Approfondimenti

La Francia schiera i blindati e vieta le manifestazioni, il mancato accordo europeo sui migranti e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di venerdì 30 giugno 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Per il quarto giorno di fila la Francia si prepara ad un’altra notte di rivolta e la prima ministra Elizabeth Borne ha annunciato che verranno dispiegati veicoli blindati della gendarmeria. A Bruxelles il Consiglio Europeo iniziato ieri è finito senza un accordo sul tema immigrazione, con Polonia e Ungheria che hanno detto no al patto approvato alcune settimane fa. Sul Mes, invece, dopo lo scontro nella maggioranza, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno ceduto alla linea dei moderati del centrodestra. In Ucraina è alta l’attenzione sulla centrale nucleare di Zaporizhizhia, dopo che stamattina il servizio di intelligence ucraino ha denunciato un allontanamento dalla centrale degli addetti russi. Negli Stati Uniti oggi la corte suprema ha emesso due sentenze importanti e sferrato un altro duro colpo all’amministrazione di Joe Biden.

La Francia schiera i blindati per le strade

Per il quarto giorno di fila la Francia si prepara ad un’altra notte di rivolta. Nelle città di tutto il paese – e soprattutto nelle banlieue – sono già ricominciati i disordini e i saccheggi di negozi e centri commerciali, conseguenza delle proteste scoppiate dopo la morte di Nahel, il 17enne ucciso martedì dalla polizia a Nanterre. Le prefetture di diverse grandi città, come Marsiglia, Lione o Bordeaux, hanno vietato le manifestazioni nei centri cittadini, mentre la prima ministra Elizabeth Borne ha annunciato che verranno dispiegati veicoli blindati della gendarmeria. Decisioni che rientrano tra le misure annunciate dal presidente Emmanuel Macron al termine dell’unità di crisi che si è riunita nel primo pomeriggio. Da Parigi Bruno Giorgini:

Il governo francese, intanto, ha detto di aver respinto le accuse di razzismo arrivate dall’ONU. “Qualsiasi accusa di razzismo o discriminazione sistemica è totalmente infondata”, ha detto il ministero degli Esteri. Oggi portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva chiesto alla Francia di affrontare “seriamente i gravi problemi di razzismo e discriminazione sociale all’interno delle forze dell’ordine”.
Ne abbiamo parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia:


 

Salta l’accordo sui migranti al Consiglio Europeo

A Bruxelles il Consiglio Europeo iniziato ieri è finito senza un accordo sul tema immigrazione. Polonia e Ungheria hanno detto no al patto approvato alcune settimane fa, che prevede che chi rifiuta di partecipare all’accoglienza paghi una somma in denaro. La posizione di Varsavia e Budapest è rimasta la stessa anche dopo un incontro tra i loro primi ministri e Giorgia Meloni, alleata da anni delle destre al potere in quei paesi. “Non sono mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali” ha detto dopo il vertice la Presidente del Consiglio, che però di fatto si è vista sbattere la porta in faccia in nome del sovranismo che lei stessa sostiene. A Lampedusa intanto il centro per migranti è arrivato a ospitarne quasi 3.300, otto volte la capienza massima, dati i continui sbarchi delle scorse ore. Due persone hanno parlato di un naufragio e di persone disperse, ma non hanno saputo dire quante siano.

4 mesi di sospensiva per il Mes: ha vinto la linea morbida di Giorgetti

(di Anna Bredice)

Due bagni di realtà oggi che mettono in ombra la propaganda del governo rispetto all’Europa. Uno arriva dall’Aula di Montecitorio, l’altro dalle indiscrezioni che sono arrivate dal Consiglio Europeo. Per il Mes la sospensiva che si voterà la prossima settimana sarà solo di 4 mesi e non di un anno, dall’altra parte l’evidenza che ci sono dei problemi per il pagamento della terza rata del PNRR: Bruxelles si sarebbe detta disponibile a pagarla solo parzialmente, Meloni avrebbe detto di no per una questione di reputazione nazionale. “L’opzione non è mai stata sul tavolo”, dice Palazzo Chigi, smentendo questa ipotesi, ma i dubbi restano. Nella maggioranza invece l’hanno avuta vinta le perplessità di Forza Italia da un lato e forse anche il parere del ministro dell’Economia, quel Giorgetti che la ratifica del Mes l’avrebbe già fatta senza problemi. Di fronte al no della Lega o al rinvio a dopo le elezioni europee, avrebbero detto di no. Non era possibile, sarebbe stato troppo per i partiti di governo che appartengono al gruppo dei popolari in Europa e che non hanno mai avuto grandi dubbi sulla ratifica del Fondo salva stati. Quindi la prossima settimana si voterà una sospensiva fino all’autunno, quando i nodi verranno di nuovo tutti al pettine e bisognerà risolverli, dicendo sì o no, a pochi mesi dalle elezioni europee.

La Russia è pronta ad attaccare la centrale nucleare di Zaporizhizhia?

In Ucraina è alta l’attenzione sulla centrale nucleare di Zaporizhizhia, dopo che stamattina il servizio di intelligence ucraino ha denunciato un allontanamento dalla centrale degli addetti russi. Anche i tecnici ucraini avrebbero ricevuto l’indicazione di andare via entro lunedì. Secondo Kiev, questo sarebbe il segno di un attacco russo in programma sulla centrale. La preoccupazione è che ci possa essere una “nuova Chernobyl”. Questo paragone con Zaporizhizhia, però, sembra non essere adeguato.

In Russia intanto si è conclusa oggi la visita del cardinale Zuppi, l’inviato per la missione di pace del Vaticano. Il suo viaggio è durato tre giorni, stamattina l’ultimo incontro è stato con il consigliere di Putin, Yuri Ushakov. La posizione del Vaticano è “equilibrata e imparziale” dicono dal Cremlino, “ma nessuna idea specifica è stata avanzata”. Un comunicato del Vaticano ha sottolineato che la visita a Mosca era finalizzata a individuare “iniziative umanitarie che possano aprire percorsi di Pace”.

Il nuovo colpo della Corte Suprema USA all’amministrazione di Biden

Negli Stati Uniti oggi la corte suprema ha emesso due sentenze importanti. Con la prima ha dato ragione a una web designer che si rifiuta di offrire i suoi servizi per i matrimoni omosessuali. Il caso arriva dal Colorado, uno degli Stati americani che vietano alle aziende che lavorano col pubblico di discriminare in base all’orientamento sessuale. Joe Biden ha commentato dicendosi “molto preoccupato” dai possibili effetti di questa decisione del tribunale. Il secondo verdetto riguarda il piano del presidente sui debiti studenteschi, una questione che coinvolge decine di milioni di persone.

(di Roberto Festa)

La Corte Suprema a maggioranza conservatrice ha sferrato oggi un altro colpo alle politiche dell’amministrazione di Joe Biden. A maggioranza, 6 contro 3, sei giudici conservatori contro i tre liberal, la Corte ha stabilito che il programma di cancellazione di parte del debito studentesco, approvato da questa amministrazione, è contrario alla Costituzione, in quanto oltrepassa i poteri dell’esecutivo, in questo caso i poteri del Dipartimento all’educazione. Una decisione di questo tipo, secondo la Corte, che sarebbe costata al contribuente americano oltre 400 miliardi di dollari nel giro di tre decenni, è troppo importante, troppo significativa, per non passare attraverso il Congresso. L’amministrazione Biden aveva invocato una legge del 2003, conosciuta come Heoros Act, per condonare, appunto, parte del debito in tempi di pandemia. Fino a 10.000 dollari di debito per le persone che guadagnano meno di $ 125.000 all’anno. Ora, appunto, arriva la scure della Corte Suprema, che blocca tutto. Quasi 26 milioni di americani avevano già chiesto la cancellazione di parte del debito studentesco, con 16 milioni di domande già approvate. Ora Biden annuncia nuove misure per mantenere in vita il programma, ma è molto improbabile che abbia i margini politici, e legali, per intervenire. Una delle poche, vere, realizzazioni di questa amministrazione viene dunque cancellata. Prosegue l’azione di questa Corte Suprema che, un colpo dopo l’altro, sta smantellando conquiste e diritti, sociali, politici, civili, di decenni.

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    La mobilitazione di lavoratrici e lavoratori di McDonald’s proseguirà anche nei punti vendita gestiti da affiliati, se l’azienda continuerà a rifiutare di aprire un tavolo di trattativa per il contratto integrativo aziendale. Lo dicono i sindacati, che lo scorso fine settimana hanno indetto uno sciopero di otto ore per i dipendenti diretti di Mc Donald's Italia. L’azienda sostiene che – con il 92% dei ristoranti gestito da affiliati – non sarebbe dovuto un integrativo per i pochi punti vendita diretti, che in Italia sono solo 60 su 740. A Bergamo, dove McDonald’s ne gestisce direttamente due all’interno del centro commerciale Orio Center, con più di 70 dipendenti, hanno aderito in tante e tanti. Daria Locatelli di Filcams CGIL Bergamo ha seguito la vicenda.

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