Approfondimenti

Nessuna defezione di massa dopo le preoccupazioni su AstraZeneca, gli stagisti over 55 e le altre notizie della giornata

vaccini moderna ANSA

Il racconto della giornata di mercoledì 17 marzo 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Le preoccupazioni sul vaccino di AstraZeneca non si trasformeranno in una defezione di massa, ma come cambierà la campagna di vaccinazione nelle prossime settimane? Con l’arrivo della pandemia sono triplicati gli stagisti oltre i 55 anni di età. Addio al direttore d’orchestra James Levine. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Le preoccupazioni su AstraZeneca non si trasformeranno in una defezione di massa

(di Diana Santini)

Arriverà domani il verdetto dell’Agenzia Europea del Farmaco dopo lo stop alla somministrazione del vaccino AstraZeneca e l’approfondimento di indagine sui possibili effetti collaterali del vaccino di Oxford. Verdetto che sarà con ogni probabilità un nuovo via libera alle inoculazioni in tutta Europa. Come è facile immaginare lo stop di questi tre giorni ha generato preoccupazione tra la popolazione e in particolare nelle categorie professionali che nelle prossime settimane saranno vaccinate proprio con il siero AstraZeneca. Ma a quanto abbiamo appurato questa preoccupazione non si trasformerà in una defezione di massa. Maddalena Gissi è la segretaria della Cisl Scuola:

Molte telefonate arrivano in queste ore anche ai medici di famiglia. Ma si tratta perlopiù di richieste di spiegazione e rassicurazione. Gli italiani sembrano dunque più saggi dei media e della campagna di allarmismo: nei primi giorni si sono registrate numerose disdette ma sembra che ora le acque si stiano calmando. Secondo il ministero della salute il ritardo accumulato con questi giorni di sospensione si potrà recuperare in un paio di settimane. Ma pesano le incognite sul rispetto delle promesse sulle forniture. A complicare le cose c’è il fatto che quello di Astrazeneca, forse anche per i problemi in fase di sperimentazione, era il vaccino meno amato dagli italiani già prima di questi giorni, un sentire diffuso che la sospensione potrebbe avere aggravato. Lorenzo Pregliasco, cofondatore di YouTrend:


 

Inizia a scemare la sfiducia dei cittadini nei confronti di AstraZeneca

(di Anna Bredice)

È stata come un’ondata di preoccupazione che ha attraversato tutte le Regioni, soprattutto quelle dove si sono verificate le morti su cui si sono concentrate le attenzioni e le indagini, ma che hanno escluso come causa il vaccino di AstraZenaca.
Migliaia di disdette, un’ondata di preoccupazione, ma che oggi, ed è un dato uniforme dappertutto, sta scemando.
Torna la fiducia, anche se in attesa di avere una posizione chiara da parte dell’Ema e dal governo sull’uso del vaccino, ma per giorni i telefoni delle Asl sono stati tempestati da telefonate preoccupate, oppure da persone che confermavano di voler andare all’appuntamento ma chiedevano di essere vaccinati con Pfizer e Moderna e non con Astrazenaca, cosa impossibile da farsi e con pazienza gli operatori hanno cercato di spiegarlo a tutti.
Tra i luoghi più difficili la Sicilia, dove si è verificata la prima morte dopo il vaccino, un legame che l’autopsia ha escluso: “Il 60% delle persone che erano prenotati con Astrazeneca o hanno disdetto o proprio non si sono presentati, che è stato ancora peggio“, raccontano nell’hub di Catania, “ma questo, continua il responsabile del centro, è successo non subito dopo la morte ma solo dopo che sui giornali è venuta fuori la notizia con quei titoloni, si è creato un allarme enorme“.
A Brindisi, la coordinatrice di sei hub vaccinali racconta che c’è stata una riduzione del 20-30% dei vaccini prenotati tra insegnanti e polizia, “abbiamo assistito ad un picco improvviso di mail e telefonate, ma in verità, aggiunge, da oggi la pressione sta diminuendo, le persone interessate, continua, ora vogliono solo sapere, più che altro chiedono di conoscere il lotto con cui hanno ricevuto il vaccino Astrazeneca“.
Più o meno le stesse reazioni nelle altre regioni: nella Asl Toscana sud est c’è stata una rinuncia al vaccino Astrazenca del 10%, ma poi l’attività è ripresa come da programma, senza altre rinunce. E infine il dato di Napoli, dove il giorno prima dello stop, quando da due giorni i giornali titolavano su AstraZeneca, in 400 non si sono presentati all’appuntamento.

Come proseguirà la campagna vaccinale nelle prossime settimane?

(di Alessandro Principe)

Come proseguirà la campagna vaccinale? Dopo lo stop ad AstraZeneca, cerchiamo di capire cosa succederà nelle prossime settimane.
A oggi in Italia sono state somministrate 7 milioni e 108mila 882 dosi. Le persone che hanno ricevuto la doppia somministrazione sono 2 milioni e 180mila. Sono state iniettate circa 170mila dosi al giorno. Il piano vaccinale prevede di triplicare questa cifra: 500mila somministrazioni al giorno con l’obiettivo di arrivare entro settembre a vaccinare l’80% della popolazione. 24 milioni di dosi – delle diverse aziende – devono arrivare entro marzo Altri 52 milioni entro giugno. Altri 84 milioni entro l’autunno. Se domani l’Ema darà il via libera, riprenderanno le vaccinazioni con AstraZeneca. Pfizer, dal canto suo, prevede un aumento delle consegne: all’Italia circa un milione e 350mila in più. Bene, ma non basta. La grande aspettativa è per il vaccino Johnson & Johnson, che ha già avuto l’ok da Ema e Aifa. È un monodose e non richiede i super frigoriferi. Le consegne dovrebbero cominciare entro metà aprile. 6 milioni e mezzo di dosi. 27 milioni entro la fine dell’anno. Secondo fonti del ministero della Salute il ritardo dovuto allo stop ad Astra Zeneca sarebbe riassorbibile in due settimane. Ma tutto deve andare per il verso giusto. Quali sono le incognite? Prima di tutto: le dosi arriveranno davvero? Tutte e nei tempi dichiarati? I tagli alle forniture delle scorse settimane impongono cautela nelle previsioni. Poi c’è l’incognita dell’effetto sfiducia dopo il pasticcio su AstraZeneca. Quanti lo rifiuteranno? Gli altri vaccini basteranno a compensare? Infine, il tema della logistica delle vaccinazioni, fisica e digitale. La prima fase, almeno in alcune regioni, come la Lombardia, ha visto errori di ogni genere. Ma per raggiungere l’obiettivo stabilito bisogna che tutta la macchina funzioni.

Lo stagista in Italia diventa over 55

(di Alessandro Braga)

E con questo, si può dire addio (ancor di più) al diritto al lavoro. Sostituito, sempre più largamente e sempre più in età avanzata, con un bello stage. Miseramente retribuito, dai 300 agli 800 euro mensili. I dati del Ministero del Lavoro, resi noti dal sito La Repubblica degli Stagisti, fotografano un Paese che vede aumentare sempre più il numero di persone (guarda caso più donne che uomini) che una volta sarebbero stati a un passo dalla pensione, e ora si trovano invece a doversi reinventare, per non restare disoccupati. Il dato dell’ultimo trimestre del 2020 sull’età media degli stagisti registra un meno 17% per gli under 25, mentre ha un più 20 per gli over 55. Una tendenza che va avanti da anni, e che la pandemia ha solo accentuato. Dal 2012 al 2019 il numero di persone tra 35 e 54 anni è aumentato di quasi il 90%, passando da poco meno di 26mila a poco meno di 49mila. E il numero di persone di oltre 55 anni è più che triplicato, da poco più di 3mila a quasi 10mila. Chi sono questi stagisti stagionati? Fatte salve alcune, rare, eccezioni, persone in difficoltà economiche, che hanno perso il lavoro, magari dopo 20-30 anni di occupazione, e ancora lontane dall’età pensionabile. Che accettano lo stage, loro malgrado, perché piuttosto che niente è meglio piuttosto, e allora un piccolo reddito può aiutare. Una sorta di ammortizzatore sociale, se così si può considerare. Che riduce il lavoratore, più spesso la lavoratrice, al rango di tirocinante, apprendista, un giovane alle prime armi cui bisogna insegnare tutto. E che invece, a 40, 50, 55 anni, in un paese civile, meriterebbero altro. Magari un lavoro. Di quelli veri.

Addio a James Levine

(di Ira Rubini)

È morto a 77 anni James Levine, uno dei direttori d’orchestra più conosciuti nel mondo. Per decenni ha guidato l’orchestra del Met, la Metropolitan Opera House di New York, da cui fu licenziato pochi anni fa dopo che tre uomini lo avevano accusato di aver abusato di loro quando erano adolescenti.

Per ogni appassionato d’opera e di musica classica dire James Levine vuol dire soprattutto dire Met, Metropolitan Opera Orchestra di New York. Direttore d’orchestra fra i più celebri al mondo, Levine è stato infatti per più di 40 anni anima e demiurgo di questa grande orchestra, forgiandone lo stile e contribuendo a consolidarne il prestigio. Nato a Cincinnati nel ’43, Levine proveniva da una famiglia ebraica che contava molti musicisti, dal nonno cantore in sinagoga, al padre violinista. Studia pianoforte dalla tenera età e debutta in concerto a soli 10 anni. Dopo gli studi presso la selettiva fucina di talenti della Julliard School di New York, sceglie la via della direzione d’orchestra e passa da una orchestra americana all’altra, in una folgorante carriera sempre in ascesa, ma la svolta arriva con la prima direzione alla Metropolitan Opera Orchestra: la “Tosca” di Puccini, che riscuote un successo senza precedenti anche presso la critica più rigorosa. Zeffirelli lo vuole come direttore della sua “Traviata” cinematografica e Levine appare molto spesso anche alla testa di orchestre in Europa, da Berlino a Monaco, da Dresda a Londra. Moltissimi i riconoscimenti che gli vengono tributati in patria e all’estero. Ma questo incredibile percorso artistico si spezza all’improvviso per il riemergere di una sordida vicenda: un’inchiesta rivela le molestie sessuali di Levine su giovani artisti che, ormai uomini adulti, testimoniano di avere incontrato il famoso direttore quando erano teenager, negli anni ’60. Nel 2017 Levine viene sospeso e poi licenziato dalla Met. Comincia una battaglia legale che troverà parziale composizione nel 2019. Ma James Levine è ormai un uomo finito e quella della sua morte, comunicata con ritardo, è il genere di notizia che suscita un addolorato imbarazzo.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Nell’ultima giornata in Italia sono stati accertati circa 23mila casi di coronavirus ed è risultato positivo il 6,2% delle persone che hanno fatto il tampone, una percentuale in aumento rispetto a ieri. Ancora tante le morti comunicate, 431. Continua a salire il numero dei pazienti ricoverati: ora sono circa 3300 in terapia intensiva e 26.500 negli altri reparti COVID.

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    Redazione
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