Approfondimenti

Le manifestazioni no Green Pass, l’allarme tamponi delle regioni, il blackout totale in Libano e le altre notizie della giornata

no green pass

Il racconto della giornata di sabato 9 ottobre 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Decine di migliaia di persone in tutta Italia hanno manifestano contro il Green pass. A Roma, guidati dai neofascisti di Forza Nuova, alcuni gruppi hanno sfondato la sede della CGIL; davanti a Palazzo Chigi la polizia ha dovuto aprire gli idranti per fermare i manifestanti. A pochi giorni dal 15 ottobre le regioni lanciano l’allarme, sarà necessario estendere la validità dei tamponi o si rischierà il caos. Il Libano è al buio, le ultime scorte di elettricità sono finite e tutto il Paese sta affrontando un blackout. Dopo solo due giorni dalla sospensione la Corte d’Appello ha riportato in vigore la legge anti aborto in Texas. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Decine di migliaia di persone in piazza contro il Green Pass

A Roma almeno 10mila persone contrarie al green pass hanno paralizzato il centro della Capitale.
La manifestazione, convocata inizialmente a Piazza del Popolo, si è trasformata nel giro di poche ore in un corteo. Tra i dimostranti anche gruppi neo fascisti che hanno guidato alcune frange del corteo sotto la sede della Cgil. Qui hanno sfondato le porte entrando nell’edificio. Altre pezzi del corteo si sono diretti in altre zone di Roma, tra cui palazzo Chigi. Lungo tutto il percorso ci sono stati scontri con la polizia. Cariche, camionette prese d’assalto, lanci di petardi. Di fronte alla sede del governo la polizia ha aperto gli idranti. È una della manifestazioni no green pass più partecipate e agitate dall’inizio delle proteste. Tra i principali organizzatori c’erano anche diversi esponenti neofascisti. Il vicesegretario di Forza Nuova Giuliano Castellino ha arringato la folla al grido di “Stasera ci prendiamo Roma”.

Il racconto dalla Capaitale della nostra collaboratrice Cecilia Ferrara.

Le regioni lanciano l’allarme: “Non riusciremo a gestire un così alto numero di tamponi”

A pochi giorni dal 15 ottobre, quando il green pass al lavoro sarà obbligatorio, le Regioni lanciano l’allarme. Vanno allungati i tempi di validità dei tamponi o si rischia il caos, hanno detto oggi al governo. Secondo le Regioni, il rischio è che da venerdì il numero di test da eseguire ogni giorno sia troppo alto da sostenere per i laboratori del territorio. Il primo ad aprire la questione è stato il presidente del Veneto Zaia. A lui oggi si sono accodati altri governatori, la Lega e Forza Italia. La richiesta è quella di estendere la validità dei tamponi antigenici da 48 a 72 ore, in modo da alleggerire il carico del lavoro quotidiano.
Zaia oggi ha detto che in Veneto vengono eseguiti circa 60 mila test al giorno, mentre le persone senza green pass in età lavorativa potrebbero essere fino a 300 mila.
Quanto è concreto l’allarme delle Regioni?

Lo abbiamo chiesto a Giovanni Sebastiani, matematico del Consiglio nazionale delle ricerche.

La difficile situazione di Meloni e Salvini

(di Michele Migone)

Matteo Salvini cerca di uscire dall’angolo in cui si trova appoggiandosi a un muro, quello che 12 paesi europei hanno chiesto alla Ue di finanziare e costruire sui confini sudorientale del Vecchio Continente per fermare i migranti. L’immigrazione è stato il vero cavallo di battaglia del leader leghista. Sul No allo Straniero ha costruito la sua fortuna elettorale nel 2018. Ma, dopo la Pandemia, ora non è più la priorità per gli italiani, preoccupati più per la ripresa economica che per gli sbarchi sulle nostre coste. Lo si è capito bene con il calo di consensi della Lega. Salvini però sembra un disco rotto. E ogni volta che ne ha l’occasione rispolvera la carta che tanto gli ha portato fortuna, ma che non è più la determinante da giocare. Il modello Orban, il rapporto con Visigrad rimangono però altri elementi dell’anti europeismo di Salvini. Ma, anche in questo caso il leader leghista non sembra aver compreso l’evoluzione della percezione dell’opinione pubblica italiana rispetto a Bruxelles dopo lo stanziamento dei miliardi del Recovery Fund. Gridare contro l’Ue può piacere a segmenti ma non certo alla maggioranza dell’elettorato. Che anzi – vedi il Nord produttivo e il Sud alla ricerca di fondi – guarda al Pnrr come all’ultimo treno ed è stanco dei giochi di salvini. Parla solo al suo elettorato tradizionale sovranista anche Giorgia Meloni quando si schiera con la Polonia per la supremazia delle leggi nazionali contro i trattati europei. Per Roma (città citata non a caso) Varsavia è più lontana da Bruxelles. La leader di Fratelli d’Italia cerca di presentarsi come l’interlocutrice privilegiata dell’Europa di Visigrad, ma per buona parte degli elettori italiani quello è solo un punto sulla carta geografica, non certo un’opzione politica credibile. I sovranisti nostrani non hanno elaborato altre ricette. E si vede.

Il Libano è in blackout totale

(di Martina Stefanoni)
Il Libano è al buio, ma la cosa drammatica e che per i libanesi, questa non è una grande novità. A mezzogiorno, le due più grandi e importanti centrali elettriche del paese sono rimaste senza olio combustibile, e hanno smesso di fornire elettricità. Tutto il paese si trova ora immerso in un blackout totale. Ma sono mesi, racconta chi si trova lì, che la corrente statale è fornita solo per un massimo di 3 ore al giorno. Per il resto del tempo ci si arrangia con i generatori, che però, spesso non sono in grado di coprire tutta la giornata, lasciando quindi spesso il paese senza corrente. Ora, il fatto che le ultime scorte di elettricità statale siano finite significa che i generatori verranno sovraccaricati con una richiesta che non sono in grado di soddisfare, mettendo a rischio la sopravvivenza di servizi essenziali, come gli ospedali. Questa situazione, quindi, non arriva all’improvviso. La mancanza di carburate – e quindi di conseguenza di elettricità – è legata ad una più grande crisi economica che il libano sta affrontando da circa 2 anni. Una crisi che si è aggravata ed è precipitata a maggio, quando quando l’azienda turca di energia Karpowership ha chiuso la sua fornitura di elettricità al paese perché da 18 mesi non veniva pagata. Secondo fonti ufficiali, potrebbero volerci diversi giorni per uscire dal blackout di oggi, ma per uscire dal buio in cui il Libano è sprofondato, servirà molto di più.

La corte d’appello ripristina la legge anti aborto in Texas

La corte d’appello federale di New Orleans ha permesso al Texas di ripristinare la controversa legge che vieta la maggior parte degli aborti nello Stato. La legge, quindi, torna in vigore solamente tre giorni dopo la sospensione imposta da un giudice federale che aveva accolto il ricorso dell’amministrazione di Joe Biden. Ora, con ogni probabilità, il governo federale contesterà la decisione della corte d’appello alla Corte suprema degli Stati Uniti, che però già a settembre, non era intervenuta per bloccare l’entrata in vigore della legge.
Una situazione che crea una sorta di scontro legale tra i vari poteri giudiziari delgli Stati Uniti.
Ne abbiamo parlato con l’americanista Mario del Pero

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

 

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    1) “L’obiettivo è distruggere lo spirito della società palestinese”. La Ong israeliana B’tselem descrive il sistema carcerario israeliano mentre i prigionieri rilasciati mostrano i segni delle torture. (Shai Parnes - B’tselem) 2) Stati Uniti, Trump all’ultimo blocca l’invio degli agenti federali a San Francisco, ma nella città californiana regna incertezza. L’intervista di Esteri. (Eric Leenson - amici di La Peña) 3) Una settimana di proteste razziste a Dublino. Nella capitale irlandese, centinaia di persone hanno manifestato ogni sera contro un’ hotel che ospita richiedenti asilo. (Elena Siniscalco) 4) Domani si vota in Costa D’avorio. L’83enne Alassane Ouattara si prepara ad ottenere il suo quarto mandato. (Giovanni Carbone - Ispi) 5) Mondialità. Le banane del mediterraneo. Il cambiamento climatico modifica la geografia dall’agricoltura. (Alfredo Somoza) 6) Al premio Tenco, la memoria del poeta palestinese Refaat Alraeer, ucciso nella striscia di Gaza. (Nabil Bey Salameh - Radiodervish)

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    Oltre 6.500 firme in due giorni per salvare il bovino scappato da un macello di Correzzana, in provincia di Monza e Brianza, martedì scorso. L’Enpa, l’Ente Nazionale Protezione Animali, di Merate ne ha raccolte oltre 2.000 solo oggi e con il sostegno dei Santuari animali liberi chiede di prendere in carico l’animale, forse una manzetta secondo alcuni. L’Agenzia per la tutela della salute (Ats) della Brianza e i Carabinieri stanno valutando l'utilizzo dei droni per provare a individuarlo. Ora l’animale si trova nella zona di Merate, dove si nasconde tra i boschi della Valle della Nava e i campi, e da dove non dovrebbe spostarsi secondo Silvana Benedetti, Responsabile Enpa Lecco-Merate, che aggiunge: “L’istinto di libertà e sopravvivenza dell’animale è altissimo”. Ascolta l’intervista a cura di Martino Fiumi.

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