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Berlusconi di nuovo ricoverato al San Raffaele, la difficile battaglia a Bakhmut e le altre notizie della giornata

Berlusconi ANSA

Il racconto della giornata di mercoledì 5 aprile 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Silvio Berlusconi è di nuovo ricoverato al San Raffaele di Milano a meno di una settimana da una serie di controlli effettuati nella struttura ospedaliera dal leader di Forza Italia. A Bakhmut la battaglia è ancora in corso, le truppe ucraine continuano a resistere all’offensiva russa e una ritirata – per il momento – non è in programma. Sempre più profitti, sempre meno salari: il carovita crea nuovi poveri, calano i consumi, le fasce più basse tagliano anche sul cibo, mentre le grandi imprese accumulano miliardi. I vertici del Calcio Italiano e Internazionale hanno espresso solidarietà a Romelu Lukaku, il giocatore dell’Inter vittima di insulti razzisti durante la semifinale di Coppa Italia con la Juventus.

Berlusconi ricoverato al San Raffaele

È stata una giornata di attesa al San Raffaele, un’attesa a cercare di dare un senso alle presenze, alle pochissime parole che filtravano tra l’interno e l’esterno dell’ospedale.
 “Ce la farà anche stavolta – ha detto il fratello di Berlusconi, Paolo, uscendo dall’ospedale – è una roccia. L’umore? Il nostro è buono” ha concluso prima di salire in macchina. 
Il flusso raro delle auto dei figli di Berlusconi e della senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli hanno accompagnato il pomeriggio, trascorso a dare un senso anche ad altre parole: le condizioni di salute definite, in via ufficiosa, delicate ma stazionarie. 
Meno di una settimana fa Berlusconi era stato qui alcuni giorni, “visite ed esami di controllo” si era detto, ora il ministro Tajani e alcuni colleghi di partito parlano di una “ricaduta”, di un “problema irrisolto”, probabilmente una polmonite, che avrebbe portato al ricovero in terapia intensiva.
 Un ricovero su cui mancano per il momento informazioni ufficiali. La decisione del medico di Berlusconi, il dottor Zangrillo, per oggi, è stata di non diffondere un bollettino.

La difficile battaglia a Bakhmut e la processione europea in Cina

A Bakhmut la battaglia è ancora in corso. Secondo il presidente ucraino Zelensky la situazione è molto difficile, ma le truppe ucraine continuano a resistere all’offensiva russa e una ritirata – per il momento – non è in programma. Secondo l’agenzia Reuters, Kiev si starebbe preparando all’imminente controffensiva di primavera con otto nuove brigate d’assalto, per un totale di 40mila soldati.
Zelensky, in visita a Varsavia, ha ringraziato la Polonia per il sostegno ed è tornato a chiedere nuove armi. Durante la conferenza stampa congiunta il presidente Duda ha detto che la Polonia ha già trasferito un totale di otto caccia militari in Ucraina e si prepara a trasferirne altri sei.
Il grande sostegno dimostrato dal governo polacco a Kiev, però, non rispecchia quello della popolazione. Poco prima della visita di oggi di Zelensky il ministro dell’agricoltura polacco ha annunciato le sue dimissioni in seguito alla crescente rabbia degli agricoltori per l’impatto delle importazioni di grano ucraino sui prezzi. L’insofferenza polacca verso il sostegno del governo all’ucraina, però, non riguarda solo l’agricoltura, ma è un sentimento ampiamente diffuso.

Oggi intanto Macron è arrivato in Cina dove domani, con Ursula von der Leyen, incontrerà Xi Jinping. Parlando con i giornalisti il presidente Francese ha detto che la Cina può avere un ruolo importante nella costruzione della pace in Ucraina, ma che chiunque aiuti la Russia nell’aggressione verrà considerato complice.

Scende ancora il potere di acquisto delle famiglie italiane

(di Massimo Alberti)

Sempre più profitti, sempre meno salari.
 Il carovita crea nuovi poveri, calano i consumi, le fasce più basse tagliano anche sul cibo, mentre le grandi imprese accumulano miliardi.
A dirlo senza giri di parole è il rapporto Istat uscito oggi. L’Italia è un paese Paese ingiusto e la situazione sta diventando insostenibile, tra il deserto di interventi politici e la debolezza dei sindacati.
Le imprese continuano a tenere i prezzi alti nonostante il calo dei costi di produzione, e moltiplicano i profitti. Ed i consumi calano, ma non per tutti. Mentre le fasce di reddito più basse sono costrette a tagliare anche l’acquisto di cibo.
C’è un dato, tra i tanti numeri diffusi dall’Istat, che fa impressione. Tra gli alimentari, i consumi in valore sono aumentati del 7,9%. In volume, del 4,9%. Per capirci, in modo non matematico: se una famiglia prima comprava 5 mele, ora ne acquista 4 ma le paga come 6. E questo grava soprattutto sulle fasce di reddito più basse. I consumi, nel complesso in calo, tengono grazie alle fasce di reddito più alte che spendono i nuovi profitti ed i risparmi accumulati nel periodo del covid, mentre le fasce di reddito più basse devono erodere i risparmi per il cibo, i cui volumi di consumo sono in drastico calo. I redditi sono cresciuti lievemente, 0,8%, tritati da un inflazione 10 volte più grande, ed anche di più sui beni di largo consumo. Ma c’è chi festeggia. Sono le imprese, che a fronte di un calo dei prezzi di produzione di quasi l’8%, hanno aumentato i loro profitti dell’1,9% su gennaio e del 3% sul quarto trimestre 2021. Insomma le imprese hanno meno costi ma non abbassano i prezzi, generando così l’inflazione che ricade sui ceti più deboli, come ormai ha dovuto ammettere anche la banca centrale europea che non sembra però voler fermare il rialzo dei tassi, ulteriore aggravio sulle famiglie. Un accumulazione di profitti privati che non ricade sulla collettività, visto che il tasso di investimenti è in calo dello 0,4%. In questo quadro non si vedono all’orizzonte provvedimenti per riequilibrare un po’ disuguaglianze ormai inaccettabili, anzi: tra riforma del fisco e del lavoro e l’eliminazione del reddito di cittadinanza, il governo le sta per aggravare. Mentre i sindacati non sembrano in grado di dare una risposta all’altezza.
Da mesi il sindacato confederale giustamente tuona contro le scelte del governo, descritte con toni assai gravi e chiedendo il ritiro dei provvedimenti. Almeno per Cgil e Uil, con una Cisl ormai smarcata che guarda addirittura con favore ad alcune scelte di Meloni. E così, al dunque, la mobilitazione di fatto non c’è. Tre manifestazioni interregionali tra oltre un mese, forse una nazionale a giugno, nessuno sciopero, non gradito alla Cisl, che ha fatto togliere dalla piattaforma anche l’autonomia differenziata, un altro tassello nell’aggravio delle disuguaglianze. Alla radicalità della mobilitazione si antepone l’unità sindacale, rendendo stridente il contrasto con le parole usate nel descrivere le scelte del governo, che continua ad ignorare ogni richiesta sindacale. Errori passati, ma anche frammentazione e aumento del lavoro povero e precario. Cause e radici di questa debolezza sono tante e non sono nuove. Resta il problema di come riprendere il bandolo di una matassa che sembra persa. Un segnale di debolezza che fa ancora più effetto mentre, in paesi che stanno meglio di noi, la conflittualità sociale si è radicalmente alzata proprio sul tema della redistribuzione dei profitti.

L’ennesimo episodio di razzismo negli stadi italiani

I vertici del Calcio Italiano e Internazionale hanno espresso solidarietà a Romelu Lukaku, il giocatore dell’Inter vittima di insulti razzisti durante la semifinale di Coppa Italia con la Juventus che si è giocata ieri sera a Torino. “Dobbiamo garantire l’applicazione di severe sanzioni, nel calcio non c’è posto per il razzismo”, ha dichiarato Gianni Infantino, presidente della Fifa.
Su quanto accaduto ieri sera è tornato anche il giocatore dell’Inter: “La storia si ripete. Ci sono passato nel 2019 e di nuovo nel 2023. Spero che questa volta la Lega prenda davvero provvedimenti perché questo bellissimo gioco dovrebbe essere apprezzato da tutti” ha scritto Lukaku in un post su Istagram.
L’attaccante dell’Inter in queste ore sta ricevendo la solidarietà di campioni del calcio e dello sport. Quanto accaduto ieri sera è l’ennesimo episodio di razzismo negli stadi italiani. Qualche mese fa il giocatore del Lecce e campione del mondo con la Francia Humtiti è uscito in lacrime dal campo per gli insulti razzisti ricevuti da una parte dei tifosi della Lazio. Pippo Russo, giornalista e sociologo dello sport:


 

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    L’Orizzonte delle Venti - 11-02-2025

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    La tregua a Gaza è sempre più in bilico

    È sempre più in bilico la tregua a Gaza. Il premier israeliano Netanyahu ha detto che la decisione presa all'unanimità dal governo è che "se Hamas non restituisce gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno", senza specificare il numero, "il cessate il fuoco verrà interrotto e l’esercito tornerà a combattere. Netanyahu ha anche detto che "alla luce dell'annuncio di Hamas della sua decisione di sospendere il rilascio degli ostaggi, ha ordinato alle Idf di radunare le forze dentro e intorno alla Striscia di Gaza". Le dichiarazioni di Netanyahu seguono quelle di Trump, che ha minacciato “l’inferno” se Hamas non libererà TUTTI gli ostaggi sabato, anche se secondo gli accordi era previsto il rilascio solo di 3 ostaggi. Il rischio della ripresa della guerra si unisce anche al piano di Donald Trump di svuotare la striscia di Gaza. Oggi ha ricevuto a Washington il Re di Giordania, che – insieme all’Egitto – è uno dei paesi individuati da Trump per accogliere i palestinesi espulsi da Gaza. Sia Amman che Il Cairo hanno rigettato la proposta, e Trump ha minacciato di tagliare i fondi a questi due paesi, in violazione anche degli accordi di Camp David del 1979. Sentiamo Eric Salerno, giornalista e scrittore esperto di Medio Oriente:

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    1) A rischio la tregua a Gaza. Netanyahu segue Trump: se Hamas non libera gli ostaggi sabato riprende la guerra. Intanto il re di Giordania visita il presidente Usa per discutere del piano americano per il futuro della striscia. (Eric Salerno) 2) Stati Uniti, i dazi su alluminio e acciaio rischiano di rivoltarsi contro l’amministrazione. L’aumento dell’inflazione metterebbe a rischio l’intera strategia politica di Trump. (Roberto Festa) 3) Il no britannico ad un’intelligenza artificiale “inclusiva e sostenibile”. Solo Londra e Washington non firmano la dichiarazione del vertice di Parigi. (Daniele Fisichella) 4) La Spagna controcorrente. Mentre tutti fanno la guerra ai migranti, Sanchez concede il permesso di soggiorno a 25mila persone colpite dalle alluvioni di Valencia. (Giulio Maria Piantadosi) 5) “Abbiamo atteso già troppo per la nostra libertà”. 35 anni fa Nelson Mandela uscì dal carcere dopo oltre 27 anni. 6) Rubrica Sportiva. Il ritorno in campo di Khadija Shaw. La calciatrice del Manchester City reagisce agli insulti razzisti. (Luca Parena)

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