Approfondimenti

La strategia di Draghi per la campagna vaccinale, i responsabili del disastro in Lombardia e le altre notizie della giornata

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Il racconto della giornata di martedì 23 marzo 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Ecco perché la campagna di vaccinazione degli over 80 in Lombardia non sta funzionando e chi sono i responsabili del disastro in Regione. Draghi è pronto a prendere in mano le redini della campagna vaccinale, ma non in modo diretto che in molti auspicavano. Un diplomatico di alto profilo del governo di Riad minaccia ad Agnes Callamard, la funzionaria dell’Onu incaricata di investigare sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

Vaccinare prima gli anziani: l’unico rimedio a una strage che sembra senza fine

(di Alessandro Gilioli)

Ci sono molti motivi diversi per cui in Italia abbiamo ancora così tante vittime del COVID, oggi il doppio che in Germania e in Francia, cinque volte tanto rispetto alla Spagna e ancora di più a confronto con il Regno Unito.
Ci sono molti motivi diversi, ma uno di questi è con ogni evidenza la questione degli anziani, non solo degli over 80 ma più in generale di quelli che avendo superato i 60 anni sono più a rischio di decesso se contraggono il virus.
I dati forniti dalle regioni e dal governo parlano chiaro: nel nostro Paese su 5 milioni e mezzo di persone che hanno avuto almeno la prima dose, più di metà rientra nella fascia under 60, quella che ha un tasso di mortalità per COVID inferiore all’1%.

Tasso di mortalità che invece si quintuplica per chi è nella fascia tra i 60 e i 70 per poi crescere rapidamente fino a superare il 20 per cento tra gli over 80.
Certo, esistono anche categorie professionali che vanno protette, a iniziare dagli operatori sanitari. Ma nel nostro Paese nella corsa alle dosi è successo di tutto e prima degli anziani sono stati vaccinati, a seconda della regione, giovani militari in ottima salute che lavorano in ufficio, docenti universitari in Dad, magistrati, avvocati, giornalisti, amici degli amici, imbucati di ogni ordine e tipo.

Il risultato è quello che vediamo: gli anziani, quelli rischiano di più di morire, sono stati sorpassati e hanno avuto meno della metà delle fiale.
Ma finché ogni giorno moriranno di Covid dalle 300 alle 500 persone, avremo sempre zone rosse o arancioni, le scuole resteranno chiuse, le stesse attività produttive saranno ridotte e incasseranno poco o niente. Non possiamo pensare di tornare alla normalità finché c’è una quotidiana e gigantesca strage di anziani.
E allora bisogna dirlo forte e chiaro – e agire di conseguenza: la precedenza anagrafica deve essere ora la stella polare di ogni campagna di vaccinazione. Perché chi lascia morire gli anziani non è solo inumano, è anche stupido.

Le due strade di Draghi per dare una svolta alla campagna di vaccinazione

(di Michele Migone)

I dati dei morti e dei ricoveri in terapia intensiva sono il segnale che il governo non può più attendere per dare una svolta alla campagna di vaccinazione. Draghi ne ha parlato con il ministro Speranza e i vertici del Comitato Tecnico Scientifico. Il problema sono gli incredibili ritardi e le scelte sbagliate fatte dalle Regioni.
Per intervenire su quelle che non hanno vaccinato gli anziani e soggetti a rischio perché non applicano i criteri di priorità del piano nazionale, Mario Draghi ha due strade: un decreto legge per avocare allo Stato la campagna o sostituirle di fatto senza fare troppo clamore.
Draghi sembra aver scelto questa seconda opzione. Per motivi politici non può sganciare la bomba atomica (il commissariamento) e allora ha deciso di seguire una strada più tortuosa, nella speranza che si rilevi almeno efficace.
Ha convocato a Palazzo Chigi Maria Stella Gelmini per spiegarle la sua strategia. L’esponente di Forza Italia non è solo la ministra per gli affari regionali, ma anche la garante dei rapporti tra l’esecutivo e i governatori del Centrodestra.
In realtà, i ritardi nelle vaccinazioni degli over 80 si sono registrati anche nelle Regioni guidate dal Centrosinistra, come Toscana, Campania e Puglia, ma l’epicentro del problema si trova in quelle governate dalla Destra, la Lombardia in particolare.
Una strategia che poi è stata resa pubblica attraverso una velina fatta uscire dall’ufficio del Generale Figluolo. Più che la sostanza, sono i toni, più diretti e impositivi, che fanno capire quanto la pressione di Draghi sia diventata più forte nelle ultime ore.
Il funzionamento di ogni singola Regione sono sotto la lente d’ingrandimento della Commissario Straordinario, si legge, se sarà necessario si interverrà sulla logistica laddove ci saranno situazioni di crisi, il sistema di prenotazione attraverso le poste verrà ampliato.
Un passo in più verso un intervento del governo al posto delle regioni. Senza troppa pubblicità, pe evitare problemi politici. Ma questa strategia soft di Draghi sarà sufficiente per mettere al più presto in sicurezza il maggior numero di anziani e soggetti a rischio? Perché il virus non attende, continua a fare vittime.

Ecco perché la campagna di vaccinazione degli over 80 in Lombardia non sta funzionando

(di Roberto Maggioni)

Ottobre 2020. Secondo le indicazioni arrivate durante l’estate dal Ministero della Salute le Regioni devono avviare in anticipo rispetto agli anni passati la campagna di vaccinazione antinfluenzale: in Lombardia qualcosa non va, lo si capisce subito. La Regione sbaglia i bandi per acquistare le dosi, iniziano ad accumularsi ritardi.
Due mesi dopo, a dicembre, buona parte dei vaccini ancora non ci sono, mancano quelli per le categorie over 65 e quelle a rischio che dovrebbero riceverlo gratuitamente. Il sistema pubblico sembra a secco, i privati però li hanno. Perché in Lombardia la sanità pubblica è sistematicamente appaltata ai privati. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

La “sporca dozzina” responsabile del disastro di Regione Lombardia

(di Alessandro Braga)

Il disastro di Regione Lombardia nella gestione dell’emergenza COVID è sotto gli occhi di tutti. L’episodio del fine settimana scorso, che ha portato alla destituzione dei vertici di Aria, la piattaforma che doveva gestire le prenotazioni per le vaccinazioni degli over 80, è solo l’ultimo tassello di una serie di errori inanellati dalla Regione. Errori che hanno radici, e responsabili, che vanno indietro nel tempo. Proviamo a mettere in fila qualche nome, una “sporca dozzina”, che a vario titolo qualche colpa ce l’ha, se siamo arrivati a questo punto. E visto che Aria, non incolpevole, sembra essere l’agnello sacrificale consacrato, partiamo proprio da lì: Filippo Bongiovanni è stato il direttore dell’agenzia, finché non fu rimosso perché coinvolto nell’inchiesta dei camici del cognato di Fontana. Al suo posto Lorenzo Gubian, chiamato dal Veneto per importare in terra lombarda l’algoritmo usato nella terra di Zaia e per migliorare il sistema lombardo. Obiettivo fallito, viene da dire. Del resto Aria ha una tara originaria, che forse nessuno può sistemare. E a volerla così è stato Davide Caparini, assessore al bilancio leghista e padre di Aria. In area Lega, come non citare il leader maximo, Matteo Salvini, che a un certo punto si piazzò in pianta stabile a palazzo Lombardia, con l’aria di quello che risolve tutto lui. Beh, risultato fallito. Forse l’unica cosa giusta che avrebbe potuto fare il segretario leghista sarebbe stata far dimettere il presidente Attilio Fontana, ma essendo un suo uomo di fiducia non capiterà mai. Fontana che, a parte non sapersi mettere la mascherina in faccia, dà l’impressione fin dall’inizio della pandemia di essere capitato lì per caso. Affiancato, nel tempo, da due assessori al Welfare forzisti: prima Giulio Gallera, che ha inanellato una gaffe dietro l’altra, poi Letizia Moratti, che insieme a Guido Bertolaso ora lancia bordate contro gli alleati. Ma la prima è corresponsabile (anche solo per il fatto di essere di Forza Italia) dello smantellamento del sistema sanitario lombardo, il secondo da quando è arrivato non è andato oltre annunci roboanti prontamente disattesi. E poi chi in quest’ultimo anno è stato direttore generale del settore sanità: Luigi Cajazzo, indagato per la mancata chiusura dell’ospedale di Alzano Lombardo e la mancata zona rossa nella bergamasca, sostituito poi da Marco Trivelli, fatto fuori dopo la pessima gestione del piano vaccini antinfluenzali. Infine, mettiamoci chi ha preceduto Fontana alla guida della Regione: i due Roberti. Maroni, con la sua riforma sanitaria, e Formigoni, col suo “sistema dell’eccellenza lombarda”, fatto di regali ai privati, scandali e mazzette. I responsabili del disastro lombardo sono sicuramente di più. Ma se volete cercarli, iniziate da qui.

Marcucci prende tempo dopo la richiesta di Enrico Letta

(di Anna Bredice)

Andrea Marcucci cerca di resistere fino all’ultimo e rimanere capogruppo al Senato. Si prenderà ancora un giorno per decidere se lasciare o no il suo incarico come gli ha chiesto Enrico Letta. “Deciderò se ripresentare la mia candidatura“, fa sapere, come come dire la sua prima opzione è quella.
In sostanza resiste, e con lui quell’area del gruppo chiamata Base riformista, che è rimasta molto legata ai renziani, che ora stanno poco distanti, in Italia viva. Anzi da Italia viva già un senatore è tornato nel PD a dar man forte, probabilmente, alla battaglia di Marcucci.
Quest’ultimo ribatte alla richiesta di Letta di lasciare il posto ad un donna puntando il dito proprio contro di lui, ribattendo che in sostanza il tema donna così posto è molto generico, visto che, aggiunge Marcucci, alla segreteria del partito dove appunto c’è Letta, ci sono sempre stati uomini.
Marcucci quindi non si rassegna a perdere il potere dentro al gruppo al Senato, che si è sempre contraddistinto come una corrente dentro al partito. Una situazione che Letta vuole cambiare ridimensionando il potere di questa area.
Promette, però, che non cerca vendetta, ha detto questo infatti nella riunione di oggi, non è questo il tema, dice Letta, è la necessità di “non avere una babele, perché altrimenti se arriviamo alla sfida con il centrodestra abbiamo già perso“.
Per Letta non ci sono alternative rispetto al passo indietro di Marcucci, forse per lui cercherà un altro ruolo che tolga alla rinuncia il sapore della sconfitta. In ogni caso giovedì si eleggerà il nuovo capogruppo, sia al Senato che alla Camera dei deputati, ma qui i problemi sono minori.

Omicidio Khashoggi. Le minacce del governo di Riad ad Agnes Callamard

(di Martina Stefanoni)

Se l’Onu non la frena, conosco persone che si prenderanno cura di lei”. Una frase che già di per sé ha toni minacciosi, e che assume sfumature ancora più preoccupanti se a dirla è un diplomatico di alto profilo del governo di Riad, in riferimento ad Agnes Callamard, la funzionaria dell’Onu incaricata di investigare sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Callamard, in un’intervista con il quotidiano britannico The Guardian, ha raccontato che nel gennaio del 2020 un suo collega l’aveva avvertita che un importante funzionario saudita, durante un vertice a Ginevra, aveva per due volte espresso rabbia per il risultato delle indagini da lei condotte, pronunciando quelle che vennero percepite chiaramente come minacce di morte. La diplomatica francese, che il mese prossimo lascerà l’attuale ruolo per diventare segretario generale di Amnesty International, è stata la prima a investigare sull’omicidio di Khashoggi, avvenuto nel 2018 nel consolato saudita di Istanbul su ordine diretto, secondo molte ricostruzioni, del principe ereditario saudita, Mohamed bin Salman. Tesi confermata dal recente rapporto dell’intelligence statunitense. Il funzionario saudita, come di consueto avviene nei confronti di chi critica il governo di Riad, aveva anche insinuato che la funzionaria avesse ricevuto soldi dal Qatar. “Queste minacce con me non funzionano”, ha detto Callamard al Guardian, “non che ne invochi di nuove ma devo fare quello che devo fare, non mi hanno fermata dall’agire nella maniera che ritenevo giusta”.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

I dati dell’epidemia sono sempre brutti: sono 551 i morti in 24 ore. È la punta più alta dal 26 gennaio, quando i morti per COVID furono 541. Il totale delle vittime dall’inizio della pandemia è ora di 105.879. Il tasso di positività è del 5,6% (ieri era all’8,1%), in calo del 2,5%. Aumentano anche i ricoverati in terapia intensiva: 36 in più.

La situazione è drammatica e il piano delle vaccinazioni non funziona ancora. Draghi ne ha parlato con il ministro Speranza e i vertici del Comitato Tecnico Scientifico. Il problema sono gli incredibili ritardi e le scelte sbagliate fatte dalle Regioni, dove gli anziani e i soggetti a rischio sono stati lasciati per ultimi. Draghi vorrebbe intervenire, ma non può farlo con un colpo di mano perché gli equilibri del governo ne soffrirebbero.

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