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Rider in sciopero a Firenze, il caso Italpizza, quando a pagare è chi tutela e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di mercoledì 5 ottobre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Lo sciopero dei rider per la morte di Sebastian Galassi. Il maxi processo Italpizza e i rischi dei sindacati per la tutela dei lavoratori. Le prospettive del nuovo Governo e l’appoggio Draghi. Putin, i nuovi orizzonti di stabilità e il ritorno del gas russo in Italia.

Il presidio e lo sciopero dei rider dopo l’incredibile caso di Sebastian Galassi

Non si può morire per una consegna, non è accettabile che un algoritmo mandi una mail di licenziamento a chi è appena morto sul lavoro. A Firenze oggi si è svolto il presidio e lo sciopero dei rider dopo la morte del giovane. Il 26 enne sospeso con un messaggio da Glovo, la piattaforma di consegne a domicilio per cui lavorava, quando era già deceduto per un incidente durante una consegna .
Dal presidio Simona Gentile, Contro Radio di Firenze.

 

Il caso Italpizza: quando a pagare è chi si schiera per il lavoro

(di Massimo Alberti)

Dove invece chi lavora prova a ribellarsi a forme di sfruttamento, arriva la mannaia giudiziaria: 66 persone tra lavoratori, soprattutto stranieri, sindacalisti e sostenitori sono stati rinviati a giudizio dal tribunale di Modena per la vertenza Italpizza, colosso dei surgelati del modenese che esporta in tutto il mondo, accusato dal sindacato di essere cresciuto proprio grazie all’uso disinvolto di cooperative, lavoro precario, bassi salari.
Il rinvio a giudizio si accompagna ad una decisione senza precedenti: Italpizza è stata riconosciuta parte civile, ed il sindacato di base SiCobas responsabile civile: in caso di condanna al processo che inizierà a febbraio, il sindacato dovrà risarcire l’azienda che ha già chiesto 500 mila euro, senza però documentare i danni. Se il sindacato non potesse pagare, l’azienda potrà rivalersi sulle persone condannate. E non è l’unico caso nel cuore del sistema agroalimentare dell’Emilia Romagna, dove sono centinaia i lavoratori coinvolti in vicende giudiziarie per le lotte sindacali. Continua a leggere

Meloni è sicura, sarà il vero Governo dei migliori

(di Anna Bredice)

A sentire Mario Draghi il cronoprogramma del Pnrr non è mai stato così perfetto come ora, gli obiettivi sono stati tutti raggiunti e i pagamenti sono puntuali. Anzi, in vista del nuovo governo, quello vecchio ha lavorato ancora di più sui progetti che Bruxelles attende. Draghi ha parlato di tutto questo al termine della cabina di regia del Pnrr, una delle ultime riunioni convocate dal governo uscente. Negli stessi minuti, nel primo incontro di Giorgia Meloni con il suo partito, anche questo in qualche modo in attesa di sapere quanti posti occuperà nel governo, la prossima probabile inquilina di Palazzo Chigi ha messo le mani avanti, dicendo che sul Pnrr ci sono dei ritardi, ritardi che Bruxelles imputerà al nuovo governo, ma è tutta colpa del vecchio, cioè di Draghi, sostiene Meloni. Due versioni discordanti, che sembrano rappresentare prima crepa nella narrazione di grande sintonia tra Meloni e Draghi sui conti pubblici e sui problemi da risolvere. Draghi vuole finire il lavoro sul Pnrr e avanzare così avanti da non consentire modifiche, che non sarebbero accettate da Bruxelles, pena una sospensione dei pagamenti. Meloni invece sembra cercare già un pretesto e una giustificazione per gli intoppi e i ritardi che il suo governo potrebbe creare. Quello di oggi alla sede del partito è stato il primo confronto di Meloni con i suoi da quando ha vinto le elezioni e questo potrebbe aver condizionato un tono meno conciliante nei confronti di Draghi, come dire non sono diventata draghiana. Nello stesso tempo però conferma che i rapporti con l’Europa sarà uno dei tasti più delicati della politica economica. Lo è anche la composizione del governo, visto che Salvini continua a parlare da ministro in pectore. Meloni oggi anche ai suoi, e non solo alla Lega, ha voluto dare un messaggio preciso: il suo sarà il miglior governo possibile e se è necessario ci saranno anche tecnici nei ruoli più importanti, una risposta gelida per chi nel partito, in posizione di maggioranza nel futuro governo, non vede l’ora di entrare a Palazzo Chigi.

Ucraina, Putin prevede stabilità ma la realtà non promette bene

(di Emanuele Valenti)

Gli ucraini continuano a fare pressione verso Kherson, nel sud, e nel sud-est, il Donbass, anche nella regione di Luhansk. Uno sviluppo che ha un forte valore simbolico, visto che la regione di Luhansk era l’unica controllata interemente dai russi.
A Mosca parlano di riposizionamento, ma comunque ammettono di aver perso territorio. Lo stesso Putin ha detto che la situazione si stabilizzerà e che i territori annessi torneranno interamente alla Russia e lo rimarranno per sempre. I suoi generali parlano di “riposizionamento”, una narrazione a uso interno.
Dal Cremlino è uscito oggi anche un decreto che dichiara la centrale nucleare di Zaporizhia territorio russo. Finora il sito è stato sotto il controllo militare di Mosca ma gestito dal personale ucraino.
Verso Kyiv sta viaggiando il segretario generale dell’AIEA, Grossi, che poi andrà anche a Mosca. Obiettivo: un accordo per mettere in sicurezza proprio la centrale nucleare.
La Russia non ha ancora mandato sul campo i riservisti chiamati con la mobilitazione. Peskov, il portavoce del presidente, ha detto che non c’è alcuna contraddizione tra la ritirata a Kherson e nel Donbass e l’ufficializzazione delle annessioni di questi ultimi giorni. Ma per Putin le cose, al momento, non vanno sicuramente bene.

Torna il gas russo in Italia. Per ora ancora attese sulle nuove disposizioni

Oggi l’Eni ha annunciato che sono ripresi i flussi di gas russo verso l’Italia, dopo il blocco iniziato sabato e motivato con ragioni legate al passaggio attraverso l’Austria, e a delle norme sul settore approvate in quel paese. Domani e venerdì ci saranno dei vertici europei in cui si parlerà della crisi energetica. Oggi un portavoce della commissione ha detto che l’istituzione di Bruxelles sta lavorando a due ipotesi di tetto al prezzo del gas: uno sul metano usato per produrre elettricità e uno su quello scambiato nel continente finché non sarà riformato il mercato di Amsterdam, punto di riferimento per questa materia prima. Un’altra idea in discussione è un fondo comune per finanziare misure contro la crisi energetica. Da capire se e quando si arriverà ad approvare provvedimenti concreti su questo tema, dopo mesi di trattative e rinvii sulle decisioni da prendere in vista dell’inverno.

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    Redazione
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