
Le minacce, le lettere, i pedinamenti. Ora la bomba sotto casa.
Quel che è successo a Sigfrido Ranucci costituisce un salto di qualità molto preoccupante, ci riporta alla stagione dei Pippo Fava, dei Mauro Rostagno, dei Giancarlo Siani, giornalisti a cui per togliere la voce è stata tolta la vita: succede quando un cronista scomodo viene lasciato solo.
Il conduttore di Report ha collezionato negli anni querele (spesso temerarie) da parte del Presidente del Senato, di mezzo Governo, del partito Fratelli d’Italia e di vari altri esponenti della maggioranza. Per tutta risposta la Rai, l’editore di Ranucci, gli ha fatto un richiamo formale per aver parlato di libertà di stampa in un’intervista, e ha minacciato di ridurre il numero delle puntate di Report per la stagione che partirà a fine mese. Difficile non vedere una connessione tra l’insofferenza della Destra e l’azione dell’azienda, ormai occupata capillarmente dai partiti della maggioranza.
Nelle ore successive all’attentato si sono tutti affrettati a dare la loro solidarietà al giornalista. Ma quella bomba è un avvertimento a cui, poco a poco, è stato lasciato lo spazio.