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Giovedì il verdetto dell’EMA su AstraZeneca, il PD guarda già alla sfida con la Lega e le altre notizie della giornata

generale figliuolo ANSA

Il racconto della giornata di martedì 16 marzo 2021 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Giovedì il verdetto dell’EMA su AstraZeneca, anche se la posizione dell’agenzia europea è già chiara e la campagna di vaccinazione è pronta a riprendere a pieno ritmo, mentre le Regioni iniziano ad organizzarsi con liste di riserva per non sprecare le dosi avanzate a fine giornata. Il Partito Democratico, intanto, guarda già alla sfida con la Lega alle prossime elezioni politiche. Infine, i dati di oggi sull’andamento dell’epidemia da COVID in Italia.

L’EMA si esprimerà giovedì su AstraZeneca, ma l’orientamento dell’agenzia è già chiaro

L’EMA darà giovedì il verdetto su AstraZeneca, quello chiesto dalla gran parte dei Paesi dell’Unione che ne hanno sospeso la somministrazione. Ma già oggi le parole della direttrice di Ema, Emer Cook, lasciano pochi dubbi su quale sia l’orientamento dell’agenzia del farmaco europea:

I benefici di AstraZeneca superano i rischi. Anzi, statisticamente le trombosi avvengono addirittura in misura minore tra chi ha preso il vaccino“.

Tanto rumore per nulla, quindi? In questi giorni hanno prevalso le preoccupazioni di tipo politico, dopo i casi di trombosi e alcuni decessi. Eppure oggi le autopsie sui corpi dei tre italiani italiani dopo essersi vaccinati non hanno trovato una evidenza tra decesso e vaccino. In Europa i casi di trombosi sono 30 su 5 milioni di vaccinati e in germania i casi sono stati sette di cui tre mortali.
L’Ema ha voluto sottolineare che il suo ruolo è scientifico e che casomai è la politica che segue una strada diversa, riabadisce ai nostri microfoni la giornalista scientifica Roberta Villa:

Ora le prime reazioni politiche dopo le parole della direttrice di EMA vanno verso la fiducia nel vaccino. Draghi ha telefonato a Macron, e alla fine da Palazzo Chigi si dice: con esito positivo ripartiremo velocemente e il ritardo verrà assorbito in due settimane. Intanto però i ritardi ci sono e anche le paure nella popolazione.
E oggi il commissario all’emergenza COVID-19, il generale Figliuolo, ha dato seguito alla sua promessa di domenica: le dosi non saranno sprecate e tutte quelle che non verranno inoculate perché la persona prenotata non si presenterà, verranno date a chi si metterà in attesa ai centri vaccinali, sempre con le priorità stabilite dal governo: gli over 80, i fragili, e gli altri dalle età maggiori a scendere. Ma in una regione come la Lombardia, per fare un esempio, dove già è il caos, si rischia di sommare disorganizzazione su disorganizzazione.

Liste di riserva per non sprecare le dosi di vaccino a fine giornata

(di Luca Parena)

Per evitare sprechi, le dosi residue a fine giornata vadano a chi è disponibile al momento secondo l’ordine di priorità del piano nazionale. Così dice la recente ordinanza del commissario per l’emergenza COVID Figliuolo, così in realtà alcuni centri vaccinali fanno già da settimane, specie dove di mezzo ci si mettono i limiti organizzativi di Regione Lombardia. L’istituto Besta di Milano, ad esempio, è partito a inizio marzo con le vaccinazioni per over 80 e fin dai primi giorni è nata una lista d’attesa parallela a quella ufficiale. Il problema è noto: molti ultraottantenni, registrati sul portale di Regione da tempo, continuano a non ricevere l’sms con l’appuntamento. Che senso ha lasciare centinaia di anziani ad aspettare una notifica sul cellulare quando alla fine di ogni giornata c’è il rischio di buttare delle dosi di Pfizer scongelate? Così si procede in maniera non ufficiale.
Per quanto in anticipo sui pronunciamenti ufficiali l’organizzazione segue quindi una logica precisa, prima gli over 80. Lo stesso generale Figliuolo però aveva parlato di vaccinare anche chi passasse per strada pur di non buttare via nulla. Evidentemente c’è chi lo ha preso alla lettera e un tentativo lo fa comunque.

Il PD pensa già alla sfida con la Lega alle prossime politiche

(di Anna Bredice)

La vera sfida nei territori per vincere le prossime politiche sarà con la Lega. È uno dei punti sottolineati da Letta nel suo discorso di insediamento in Assemblea, e Letta inizia a praticare subito questa sfida, non importa che con i ministri leghisti quelli del Pd siedono insieme a Palazzo Chigi. 
Sempre domenica lo aveva detto chiaramente, “chi deve spiegare perché appoggia Draghi è proprio la Lega, noi in questo governo ci stiamo bene“. 
Alla stampa estera Enrico Letta punta il dito contro Salvini che, come sempre ha fatto nel passato, deve dire la sua anche ora sui vaccini, sponsorizzando quello russo. “Dice la sua su tutto, spiega il nuovo segretario del Pd, esattamente il modello del tipico italiano che si sente Ct della nazionale“, ironizza su quell’atteggiamento che per Salvini invece era quello vincente, una felpa per ogni occasione. Solo che per i vaccini, dice Letta, è pericoloso, “è un danno, perché le decisioni devono essere prese da chi ha competenza e responsabilità.” 
La lega come avversaria, infatti è sui territori che si cercheranno i voti, da oggi le sezioni hanno tutte il vademecum su cui organizzare nelle prossime due settimane la discussione sul programma presentato dal nuovo segretario, che prevede un’alleanza di centrosinistra che se la vedrà con Meloni e Salvini. Una coalizione con chi ci sta che poi deve confrontarsi ed eventualmente allearsi con i Cinque stelle. Uno schema da maggioritario dove non c’è molto spazio per un terzo polo di Renzi. E Letta snobba Renzi, “non è più nel Pd e i renziani dentro al partito ora li considero tutti democratici”, quasi un avviso alle correnti per i nuovi ruoli che dovrà decidere per la segreteria e nei gruppi parlamentari. 
E a chi dall’estero vede il Pd come un partito che mangia i propri figli, 8 segretari in 14 anni, e chiede a Letta perché dovrebbe essere diverso per lui ora, il nuovo segretario del partito risponde: “perché sono l’ultima chance”.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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