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Respingimenti: il piano olandese

Espellere i rifugiati che sono già arrivati in Europa e poi farne arrivare altri dalla Turchia. Sembra logico? Eppure è questa l’idea che circola fra alcune cancellerie europee.

Il primo esempio è quello della Gran Bretagna. Londra ha deciso di non accogliere tremila profughi minorenni già arrivati in Europa senza genitori. Il premier David Cameron, dopo aver considerato la proposta, ha fatto marcia indietro perché un tale provvedimento – a suo parere – incoraggerebbe nuovi viaggi dei barconi nel Mediterraneo: viaggi che spesso finiscono in tragedia.

Invece la Gran Bretagna ospiterà “alcune centinaia di minorenni” che verranno portati in Gran Bretagna direttamente dai campi profughi in Siria. Il numero esatto, per ora, non è noto. A proporre spingere per accogliere i tremila minori erano state organizzazioni umanitarie come Save the Children, che in Gran Bretagna avevano trovato una sponda nei parlamentari liberaldemocratici. Proposta respinta.

Intanto l’Olanda – presidente di turno del Consiglio Ue – vuole proporre un piano europeo per riportare immediatamente in Turchia, con traghetti o treni, i migranti che la prossima primavera arriveranno sulle coste greche. Lo scorso anno sono stati 850mila. L’Unione europea vorrebbe attrezzarsi per rispedirli indietro e si offrirebbe in cambio di accogliere fino a 250mila rifugiati che si trovano attualmente in Turchia.

La logica che sta dietro al progetto è limitare il numero di profughi consentendo un certo numero di arrivi “legali”. Ma non fa i conti con la disperazione di chi fugge da guerre e povertà estrema: persone disposte ad affrontare il viaggio a qualsiasi costo.

Secondo l’Olanda il piano è oggetto di discussione con i governi di Germania, Austria e Svezia. Insomma: il governo olandese sta cercando una sponda fra altri Paesi Ue. Ma perché la Turchia, che ha già sul suo territorio due milioni di rifugiati, dovrebbe accettare?

Il piano olandese ha però un grosso limite: di fatto i respingimenti non sono praticabili finché la Turchia non verrà dichiarato “Paese sicuro per i rifugiati”, ovvero finché non modificherà le sue leggi riguardo all’accoglienza, che per ora non soddisfano gli standard europei. Trattative con Ankara sono in corso.

Per fortuna l’Unione europea è costretta dai suoi principi fondativi a mantenere dei limiti – rispetto alla violazione dei diritti dei profughi – che i singoli Stati supererebbero senza problemi. La Danimarca per esempio – il 26 gennaio ha approvato una legge per confiscare ai richiedenti asilo denaro e oggetti di valore, per pagare le loro spese di mantenimento nel paese.

La Commissione europea ora ha avviato un esame di quelle norme per appurare se la legge sia compatibile con i principi fondamentali dell’Ue. Bruxelles aveva appena messo sotto esame i cambiamenti costituzionali in Polonia e non poteva rimanere indifferente a una legge che ricorda la spoliazione subita dagli ebrei ai tempi del nazismo.

Vedremo dunque poliziotti danesi che strappano anelli dalle dita di profughi arrivati dalla Siria? Vedremo passare attraverso la Bulgaria treni sigillati che riportano i migranti verso i campi profughi turchi? Vedremo traghetti con le sbarre agli oblò, con profughi che si buttano in mare per evitare il respingimento?

E come farà la Svezia a rimpatriare fra i 60mila e gli 80mila rifugiati siriani, iracheni e afghani che si sono visti respingere la domanda d’asilo? Il governo svedese ha annunciato che verranno usati voli charter. Ma bisognerà prima trovare queste persone e caricarle sugli aerei. 60-80 mila persone. Quanto ci vorrà? Anni, stimano gli esperti. E con quali costi?

Eppure il piano del governo svedese c’è ed è reale. Su questo abbiamo interpellato Peter Loewe, corrispondente da Roma del quotidiano svedese Dagens Nyheter. Ci spiega che c’è dietro l’annuncio c’è anche la paura – da parte del governo di Stoccolma – di perdere consensi rispetto all’ascesa politica dell’estrema destra svedese.

Ascolta Peter Loewe, giornalista svedese

 

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    Michela Sechi
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