Il presidente della Repubblica sa che le consultazioni per un governo di responsabilità nazionale hanno remote possibilità. E che sullo sfondo si delinea una soluzione diversa: attendere la sentenza della Corte Costituzionale che si riunirà il 24 gennaio per decidere le sorti dell’Italicum, apportare le modifiche alle leggi elettorali di Camera e Senato per armonizzarle evitando di rendere il Paese ingovernabile, e poi votare. Per farlo non occorrono tempi lunghi ma occorre volontà politica. Occorre un governo insediato.
Potrebbe essere un Renzi-bis.
Il senso del discorso di Renzi alla direzione del Partito Democratico è in una breve frase: “osservo e rilancio”.
Renzi è ferito ma non ha intenzione di arrendersi. Ieri, nella sua relazione senza possibilità di repliche, nessuna autocritica. Ha dedicato poche ferzanti battute per liquidare la sconfitta al referendum, per attaccare gli avversari esterni e interni -“non si potevano vedere quei dirigenti Pd che hanno stappato le bottiglie”, ha confidato poi un renziano di prima fila- ha rivendicato i risultati del suo governo, ha citato la proposta di Giuliano Pisapia non escludendo uno scenario possibile futuro. Tutto per dire una cosa: “il leader del Pd resto io e sono nelle condizioni politiche di gestire qualunque nuova fase politica”.
Il carattere è sempre quello. Di fronte al pericolo, attacca. Nel partito cercano da giorni di commissariarlo. Franceschini, Orlando e ormai anche i “giovani turchi” del presidente Pd Orfini, le componenti che formano l’ossatura del suo potere assieme ai renziani ortodossi, sono adesso alleati “con riserva”. Continueranno a sostenerlo solo se non commetterà ulteriori errori.
Renzi non può non tenerne conto. Ma non vuole nemmeno rinunciare a gestire da Palazzo Chigi la fase delicatissima che precederà le elezioni, dato che nel partito il suo potere non è più così intangibile. E le modifiche alla legge elettorale non sono solo un fattore tecnico. Servono a delineare il quadro delle possibili alleanze e a stabilire quanto peso avranno le segreterie dei partiti nella composizione del Parlamento.