Genova, coordinatrice dello Standing Group “Russia e spazio post-sovietico” della Società Italiana di Scienza Politica (SISP), lascia poche chance all'accettazione da parte di Putin del "piano" messo a punto in Florida e presentato oggi dall'inviato speciale Witkoff al Cremlino, mentre Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova, già Ambasciatore e Capo di Gabinetto del ministero degli Esteri sottolinea come la tregua purtroppo si fissi sulla linea del fronte e poi le negoziazioni dovranno riuscire a ristabilire la sovranità dei territori, ma come anche l'aver affidato le trattative a uomini che non rispondo ai Parlamenti renda molto opaco tutto il processo. Donatella Di Cesare, filosofa e scrittrice, esperta internazionale di "negazionismo", l'ultimo suo libro per Einaudi si intitola Tecnofascismo, chiede conto alla fiera Più Libri Più Liberi promossa dall'Associazione italiana editori a Roma della presenza tra gli espositori della casa editrice di estrema dx Passaggio al Bosco. Infine Gianmarco Bachi annuncia "il corteo" di ascoltatrici, ascoltatori, lavoratori, collaboratrici e chi più ne ha più ne metta il prossimo 14 dicembre la mattina che dalla sede della radio in via Ollearo 5 si dirigerà alla Fabbrica del Vapore per la fine della maratona radiofonica di 50 ore e il via alle celebrazioni dei 50 anni di Radio Popolare.

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