
A Gaza donne, bambini, uomini, medici, giornalisti, volontari muoiono a decine ogni giorno. Netanyahu ritiene di poter continuare a farsi giustizia da sé dopo l’esecrabile crimine di Hamas del 7 ottobre. Silenzio, interessi, viltà glie lo fan credere: l’inumanità conviene a troppi. Il governo attuale d’Israele, gli Usa che lo riempiono d’armi, Orban che invita il premier di Tel Aviv e lascia il Tribunale dell’Aia, la destra italiana che accusa Iacona di antisemitismo perché ha mostrato in Rai ciò che accade nella Striscia non fanno i conti con l’arma potente che non uccide e anzi rende liberi: la poesia. Dall’antichità versi e poemi tramandano storie di assassini e vittime, stragi e riscatti, inferni e paradisi, di tenebre e luce. Netanyahu e sodali potranno irridere le utopie. Ma queste son carne viva, danno coraggio, fiato, speranza a chi sul campo muore innocente e a quelli che fan da coro alle tragedie convinti che verrà il tempo in cui il mondo prenderà coscienza dei crimini e il Dio della pace, della fratellanza, dei destini condivisi tornerà a piantare la tenda in Terra Santa e in altre parti del mondo dove si ha fame e si combattono guerre da cui si fugge e poi si muore in mare o si è deportati in Albania. «E il nostro mondo arabo, sui carboni ardenti, / aspetta che passino mille e una notte, / perché tu, o Gaza, salvi te stessa / raccontando le storie di migliaia di vittime». Autore dei versi Yahya Ashour poeta in esilio negli Usa. È nell’antologia Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, Fazi Editore. Il racconto salva chi sta con l’umano e condanna gli assassini, tali di loro non per le appartenenze. «Vieni che sistemiamo l’alfabeto degli universi», scrive il 21enne Haidar al-Ghazali: la poesia punta a parlare, intendersi, rispettare, capire, condividere, amare. Sarebbe possibile anche ai politici costruire l’«alfabeto degli universi» se pensassero al bene comune. In Italia abbiamo il dono d’un esempio. Mattarella ha inviato un messaggio a Isaac Herzog per l’anniversario dello Stato di Israele. Gli ha ribadito che «è di essenziale importanza assicurare l’accesso umanitario alla Striscia di Gaza e porre quanto prima fine alle inaccettabili sofferenze della popolazione civile». Ha insistito su due popoli e due stati per una convivenza effettiva. I mandanti di delitti ignorano la forza rivoluzionaria di cuore e sogni. «Se devo morire, / che porti speranza /, che sia una storia». La storia da raccontare è di Refaat Alareer poeta palestinese e docente universitario ucciso il 6 dicembre 2023 da un attacco aereo israeliano nel nord della Striscia insieme a fratello, sorella e tre figli. «Se devo morire / tu devi vivere / per raccontare la mia storia» dice ancora Rafaat Alareer. Non aspettiamo a dar eco a storie e a Mattarella. Con rinvii e indifferenze potrebbe andar peggio (se possibile!).